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lunedì 25 Novembre 2024
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Latte art da zero insieme alle due campionesse mondiali Carmen Clemente e Manuela Fensore in 5 ore full time: la missione rosetta

Gomito in alto a 90 gradi, tre dita sul manico della lattiera. Non ci si ferma mai - per davvero - il latte continua a scorrere come l'acqua e i cartoni si accumulano in un bustone nero a disposizione di tutti i corsisti.

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RHO (Milano) – Prendi una persona comune, una che di espresso e cappuccino nella migliore delle ipotesi, ha visto soltanto la tazza finale al banco. Figuriamoci poi di Latte art, qualcosa che fa dire “wow” quando si trova servita al tavolo e che fa poi tornare in quello stesso bar ogni giorno.

Bene, per una persona comune, quei cuori che compaiono sulla crema in contrasto con il caffè, sono pura magia.

In un prossimo articolo potremmo provare a ragionare come un barista professionista – per altro, arrivano sin dalla Repubblica Ceca per esser seguiti dalle due maestre campionesse -.

Ma quella che è di seguito raccontata, è l’avventura di un neofita del bar assoluto. Dedicata a tutti quelli che ancora credono oggi che fare un cappuccino sia un gioco da ragazzi.

Se aveste l’opportunità di esser allenati per 5 ore di fila da due campionesse mondiali di Latte art…che cosa succederebbe?

Per trovare la risposta, basta provare con mano: e che mano, se non quelle di Carmen Clemente e Manuela Fensore? Nella loro scuola, la World Latte Art & Coffee Center a Rho, tutto è pronto per cominciare.

La Faema E71 pronta e in azione

Ed eccovi di fronte a una macchina per espresso da bar (una Faema o una Rancilio, c’è anche la scelta), per la primissima volta nella vita.

L’avete visto fare tante volte, distrattamente lo avete dato per scontato: macinino one dose, pressino, lancia vapore, questa sconosciuta, lattiera da riempire sino al beccuccio, flussaggio, purge.

Prima reazione: panico totale. 

Qui la vera differenza la fa il docente. E Manuela Fensore con Carmen Clemente non sono soltanto campionesse mondiali di Latte art, ma lo sono anche quando si parla di formazione.

Loro lo sanno, hanno già visto il terrore negli occhi dei corsisti e sono prontissime ad essere i capitani in mezzo alla tempesta.

Teoria e poi pratica

Dopo una breve introduzione teorica, poi si vedrà concretamente in tazza.

Si parte da una nozione che può sembrare banale, ma mica tanto: “Tutti i tipi di latte montano” esordisce Manuela Fensore “Bisogna però tenere d’occhio le proteine (da un valore di 2,8 in su per una buona cremosità) e un minimo di grasso per conferire lo spessore, il gusto”.

Questo porta a fare una riflessione sulle bevande vegetali, che spesso per compensare la mancanza di proteine, introducono degli addensati così da permettere il montaggio.

Dettagli tecnici: prima fase di montatura (3 secondi) seconda di emulsione (15 secondi), con il latte a metà della lattiera che poi raddoppierà di volume. Tazza da 50 cl (da cui si ricaverebbero ben 2 cappuccini e un caffè macchiato).

Si inizia da un semplice cuore, semplice ricordiamolo, “Partirete in questo caso più vicini al bordo” per poi passare al tulip e infine, alla mitica rosetta, (in questi due casi si inizia dal centro della tazza) croce e delizia di qualsiasi corsista di latte art.

“Ricordate ” aggiunge Manuela Fensore “che il beccuccio è la vostra penna che deve poggiare sul foglio”.

Ottimo. Ci siamo. E che sarà mai?

Già fare un espresso e far montare il latte correttamente non è così tanto immediato. Ma nessuno rimane indietro e, soprattutto, anche alla centesima volta in cui quel rumoraccio tipico delle bolle giganti che si formano nella bevanda stride nelle orecchie di tutti nell’aula, Manuela e Carmen sono ancora lì, che spiegano e guidano le mani, finché, incredibilmente, avete montato anche voi il vostro latte.

“La lancia è inclinata verso le 9 di sera, la lattiera è dritta e verso di te” e così anche il più rigido del corso, ce la fa.

L’allieva arrivata dalla Repubblica Ceca

Proprio quando si pensa di aver superato il maggiore ostacolo… arriva il cuore. Manuela lo fa in due secondi, tac e tac, abbiamo simmetria e contrasto. Provano i corsisti: quando arriva lo sconforto e l’ennesimo cappuccino viene versato nel lavandino, arrivano Manuela e Carmen a trovare un modo per far capire – sia al cervello che alle mani – il movimento corretto, l’impugnatura giusta.

