Andrej Godina, dottore di ricerca in scienza, tecnologia ed economia nell’industria del caffè, esprime la sua opinione sulla sostenibilità della produzione del chicco nel Brasile. Secondo Godina, la produzione del caffè nel Paese è basata su grandi piantagioni latifondiarie che non sono in grado di produrre un caffè sostenibile per l’ambiente e, in molti casi, nemmeno socialmente responsabile per le comunità locali dei lavoratori. Leggiamo di seguito la sua opinione.
La produzione del caffè in Brasile
di Andrej Godina
MILANO – “La produzione del caffè verde è un’attività importantissima a livello internazionale per i numerosi paesi di produzione presenti nella fascia tropicale del pianeta. Le statistiche di produzione rilasciate dall’International Coffee Organization per l’anno 2020 riportano un ammontare di 175 milioni di sacchi che, moltiplicati per 60 kg per ciascun sacco, fanno poco più di 10 miliardi di chilogrammi di caffè verde prodotto globalmente.
La classifica dei paesi di produzione vede praticamente da sempre al primo posto il Brasile con 69 milioni di sacchi prodotti nel 2020. Questo primato importante attesta il paese Sud Americano non solamente al primo posto della classifica dei Paesi di produzione ma anche come il paese che produce circa il 40% di tutto il caffè prodotto al mondo.
Come tutte le persone che lavorano lungo la filiera del caffè sanno, la pianta è nativa dell’Africa e in particolare la specie Arabica nell’area delle foreste dell’odierna Etiopia, mentre la Canephora trae le sue origini nelle foreste dell’Africa centro occidentale.
La pianta del caffè è in natura un arbusto che cresce nel sottobosco delle foreste tropicali. Per questo motivo le migliori produzioni al mondo si devono non solamente alle buone pratiche agricole e alle varietà botaniche utilizzate ma anche all’ombreggiatura fatta da alberi ad alto fusto presenti nelle piantagioni.
L’ombra in piantagione è un fattore chiave che permette nelle produzioni intensive di simulare l’ambiente naturale dove la pianta di caffè nasce ancora oggi spontaneamente.
L’ombra nelle piantagioni ha numerosi aspetti positivi:
- innanzitutto il caffè prodotto all’ombra, rispetto a quello a pieno sole, matura in un tempo più lungo e ciò permette al seme di immagazzinare maggiori quantità di elementi chimici che miglioreranno, dopo la tostatura, la qualità di tazza.
- Come tutte le piante, anche quella del caffè se esposta al sole pieno aumenta il suo “metabolismo” costringendo a un maggiore consumo di elementi nutritivi e di acqua. L’aumento dell’attività basale della pianta e della fotosintesi costringe la pianta a consumare maggiori quantità di acqua e costringe l’agricoltore a fornire maggiori quantità di fertilizzanti per compensare questo extra lavoro della pianta dovuto alla prolungata esposizione al sole.
- Le piante coltivate a pieno sole producono una quantità di caffè maggiore rispetto a quelle coltivate all’ombra ma con una qualità di tazza inferiore dovuta principalmente a una maturazione accelerata dei frutti.
- La presenza di alberi ad alto fusto nelle piantagioni di caffè ha lo scopo principale di fare ombra ma al contempo portano altri vantaggi. Il primo è che spesso si tratta di alberi appartenenti alla famiglia delle leguminose che sono in grado, naturalmente, di fissare azoto nel terreno. Questa fertilizzazione naturale del terreno è particolarmente adatta alla maturazione del caffè considerando che l’azoto è uno degli elementi nutritivi tra i più importanti per questo genere botanico.
- L’ombra degli alberi permette di diminuire l’esposizione al sole del terreno della piantagione, diminuendo in modo importante la disidratazione del suolo. Nelle piantagioni ombreggiate c’è una maggiore disponibilità di acqua nel sottosuolo, ci sono più sorgenti naturali di acqua rispetto a quanto succede nelle piantagioni a sole pieno, la maggiore umidità nel terreno giova alla pianta in particolare nei periodi prolungati di siccità e aiuta il corretto sviluppo delle radici superficiali.
- La presenza di alberi ad alto fusto permette durante l’anno di accumulare sul terreno del materiale organico prodotto dalla caduta delle foglie. In questo modo si fornisce al terreno uno strato di nuovo materiale organico e una copertura extra del suolo che permette di trattenere ancora meglio l’umidità e agevola lo sviluppo naturale di colonie di insetti, muffe e micro organismi che rendono naturalmente il terreno più fertile.
La maggior parte delle piantagioni di caffè dislocate nella fascia tropicale del pianeta sono piccoli appezzamenti di terra di 3-4 ettari che sono gestiti a livello familiare e che per la maggior parte dei casi sono coltivazioni all’ombra. In questo contesto ci sono ovviamente anche piccole piantagioni al sole ma ne rappresentano la minoranza.
