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venerdì 22 Novembre 2024
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Andrea Slitti, dal caffè al cacao, il file rouge: “La mia cura maniacale della qualità”

Il maestro: “Nel prossimo futuro potremmo inserirle nella nostra proposta: ho già sperimentato per primo alcune tipologie di cioccolato abbinate con lo specialty. Sono in fase di ricerca"

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MILANO – Caffè e cacao: molte cose in comune, soprattutto se trattati con cura alla
ricerca di un prodotto finale di qualità. Queste due materie prime rappresentano le anime
dell’azienda Slitti, ora capitanata dal maestro Andrea Slitti, che ha traghettato l’impresa di
famiglia – originariamente una torrefazione – verso il completamente del suo sogno:
plasmare il cacao.

Slitti, dal 1969 come torrefazione del caffè sino a laboratorio artigianale del cacao: ci racconta la transizione dell’azienda tra due materie prime che hanno tanto in comune quanto differenze?

“Ho trovato il legame tra i due prodotti innanzitutto nelle piantagioni: spesso quelle di caffè
si trovavano vicino a quelle di cacao. Già negli anni in cui lavoravamo come torrefazione,
in diversi negozi vendevamo oltre al nostro caffè anche il cioccolato e proprio io ero
l’addetto che si occupava di cercare degli artigiani del cacao.

Entrando nei loro laboratori, tra i profumi e l’osservazione sul campo di come si potesse
plasmare questa materia prima rispetto ad una tazzina del caffè, ho capito che quella
poteva esser il canale di sfogo per la mia fantasia. Così, una delle domeniche a tavola con
tutti riuniti, ho lanciato questa idea: perché non iniziare ad aggiungere il cacao al caffè?
Mio padre ha risposto: “Se te la senti, prova”.

Così ho fatto: ho acquistato tutti i libri che potevo, da quelli tecnici a quelli più divulgativi,
facendomi un’idea delle principali lavorazioni.

Mi son detto: inizio da me per poter dare da subito un’impronta personale a ciò che volevo
realizzare. Ho seguito soltanto un corso di tre giorni e poi da lì ho continuato da autodidatta: probabilmente c’era dietro un talento naturale. Un’attitudine che ho scoperto
cimentandomi.

Ho sbagliato tanto, certo, ma è il solo modo di imparare. Ho creato la mia linea di
cioccolato e dopo pochi anni ho iniziato a vincere concorsi internazionali. La lavorazione del cacao è molto più complessa e impegnativa rispetto a quella del caffè,
c’è bisogno di star dietro a più parametri, dall’umidità dell’ambiente alle temperature, dalle
fasi di lavorazione che sono di più rispetto a quelle del caffè.

Ma la conoscenza della materia prima del chicco, le varie fasi di tostatura per esaltarne le
caratteristiche aromatiche senza assopirle con cotture eccessive, mi è servita per tostare
non troppo poi il cacao. Ho potuto applicare ciò che avevo imparato dal mondo del caffè a
questo altro prodotto.

L’esperienza gustativa Slitti (foto concessa)

Ci siamo distinti per il nostro palato, in grado di realizzare dei prodotti equilibrati, senza
spigolature. La fortuna di poter contare su un laboratorio a disposizione di questa dote
nell’assaggio, che vuole arrivare ad un gusto ben definito, ha aiutato a fare la differenza.
Parlando poi delle tostatrici, sono simili per caffè e cacao, ma ci sono alcuni accorgimenti che differenziano le due tostature. Ci sono dei giri e temperature differenti. “

Ci sono anche i cacao specialty?

“Nel cacao non ci sono questi sistemi di punteggi. Ovviamente esistono delle tipologie
molto fini, e la qualità è determinata dalla stessa origine e dal territorio, dalla stagionalità.
Ci sono delle aree più pregiate di altre, anche se negli ultimi anni i coltivatori stessi si
stanno organizzando per innalzare il livello proprio in piantagione.

Andrea Slitti in piantagione (foto concessa)

Precedentemente si insisteva su sistemi di lavorazione con temperature elevate, rese
necessarie per correggere dei cacao che arrivavano dall’origine con molti difetti: a quel
punto si doveva intervenire maggiormente durante il processo.

