giovedì 19 Dicembre 2024
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Ecco lo spot di Starbucks sull’inclusione Lgbtq+ che ha acceso le polemiche in India

La campagna ha ricevuto il plauso di molti, a cominciare dalla comunità Lgbtq+, ma ha suscitato anche accese discussioni sui social, dove il video è andato subito virale. C’è chi accusa Starbucks di incoraggiare la fluidità di genere nella generazione Z, nell’intento di creare un gap, una spaccatura generazionale. Si leggono, però, anche accuse più articolate, di natura politica, rivolte a Starbucks, ma soprattutto al suo partner indiano Tata. E, intanto, le organizzazioni transfobiche minacciano il boicottaggio

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MILANO – Uno spot di Starbucks sull’inclusione Lgbtq+ divide l’India e alimenta un vivace dibattito culturale e antropologico nel più popoloso paese del mondo. Il tutto mentre è ancora pendente, davanti alla Corte Suprema di Delhi, un giudizio sulla legittimità del matrimonio tra persone dello stesso sesso, che potrebbe segnare una svolta storica nella società indiana.

Il video, che potete vedere a questo link, si svolge interamente all’interno di un locale Starbucks di una metropoli indiana.

Scena iniziale: moglie e marito sono seduti a un tavolino e attendono nervosamente l’arrivo del figlio Arpit, che non vedono da anni.

Arpit ha completato un percorso di transizione di genere diventando Arpita. Una scelta che il padre non ha mai accettato.

“Per favore, non arrabbiarti e, per una volta, cerca di ascoltare” dice la moglie al marito, che indispettito continua a chiamare il vecchio numero telefonico del figlio, nella sua rubrica, senza riuscire a raggiungerlo.

Alla fine Arpita, in un elegante look femminile, fa la sua entrate nel locale. Scambia un caldo abbraccio con la madre e ha un gesto d’affetto anche per il padre, che però rimane freddo.

“Grazie per avere accettato di incontrarmi, papa. Lo so che è passato molto tempo, ma tu rimani sempre tutto per me” dice Arpita, dopo essersi seduta al tavolo. Il padre annuisce, si alza in piedi e chiede: “Un caffè?”

Arpita fa segno di sì. E il padre si dirige verso il banco per fare l’ordinazione. “Vedo che le tue abitudini non sono cambiate” dice ancora il papà, che nel frattempo è tornato al tavolo, rivolgendosi nuovamente ad Arpita.

Ed è a questo punto che la conversazione è interrotta dalla voce squillante della barista, che ripete, a gran voce, dall’altoparlante: “Tre caffè freddi per Arpita!”. Meravigliata e stupita, Arpita capisce che il padre ha accettato la sua scelta. “Rimani sempre il mio tesoro. Hai solo aggiunto una lettera al tuo nome” dice il padre stringendole la mano.

“Iniza con Arpita, inizia con il tuo nome”, il claim alla fine dello spot, seguito dall’hashtag #ItStartsWithYourName#. “Il vostro nome definisce chi siete, che siate Arpit o Arpita” chiosa Starbucks nella descrizione. “Da Starbucks vi accettiamo per quello che siete.”

Ricordiamo che nei locali Starbucks c’è l’usanza di scrivere i nomi dei clienti sui bicchieri da caffè. E di chiamarli per nome quando l’ordinazione è pronta al banco.

Lo spot ha la regia di Gaurav Gupta e il concept è di Edelman India. Nella parte di Arpita, il popolare modello e attore transgender Sia.

La campagna ha ricevuto il plauso di molti, a cominciare dalla comunità Lgbtq+, ma ha suscitato anche vive polemiche sui social, dove il video è andato subito virale.

Tra le accuse più comuni, quella di essere eccessivamente “woke”, neologismo dello slang afroamericano, che indica lo stare all’erta, il rimanere vigili nei confronti del pregiudizio raziale e delle discriminazione. Ma che in una connotazione peggiorativa può anche significare un eccesso di politicamente corretto.

“L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno sono i predicozzi di una multinazionale occidentale. Pensate piuttosto a servire il caffè” ha scritto un utente su Twitter.

C’è poi chi accusa Starbucks di incoraggiare la fluidità di genere nella generazione Z, nell’intento di creare un gap, una spaccatura generazionale.

Si leggono, però, anche accuse più articolate, di natura politica, rivolte a Starbucks, ma soprattutto al suo partner indiano Tata.

E mentre le organizzazioni transfobiche minacciano il boicottaggio, c’è già chi annuncia che passerà a Third Wave Coffee, la rampante catena 100% indiana, in ascesa nelle metropoli.

“Il loro caffè è migliore e gli interni e il servizio non hanno nulla da invidiare a quelli di Starbucks” ha scritto un altro utente.

Ma alla fine c’è anche chi fa dell’ironia un po’ più lieve. “È uno spot surreale” ha scritto qualcuno nei commenti “non ho mai sentito un barista di Starbucks chiamare un nome correttamente”

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