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venerdì 22 Novembre 2024
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Forno Brisa, obiettivo 12 mln di fatturato in 4 anni: “La nostra, una specialty bakery”

I fondatori: "Il caffè per Forno Brisa è la rappresentazione del modello d'impresa fondato sull'autonomia e la responsabilità condivisa, Il caffè per Forno Brisa è la rappresentazione del modello d'impresa fondato sull'autonomia e la responsabilità condivisa, in quanto primo prototipo di spin-off derivato dalle competenze del team e non dei founder. La torrefazione rappresenta per noi un segnale di fiducia,"

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MILANO – Forno Brisa ha raggiunto i 3,5 milioni tramite una campagna di equity crowdfunding e ora mira ai 4 milioni: obiettivo, portare a termine i piani aziendali, evolversi insieme alle bakery che fanno parte del progetto comune. Insieme ad altri professionisti, spingono per crescere insieme.

Forno Brisa rappresenta sicuramente un esempio di campagna di equity crowdfunding ben riuscita: in che modo siete arrivati al traguardo di 4 milioni?

Il segreto è il team! Il team di Forno Brisa che ha reso credibile il progetto, il team di bakery che ci ha creduto e ha deciso di entrare a farne parte e il team di advisor che ha permesso di qualificare la visione strategica anche dal punto di vista più prettamente di business e legale.”

Il team Forno Brisa (foto concessa)

È un meccanismo per finanziare un’azienda che ha quali vantaggi e quali sfide da superare?

“L’azienda può crescere più velocemente, in maniera sana e avere nella proprietà molti portatori d’interesse. Diventando una public company – dati i mille soci e la visibilità – la trasparenza deve essere di massimo livello e l’individualità decisionale viene meno. Tutte le imprese dovrebbero rendere conto ai portatori d’interesse dal punto di vista economico, ecologico e sociale, motivo per cui abbiamo deciso di diventare una società Benefit.”

Come avete strutturato negli anni la rete di imprese che si sostengono nello sviluppo tra “con-correnti”, così come vi siete definiti voi stessi? Quanti fanno parte di questo network?

Forno Brisa&Friend (foto concessa)

“Il network di imprese con cui lavoriamo è vastissimo, supera il centinaio di imprenditori agricoli e artigiani. Nel caso specifico del crowdfunding sono 5 le imprese cugine in altre città, se parliamo di imprese analoghe e comparabili, che si sono unite a Forno Brisa, diventando socie per realizzare progetti comuni. Queste sono: Davide Longoni di Milano, Panificio Moderno di Rovereto, Pandefrà a Senigallia, Mamm di Udine e Mercato del Pane di Pescara.”

Quanti punti vendita Forno Brisa esistono e dove sono dislocati in Italia?

“Ad oggi i punti vendita attivi di Forno Brisa sono 5 e tutti a Bologna centro e nelle zone limitrofe. In futuro pensiamo di restare sempre nella Bologna metropolitana o al massimo di espanderci sulla via Emilia. Tra le aperture in progetto: San Lazzaro, Saragozza e Casalecchio.”

Su 45 dipendenti, ora altri 15, che permettono di evolversi anche nella torrefazione del caffè: cosa ci potete svelare della creazione di questa parte specifica che unirà caffetteria e panificazione in Forno Brisa?

“Il caffè per Forno Brisa è la rappresentazione del modello d’impresa fondato sull’autonomia e la responsabilità condivisa, in quanto primo prototipo di spin-off derivato dalle competenze del team e non dei founder. La torrefazione rappresenta per noi un segnale di fiducia, uno spazio che dimostra la possibilità di realizzare i propri sogni se in linea ai valori aziendali e se sostenibili dal punto di vista ambientale, sociale ed economico.

Tutto ha avuto inizio nel 2016, quando Enrico Cirilli ha voluto inserire una piccola La Marzocco GS3 e qualche specialty coffee. Nel 2017, dopo la conoscenza approfondita con La Marzocco e tanti mentori generosi del settore, abbiamo dato vita al modello della specialty bakery, ovvero la bakery con il gene fondamentale del caffè, non un semplice angolo bar, ma un modello fondato sulla conoscenza della filiera e completamente analogo a quello del pane. Già nel 2018 sognavamo di avere una micro torrefazione, così ne abbiamo parlato con il team di Bugan e di Ditta artigianale, che sono stati anche i nostri primi fornitori e punti di riferimento.

Nel 2019, dopo il lancio della prima campagna di equity crowdfunding e dopo il superamento degli 800 mila euro raccolti, abbiamo deliberato l’investimento e assegnato al team il progetto e la gestione di un conto economico in autonomia, con grande fiducia e speranza di far esprimere talenti senza che si sentissero in qualche modo figli dei proprietari.

Davide Longoni a Milano, Panifico Moderno a Trento e Mamm a Udine sono stati i primi che hanno testato il nostro caffè di filiera e replicato il nostro modello di offerta in negozi nati senza l’asse portante del caffè. Il caffè è per noi un gesto quotidiano e al contempo rivoluzionario. Per questo ci tengo a ringraziare tutti gli appassionati del settore che hanno dimostrato come in pochi anni si può fare innovazione facendo rete e mettendoci l’anima.”

Che macchine per espresso e quali macinini avete scelto? Quale tostatrice? E quanto costa da voi l’espresso? Avete anche estrazioni alternative nel menù?

“Le macchine espresso con cui Forno Brisa lavora sono da sempre dell’azienda italiana specializzata La Marzocco. Come prima macchina abbiamo avuto una Gs3, poi Strada, Modbar e ad oggi lavoriamo con la linea Pbx con bilance. Come macinatori abbiamo scelto Anfim e Malkhonig con macina-dosatore e bilancia annessi. In particolare, per il caffè filtro usiamo macinatori Malkhonig Ek43 e Dripper Hario oppure in alcuni casi, soprattutto per eventi con numerose persone, il Moccamaster. Mentre la macchina tostatrice è una Imf da 6kg.

Il nostro espresso al banco costa 1,50€. Nella stagione primavera-estate, inoltre, proponiamo estrazioni in filtro v60 e cold brew che variano dai 4,50€ ai 5,50€ a seconda della tipologia di caffè.”

Da 350mila euro di fatturato nel 2016 fino a 4 milioni di euro: prossimo obiettivo da raggiungere? Ci sarà magari un terzo giro di raccolta fondi per puntare anche all’estero?

Lo store Forno Brisa (foto concessa)

“Ora puntiamo a raggiungere i 12 milioni di fatturato in 4 anni e con il terzo giro di raccolta
probabilmente porteremo un marchio italiano all’estero. La sfida però non è raggiungere la soglia di fatturato, ma superarla, continuando a migliorare la qualità, non accontentandoci mai e senza scendere a compromessi. Il mulino rappresenta una scelta strategica in tal senso. Ma è ancora presto per parlarne.”

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