Ma ora arrivano delle materie prime già molto curate e noi dobbiamo intervenire il meno possibile per mantenere il più intatte possibile le loro caratteristiche aromatiche. Alle origini si è passato dalle buche in terra con le foglie di banana come copertura, a fermentazioni elaborate con vasche apposite in cui viene girato in maniera molto accurata il cacao, uniformemente.”

Slitti, 30 anni di esperienza e oltre 190 premi vinti: come si diventa tra i migliori cioccolatieri al mondo, senza rinunciare alla qualità e all’artigianalità?

“Mettersi in gioco nelle competizioni per me è un costante test su ciò che produciamo.
Solo così si è certi di mantenere sempre una certa qualità. Concorriamo con dei prodotti
realizzati naturalmente, senza averli studiati appositamente per le gare: tornare a casa con
una serie di premi per intere fasce di prodotti è una conferma della qualità della nostra
gamma.

I prodotti Slitti in mostra (foto concessa)

Chi mi conosce lo sa: sono talmente attento al lavoro in maniera maniacale su ciò che è la
materia prima, i fornitori, il controllo, che sono in grado di produrre in gran quantità senza
incidere sulla qualità.

Negli anni, individuando quelle fasi in cui potevo correggere, sono intervenuto con la
meccanica, perché sapevo che non avrebbe influenzato con la qualità. Dove invece ho
intravisto una minaccia su questo aspetto, ho conservato ancora tutto il lavoro manuale. Il prodotto deve esser così come viene realizzato qui in laboratorio e altrettanto nel negozio. Salta all’occhio la continuità: ogni anno i nostri prodotti continuano ad esser ottimi proprio come 30 anni fa.

Abbiamo iniziato a vincere nel ‘93 e abbiamo continuato su questa linea sino a oggi. Questo significa che non ho cambiato niente del mio concetto. Per esempio l’ultimo premio l’ho conquistato grazie ad un prodotto che ancora deve uscire nella prossima stagione, dei fichi calabacita farciti di ganasce alla sambuca e ricoperti da uno strato fondente.

A noi interessa sapere e vedere che si arriva al podio, tra i primi tre. Le gare sono quei
momenti utili a testare la qualità dei prodotti. E così il consumatore ha una garanzia in più
sul nostro lavoro e si fidelizza maggiormente.”

Slitti, non avete abbandonato mai il caffè, da cui tutto è partito: cosa offrite, dove e
come tostate i chicchi, avete sviluppato dei rapporti diretti con i coltivatori?

“Non siamo una grande industria che può avere l’opportunità di allacciare rapporti diretti
con i farmer. Diventa difficile per noi contare su una struttura tale da permetterci di
ottenere una materia prima perfetta in una relazione diretta con i luoghi d’origine. Ci si affida di più a degli specialisti, degli importatori, attraverso l’acquisto di campioni, potendo cambiare anche le zona di riferimento a seconda delle annate.

Ovviamente si paga qualcosa in più, ma abbiamo garanzie maggiori. I nostri fornitori sono ormai gli stessi da decenni e sanno cosa vogliamo e come soddisfare i nostri standard. Quando si trattano i top quality, è chiaro che i prezzi sono adeguati e copriranno le spese per i coltivatori.

Passando invece al caffè: non lo tostiamo scuro. Facciamo la classica tonaca di frate.
Alcuni specialty li facciamo più biondi e devo dire che l’aromaticità nei tostati più chiari è
diversa da quelli in cui vengono cotti tanto gli zuccheri con uno sfondo di caramello.

Con gli specialty abbiamo iniziato da poco e attualmente stiamo facendo un restyling sulle confezioni di caffè, con un’attenzione sulle capsule biodegradabili. Stiamo modificando il packaging anche delle cialde e gli specialty abbiamo iniziato a usarli in occasione
dell’apertura recente del nostro locale fiorentino e anche in quello storico a Monsummano.

È un settore che dobbiamo esplorare e studiare, perché il cliente va avvicinato a questo
tipo di bevanda, che cambia tutti i suoi parametri rispetto al concetto di espresso.”