Nel 2018 i produttori di caffè a livello mondiale erano più di 12 milioni di cui il 95% rappresentato da piccole aziende con meno di 5 ettari di estensione. Il 73% della produzione mondiale è prodotto da questi piccoli agricoltori mentre il rimanente 27% è fatto dalle grandi piantagioni industriali la maggior parte delle quali è in Brasile.
Questa importante fetta di produttori rimane in gran parte inascoltata nelle discussioni sulla sostenibilità che sono fatte a livello internazionale. Il business del caffè presenta un divario importante tra quello che genera in termini di fatturato nei paesi di produzione rispetto a quello generato nei paesi di consumo.
In media il valore prodotto nei paesi di produzione con la vendita del caffè verde rappresenta meno del 10% rispetto ai 200 miliardi di dollari di fatturato dei mercati di vendita al dettaglio e ciò dimostra quanto sia necessario un cambio di passo per ribilanciare in modo più sostenibile la redistribuzione del valore generato dalla bevanda in tutto il mondo.
Il cambiamento climatico
Il cambiamento climatico che le zone equatoriali del pianeta stanno subendo mette ancora più in difficoltà un vecchio schema di produzione intensiva del caffè con un impatto negativo sulle quantità prodotte e sulla qualità del caffè.
La combinazione di temperature alte, di periodi sempre più lunghi di siccità, di piogge torrenziali e improvvise gelate mettono a rischio il settore determinando la diminuzione delle aree coltivabili e l’aumentata sensibilità delle piante alle malattie e all’attacco degli insetti.
Per entrare nel tema delle grandi piantagioni in Brasile è necessario ricordare che l’idea di intensificare la produzione di caffè è iniziata negli anni ’70 ed è diventata il modello dominante in alcuni paesi, in particolare in Brasile.
Questa agricoltura intensiva promuove la riduzione o l’eliminazione degli alberi da ombra, l’impianto agricolo ad alta densità con l’utilizzo di nuove varietà di caffè in monocoltura e l’utilizzo massiccio di fertilizzanti sintetici e pesticidi.
Conseguenza di questa nuova idea di coltivazione è che una grande quota dell’area di produzione del caffè in tutto il mondo si è trasformata in piantagioni senza ombra. Oggi siamo in una situazione in cui solamente meno di un quarto delle piantagioni di caffè ha un’ombra multistrato e diversificata.
Il caso Brasile
Nel panorama delle piantagioni di caffè ci sono grandi piantagioni e mi riferisco in particolare ad appezzamenti di terra che superano i 20 ettari e che possono arrivare facilmente alle decine di migliaia di ettari, distese enormi coltivate in Brasile.
Infatti in Brasile la piantagione industrializzata più piccola ha di solito non meno di 100 ettari di estensione, misura che permette di rendere sostenibile gli investimenti necessari soprattutto per l’acquisto dei raccoglitori meccanici. Parliamo quindi del Brasile e di come vengono gestite le grandi produzioni.
Quando parliamo di piantagioni con migliaia di ettari di estensioni stiamo parlando di veri e propri latifondi dove lo scopo del raggiungimento della maggior quantità possibile di produzione è l’unico obiettivo.
Tutte le operazioni agricole che sono effettuate sul terreno e sulle piante sono esclusivamente fatte con macchine, più o meno grandi. Il terreno è tenuto pulito con l’uso abbondante di diserbanti per facilitare le operazioni agricole con macchine. La potatura è meccanica e viene fatta con l’ausilio di enormi lame rotanti installate su trattori.
La raccolta delle drupe mature avviene con l’utilizzo di enormi macchine raccoglitrici che, con l’ausilio di stecche rigide di plastica che vibrano a diverse velocità, sono in grado di far cadere e di strappare le drupe dalla pianta facendole cadere verso il basso dove sono raccolte da un nastro trasportatore.
In questa operazione le piante sono sottoposte a un forte stress meccanico che ne danneggia i rami e le foglie. Nel processo una piccola percentuale di drupe cadono sul terreno e rimangono lì a terra fino alla fine del raccolto, ovvero per 1-2 mesi.
Per permettere una raccolta meccanica efficiente in piantagione non ci sono altre colture e/o alberi ad alto fusto, ciò vuol dire che le piante sono completamente esposte al sole diretto così anche le porzioni di terreno tra un filare e l’altro.
L’assenza di alberi tra i filari e l’irraggiamento diretto del sole sul suolo comporta una fortissima disidratazione del terreno e un conseguente danneggiamento delle radici superficiali delle piante del caffè.
