MILANO – Si parlava di latte art 3D già nel 2017, quando in Giappone una speciale stampante aveva reso possibile la personalizzazione della crema sul caffè con le forme e i coloranti alimentari più incredibili. Un nuovo modo per attrarre la clientela, già molto ricettiva di fronte a rosette, animali e cuoricini sul proprio cappuccio: a che punto siamo arrivati oggi?
Latte art: dal Giappone si pensa alla tridimensione
Due nomi che si sono fatti notare tra gli altri su questa particolare tecnica, sono due artisti che si trovano a Tokyo: Kohei Matsuno e Runa Kato.
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Dopo anni di allenamento ed esperimenti, il risultato delle tazze di Kato sono riconoscibili in tutto il mondo: una latte art 3D con cui si può praticamente interagire, senza rompere i personaggi tratti da anime e videogiochi che emergono dalle tazze, ricavati grazie all’utilizzo di una penna speciale – uno strumento sottilissimo di metallo, un paio di cucchiai e sciroppo di cioccolato per rifinire le linee e i dettagli -.
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Kohei Matsuno è specializzato invece nei ritratti e nelle nature morte, come parte del collettivo Reissue di pittori e scultori di latte.
Ma invece di guardare sempre dall’altra parte del mondo per riflettere sulle novità, rivolgiamoci alla nostra attuale campionessa mondiale di latte art, Carmen Clemente
Alla quale abbiamo chiesto che cosa ne pensasse di questa evoluzione 3D.
“E’ qualcosa che abbiamo provato a fare già diversi anni fa, quando io e Manuela Fensore avevamo il nostro bar. Siamo nate come latte artist che lavoravano con la choco art e il painting e quindi abbiamo studiato su youtube i primi tentativi di latte art 3D.
Purtroppo sono tazze più che altro scenografiche ma non bevibili. E’ una bevanda che proporrei in un locale soltanto per fare scena, da mostrare come vetrina per i clienti un cappuccino in 3D. Ma non la servirei per gustarla.
Non è che non sono buoni, anche perché la base resta comunque di latte e caffè, ma la parte del disegno in 3D è tutta crema piena d’aria e sinceramente non so quanto bene possa fare di primo mattino.
Certo se propone un cappuccio 3D ad un bambino, potrebbe preferirlo un po’ un come gioco. Anche noi abbiamo provato a servire il latte bianco, ma colorato, ai più piccoli, seguendo lo stesso principio.”
Manuela Fensore si allinea:” Comunque bisogna sempre considerare che ci vuole del tempo per preparare un cappuccino del genere. Un barista che è dietro al banco e lavora in un bar che ha un bel ritmo, fa fatica a stare dietro a certe creazioni. Mentre la latte art più standard è molto più veloce se si conosce la giusta tecnica.
Quindi bello ma non buono e ci possiamo fidare delle parole di una campionessa di questa categoria. Perché se è vero che la latte art deve esser un piacere per gli occhi, bisogna comunque considerare la reale natura del cappuccino: col cuore sì, purché poi sia una gioia anche per il palato.
In Giappone faranno la fila per ammirare i cappuccini decorati in 3D, ma magari poi vanno altrove per bersene uno più standard.