Data la sua vasta esperienza in entrambi i campi, ha mai pensato di unire i due prodotti in diverse ricette o abbinamenti?

“Nel prossimo futuro potremmo inserirle nella nostra proposta: ho già sperimentato per
primo alcune tipologie di cioccolato abbinate con lo specialty. Sono in fase di ricerca: nella
fase di lavorazione il cacao uscirà prima dell’ultima fase di raffinazione in mondo da avere
un cioccolato piuttosto grezzo, non come quello di Modica, ma intervenendo ancor prima
nelle lavorazioni in modo che anche il cacao non sia totalmente raffinato.

L’idea è quella di servire dei listellini di cioccolato primitivo, dove si sentirà al palato la croccantezza del cacao oltre ai granelli dello zucchero, creando in bocca nella
degustazione con lo specialty aromatico e profumato, un’esplosione di gusto che uno va
ad esaltare l’altro. Abbiamo già provato con varie tipologie di cacao venezuelani e del
Madagascar e il risultato è pazzesco. Lavorerò su questo cioccolato primitivo in
degustazione con la chemex. Firenze sarà il primo punto di partenza e poi si vedrà…

Il caffè che importiamo sono per lo più centro americani, africani (Etiopia e il Kenya. L’Etiopia è quel caffè che sento più mio a livello organolettico) mentre acquistiamo gli indiani per la Robusta. Per il cacao, ancora, sono molti i centro americani, dai venezuelani al Perù, Equador, Repubblica Dominicana, Giamaica, e dalla zona africana, il Madagascar che è il mio preferito.”

Quale obiettivo vi siete dati per il 2023?

Dentro lo store di Firenze (foto concessa)

“Il progetto di Firenze è stato molto impegnativo per quanto riguarda la ricerca della
location e i lavori per aprire ed esser pronti. Serviamo tantissimi locali, ma il primo punto
Slitti è questo ed è la nostra ammiraglia. Da qui partirà il progetto con altri store in Italia in
cui inserirci. Sicuramente arriveremo anche all’estero, ci stiamo già muovendo nel mondo
Arabo e con un interesse verso il Giappone.

Nel frattempo vogliamo portare a termine alcuni punti in Italia, magari a Roma, Milano e Verona in cui, come a Firenze, venderemo sia cioccolato che caffè. A Firenze stiamo
ultimando l’angolo della saletta nel piano inferiore, a 15 metri dal duomo, in cui ospitare in collaborazione con le guide turistiche, i turisti durante le loro pause nei tour per delle degustazioni o di caffè o di cioccolato.”

Slitti, secondo lei, quali sono le nuove frontiere per il cacao oggi?

“Si sta andando sempre più verso una scrematura degli ingredienti. Il nostro cioccolato è già da oltre 20 anni fatto soltanto con cacao, zucchero e burro di cacao, senza vaniglia nel fondente o zucchero di canna che andrebbero a coprire il cacao. Non mettiamo neppure
lecitina di soia. Molte etichette che leggiamo sono complesse: ora la tendenza è quella di
ridurre gli ingredienti.

Ci stiamo muovendo per creare una linea organica, per poter far parte anche di questo
mercato. Alcuni dei nostri prodotti sono già bio ma non sono certificati e ora stiamo
seguendo questa procedura per creare una linea apposita.

Non sono un grande sostenitore dei dolcificanti, sono da evitare tutti quelli che lasciano
una sensazione dolce anche dopo aver bevuto il caffè. Da limitare quelli che danno
controindicazioni rispetto al consumo. Io non ne faccio uso: con il cacao 100% cacao
senza zucchero riesco a dare un prodotto che è talmente buono che non ha bisogno di
edulcoranti di alcun tipo. Basta la qualità per un prodotto in purezza.”

A quanto vendete l’espresso e che macchine usate?

“Siamo ad un euro e trenta. Per le chemex servite al tavolo a 5 euro. Abbiamo La Storm,
una macchina da competizione che mi ha lasciato piacevolmente stupito in termini di
estrazione ed è anche molto bella da vedere. Per il macinino abbiamo un Mahlkonig a
dose istantaneo con il gruppo a bilancia.”

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