MILANO – Antonello Monardo attraversa le lunghe distanze e il fuso orario di 4 ore per parlare di caffè: bevanda che unisce l’Italia e il Brasile, esattamente i due luoghi che Antonello porta nel cuore. Da Reggio Calabria a Brasilia, in cui attualmente da oltre 30 anni vive, una storia che, come lui stesso ha raccontato, sa di destino.
Monardo, dal 1992 in Brasile nel settore caffeicolo: che cosa ha portato del rito italiano nel Paese che è il primo produttore?
“Quando mi chiedono perché sto in Brasile, penso ad una motivazione reale e ad una
surreale: innanzitutto mi viene in mente il legame di quando nel 1989 ho incontrato all’Università di italiano per stranieri di Reggio Calabria, quella che poi è diventata la mia prima moglie. Nel 1996 mi sono proposto a Segafredo Zanetti durante una Fiera per diventare il loro distributore autonomo a Brasilia.
In quel periodo in Brasile non c’era ancora un caffè legato ad un determinato marchio:
gestivo circa 100/120 macchine e a Brasilia vendevo il loro espresso che rappresentava il 30% di quanto vendevano in tutto il Paese.
Questa è stata la mia prima esperienza in questo mondo: poi da questa mi sono voluto
orientare su un prodotto diverso. Per me Segafredo Zanetti è stato un tramite per arrivare
a tostare il mio caffè, specialty, e a fare formazione sulla qualità.
Per quanto riguarda la parte surreale, devo andare indietro nel tempo, arrivando alla storia
di mio nonno Domenico, la cui mia attuale moglie Gabriela mi ha incentivato per andare alla sua ricerca: per chi ha letto il mio libro “Pazzo per il Caffè” Senac Editore, sa che la mia è diventata quasi una missione, perché mio nonno, nel 1926, tra le due guerre mondiali, è partito dall’interno della Calabria arrivando in Brasile da solo, proprio per lavorare nelle fazende di caffè dello stato di San Paolo. Purtroppo non ha avuto fortuna e dopo poco tempo è deceduto.
Per me quindi, incontrare la mia ex moglie brasiliana, arrivare in Brasile, lavorare proprio
con il caffè…mi è sembrato quasi come se fosse già scritto nel mio cammino. Un po’ come
se dovessi portare a compimento il percorso di mio nonno.
E poi, lo stesso profondo collegamento esiste tra l’Italia e Brasile, proprio attraverso il
settore caffeicolo. La colonia italiana in Brasile, si sa che è una tra le maggiori al mondo.
Ma nel caffè il rapporto diventa ancora più stretto. Dopo l’abolizione della schiavitù nel 1888, per diversi accordi tra i due governi è iniziata l’emigrazione dall’Italia verso il Brasile, per sostituire gli schiavi nelle piantagioni di caffè. “
Ci parla della sua esperienza professionale anche di formatore e di organizzatore di viaggi? Che cosa ha potuto vedere in tutti questi anni?
“Proprio in questi giorni si è concluso il mio 173º corso per baristi. Tempo fa pensavo che
un giorno si sarebbe esaurita la richiesta, ma con mia sorpresa, ancora oggi posso dire
che sempre più c’é la voglia di approfondire le proprie conoscenze, e la cosa più
interessante è che il 60/70% dei partecipanti sono degli appassionati, ovvero proprio
coloro che determinano il mercato dalla tazzina alla pianta.
Dal 2010, con Gabriela, che é insegnante d’italiano (nata a Brasilia ma ha vissuto e
studiano in Italia, prima che ci conoscessimo) abbiamo aperto la scuola “Parlando Italiano,…cantando, mangiando, viaggiando, …” facciamo conoscere la vera Italia. I nostri amici/clienti hanno modo di entrare in contatto con una parte del Paese, che gli stessi italiani non conoscono.
Non è mancato il caffè nei nostri itinerari: diverse volte ho inserito una visita al MUMAC di Gruppo Cimbali e dell’amico Enrico Maltoni. Il tema principale su cui costruisco i tragitti è l’eno-gastronomia, chiaramente senza dimenticare gli aspetti più prettamente turistici e culturali: rifaremo in maggio 2023 un “Tour nella Mitologia, Grecia & Magna Grecia”, ripercorrendo le vie dei greci di 2.500 anni verso la colonizzazione del sud italia.
Altro viaggio sarà “Tour delle Alpi Italiane”, dalla Val d’Ossola, Piemonte, Monte Bianco alle
Dolomiti. Per settembre un tour speciale in catamarano nell’Arcipelago delle Isole Eolie ed
ottobre Il “Tour del Mar Adriatico”, iniziando in Emilia Romagna, con Ravenna e Rimini,
chiaramente al Grand Hotel, le Marche per poter attraversare il Mare Adriatico da ovest ad
est e arrivare in Croazia per quattro giorni tra Spalato e Dubrovnick, per poi rientrare in
Italia da Bari, restando nella Puglia settentrionale e Gargano e poi risalire fino a Roma, dal
litorale abruzzese con esperienza nei “trabocchi”.