Per attenuare questi effetti negativi dell’esposizione al sole le piantagioni sono spesso dotate di impianti di irrigazione con i quali viene fornita acqua alle piante assieme, al caso, anche di abbondanti dosi di fertilizzanti chimici.
Il risultato di questa gestione agricola è quella che vede i terreni divenire secchi, sterili, senza un rinnovo organico della superficie, senza insetti e micro organismi vivi che avrebbero il ruolo naturale di rendere il suolo più fertile.
L’assenza di alberi ad alto fusto per chilometri non solamente preclude di avere un po’ di ombra sul terreno ma anche di non avere una fauna naturale come per esempio quella degli uccelli, scoiattoli e piccoli roditori: una totale assenza di animali per decine di migliaia di chilometri quadrati.
Dopo aver elencato i motivi per i quali il caffè delle grandi piantagioni a cielo aperto in Brasile non possono essere sostenibili da un punto di vista ambientale c’è bisogno di considerare un secondo aspetto, quello delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori.
Spesso queste persone, accompagnate dalle loro famiglie, vivono in vere e proprie baracche al centro delle piantagioni, anche lì senza ombra e in condizioni davvero precarie. Spesso i bambini non possono frequentare le scuole in quanto troppo distanti da dove vivono e non essendoci un suolo fertile, in questi piccoli villaggi, gli abitanti non riescono a produrre frutta e verdura per l’autoconsumo e sono costretti a comprarli in città. Quindi eccoci di fronte a un doppio problema, una non sostenibilità ambientale e una irresponsabilità sociale.
E per concludere ecco anche un terzo aspetto, certamente secondario rispetto all’oggetto della sostenibilità, ma comunque che incide sulla salute dei consumatori di caffè.
E’ doveroso sapere che la raccolta meccanica del caffè non è in grado di raccogliere il 100% delle drupe dalle piante e che una certa quantità cade a terra. Queste drupe rimangono sul terreno per tutto il periodo della raccolta, cioè per almeno 1-2 mesi e a contatto con il terreno fermentano, ammuffiscono e vengono attaccate da funghi.
Quando la raccolta finisce queste drupe sono raccolte dal terreno utilizzando dei mezzi meccanici: il primo passa tra i filari con delle enormi spazzole rotanti che raccolgono le drupe cadute per terra al centro dei filari. Il secondo è un mezzo dotato di una bocchetta di aspirazione che dal centro dei filari aspira le drupe dal terreno.
Come accade in qualsiasi delle altre filiere produttive industriali dove nulla viene buttato via, così accade anche per la produzione del caffè.
Queste drupe saranno processate e i semi ottenuti saranno tostati. Questo caffè, essendo stato per un lungo periodo a contatto con il terreno, avrà flavori fortemente difettati che non troveranno un acquirente sui mercati internazionali e saranno consumati nel mercato interno. Per cercare di attenuare i difetti del caffè verde la tostatura sarà extra scura e la bevanda sarà bruciata e molto amara.
I consumatori di questo caffè saranno costretti, per riuscire a berlo, ad aggiungere abbondanti quantità di zucchero bianco. Ecco perché spesso in Brasile quando si beve un caffè popolare è di così bassa qualità.
Per terminare ecco una panoramica delle problematiche che le grandi piantagioni di caffè vivono a livello sociale, economico e ambientale:
Problematiche ambientali
- Deforestazione
- Perdita di biodiversità e di distruzione degli habitat naturali
- Degradazione e erosione del suolo
- Utilizzo fertilizzanti chimici e pesticidi dannosi per la salute umana
- Inquinamento delle fonti d’acqua e prosciugamento delle falde acquifere e delle acque superficiali
- Gestione insufficiente di risanamento delle acque inquinate
- Eutrofizzazione
- Aumento della sensibilità delle piante ai parassiti e alle malattie
- Mono colture intensiva a sole pieno, senza ombra
Problematiche sociali
- Abusi lavorativi
- Accesso limitato adacqua pulita e potabile
- Condizioni di vita sotto il livello della povertà
- Discriminazione
- Ineguaglianza di genere
- Abusi sessuali
Problematiche economiche
- Alta volatilità dei prezzi del caffè verde sulle borse merci
- Elevata incidenza del lavoro precario
- Salari minimi troppo bassi
- Salari sotto il livello minimo
- Mancanza di altri redditi dati da una diversificazione della produzione
- Per I lavoratori, soprattutto quelli stagionali, tassazione, parziale libertà di associazionismo, contrattazione collettiva limitata
Detto ciò, ovviamente, è necessario anche dire che esistono piantagioni in Brasile che hanno pratiche virtuose e che sono in grado di produrre un prodotto che può definirsi sostenibile da un punto di vista ambientale ma sono di certo una piccola minoranza.”
Bibliografia: www.ico.org, Coffee Barometer 2018, Coffee Barometer 2020