Come con l’omino della Lego: ma che cosa c’entra? Ma è proprio così che rimarrà per sempre impresso il modo giusto di tenere la tazza. Chi se lo scorda più?

La presa alla omino della Lego

Uno, due, tre di versata dall’alto e poi “Devi sentire il tic sulla tazza“, beccuccio poggiato, palla di latte al lato e poi linea dritta in avanti. Un cuore di latte art.

Quanti tentativi prima di arrivare alla figura di riferimento? Non li avete contati, ma sono stati tanti. Ad un certo punto però, la presenza di Manuela e Carmen è diventata meno necessaria e non perché si è diventati campioni ad un tratto, ma perché i loro insegnamenti cominciano ad attecchire.

Anna, cintura nera di contrasto

Per cui, anche se non esce fuori il cuore simmetricamente perfetto, sapete se non altro che cosa avete sbagliato. Il corpo, che all’inizio sembrava un essere impossessato da qualche spirito maligno e non rispondeva più ai comandi inviati dal cervello, ha cominciato a orientarsi.

Ci si ricorda di controllare i secondi per l’estrazione in tazza, la montatura riesce sempre più spesso come si deve e il cuore non è dritto, ma ha tutta l’aria di essere quella cosa lì che si vede nei bar.

Gomito in alto a 90 gradi, tre dita sul manico della lattiera: next level, tulip

Così si posizionano le dita per la latte art

Non ci si ferma mai – per davvero – il latte continua a scorrere come l’acqua e i cartoni si accumulano in un bustone nero a disposizione di tutti i corsisti. Quindi è il turno del tulip. A questo punto si pensava di esser già sicuri e confident – la lancia è amica mia, la tazza non ha più segreti, ci penso io – vi dite.

latte art
Nadia Rossi, la maestra del tulip

Tre pallini uno dietro l’altro, una linea dritta. Facile. Così almeno sembra come sempre per le mani di Manuela e Carmen, che però portano al risultato finale tutti, anche chi è meno portato. Ci si diverte anche a sbagliare. Questa è la cosa che alla fine permette a chiunque di non scoraggiarsi di fronte a due tazze di fila non riuscite: “Ci sei, hai solo sbagliato qui” e si ricomincia sempre più carichi.

E giunge la rosetta a chiusura della formazione

Che è tutta una questione di versata – un tallone d’Achille per alcuni – e di gioco di polso. Le linee dovrebbero creare come delle onde che diventano sempre più fitte e piccole, per poi filare indietro con una riga.

Una rosetta composta magistralmente dalla campionessa Fensore

Facile disperarsi, ma no: con le campionesse mondiali non si molla proprio all’ultimo. “Queste due me le fai con impegno” scherza Manuela, anche se la stanchezza va ormai di pari passo con la concentrazione.

Una domanda comincia a farsi strada: ma se una persona comune è tesa perché non vuole sbagliare, chi desidera competere nelle gare di Latte art, che tipo di pressione deve saper gestire?

Ma questo dubbio lascia il tempo che trova, perché il latte montato non aspetta nessuno e così come è venuto bene cremoso, può andar giù nel giro di pochissimo. Le chiacchiere stanno a zero e forse anche le rosette: sono tanti invece gli scheletrini, così li chiama Carmen Clemente, ma lo fa con un certo orgoglio quando li vede emergere dalle creme dei suoi corsisti, perché significa che si è sulla buona strada.

Figure finite, latte art compiuta

In 5 ore quindi, cosa si può imparare partendo da zero totale? Parecchie cose e soprattutto, la voglia irresistibile di tornare il giorno dopo a fare meglio. Perché le cose che entrano dentro sono diventate in qualche modo automatiche e c’è soltanto da perseverare per fare meglio.

Allenamento, regola d’oro

Insegnanti che trasmettono un modus operandi identico per tutti, con un’impostazione di base e delle coordinate precise, il must have.

E quindi sì: un cuore piccino, un tulip storto e una rosetta che è più una palmetta, ma sono stati portati a casa.

latte art
Una rosetta che è più palmetta

Ma anche tante altre informazioni che si fa fatica a ricordare per raccontarle tutte, ma che il corpo conosce tutte, le ha immagazzinate. Un po’ come andare in bicicletta: magari il primo giorno si è inciampati e si torna a casa con la sensazione di aver fatto più sbucciature che altro.

In realtà, la memoria muscolare ha imparato le basi.

Così il giorno dopo, magari ci si prepara la colazione a casa con un bel cappuccino in Latte art.

Se volete cimentarvi anche voi nella Latte art, i numeri di telefono sono: 3480747346 – 3807750892. La scuola delle due campionesse si trova in Via Federico Borromeo, 4, a Rho, alle porte di Milano

 

 

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