Quindi Monardo, lei non ha pensato di organizzare viaggi di italiani in Brasile al contrario?
“Ho un progetto in corso che si chiama “Il viaggio alle origini delle tre c” (cacao, caffè e
canna da zucchero). Il Club Brasil Cafè era nato per esser impiantato in Italia nel 2020, ma poi è scoppiato il Covid. In questo periodo abbiamo pensato di iniziare in Brasile.
Immaginiamo un giorno di organizzare un percorso che possa partire da San Paolo dove
vengono spediti milioni di sacchi di caffè, con il museo del caffè, poi si va nella zona di
Baia per vedere il riscatto del cacao e infine si va ad esplorare la canna da zucchero.”
Il Brasile è il primo produttore di caffè al mondo e secondo per consumi: in tutti questi anni che cosa ha visto cambiare? Come si è evoluta la materia prima e il mercato?
“Come dicevo prima, questa sete di conoscenza alla fine è quella che guida il mercato
dalla tazzina alla pianta. L’agricoltore che prima si accontentava di vendere il caffè inteso come una commodity, sa che alla base ci sono clienti alla ricerca di prodotti unici. Questa doppia spinta porterà ad un risultato migliore qualitativamente e anche economicamente. Considerando che i piccoli produttori a conduzione familiare rappresentano il 78% dei coltivatori del Paese.”
La scena degli specialty si è sviluppata? I farmers hanno modificato le loro pratiche agricole?
“Gli Specialty e i Gourmet (quest’ultima categoria qui in Brasile non è solo una bella
parola, ma una norma di legge: il 100% Arabica è la classificazione minima con 80 punti
nell’analisi sensoriale, senza difetti, grado di torrefazione medio/chiaro e imballaggio
speciale con valvola), sono in grande crescita, non solo dal punto di vista di metodi
alternativi all’espresso, ma principalmente nell’offerta.
Come si sa il Brasile è il maggiore produttore al mondo di caffè, con diverse regioni con
caratteristiche differenti di terroir (Sul de Minas, Mata de Minas, Cerrado Mineiro, Baiha,
Espirito Santo, Cerrado Goiano, per citarne alcune) e con la maggiore quantità di varietà
della specie Arabica, più di 80.”
Da torrefattore, come tratta la materia prima? Come si beve lì l’espresso?
“Oltre a tostare il caffè con il nostro marchio “Antonello Monardo Caffé Espresso”,
ultimamente abbiamo creato il primo e-commerce di caffé speciali, che raccoglie varie
fazende che tostano il proprio verde con la loro marca, che provengono da tutte le regioni
caffeicole brasiliane, in pacchetti di 250gr in grani.
Si chiama il “Club Brasil Café” https://clubbrasilcafe.com. Associandosi i clienti ricevono a
casa, scegliendo il “piano basico” due caffè differenti, e così nell’arco di un anno avranno
provato almeno 24 prodotti distinti. Alla prima consegna offriamo gratuitamente un macinino elettrico con la spiegazione della granulometria adatta al metodo di estrazione desiderato.”
Le gelate, il cambiamento climatico: tutte problematiche che affliggono il Brasile in primis. Come stanno vivendo queste difficoltà i coltivatori locali?
“Il fenomeno delle gelate non è così raro in Brasile come si pensa. È abbastanza comune
nelle regioni più alte degli stati di San Paolo e del Minas Gerais, soprattutto durante
l’estate da voi, che essendo nell’emisfero sud, è l’inverno europeo.
Lo scenario dovrebbe avere un impatto sul mercato globale del caffè, non solo sul campo,
ma in tutti i segmenti della filiera produttiva. Da produttori, fornitori di materie prime e
macchinari, esportatori caffè verde, torrefattori, caffetterie e persino il consumatore hanno
subito e dovranno ulteriormente subire l’aumento dei prezzi per la diminuzione dell’offerta.
Nel caso della coltivazione del caffè, le gelate provocano delle perdite, poiché le
temperature molto basse danneggiano i tessuti delle foglie – da meno 2°C in poi -. Se scendono ulteriormente, vengono danneggiati i rami per poi raggiungere gli steli. Inoltre, le gelate colpiscono i boccioli dei fiori, provocando stress e ostacolando la fioritura e, di conseguenza, la produzione dell’anno successivo.
Di contro c’é il fatto che in Brasile ci sono più di 30 regioni produttrici. In un paese con
estensioni continentali, queste regioni differiscono profondamente in termini di clima,
topografia, altitudine, suolo, disponibilità di acqua, tra gli altri aspetti.
Pertanto, quando si verifica un fenomeno meteorologico, non tutte le regioni ne sono
colpite allo stesso modo. Il caffè è uno dei prodotti agroalimentari più commercializzati e consumati a livello globale.
E l’equazione è apparentemente semplice: se c’è una buona offerta, il prezzo scende, viceversa se c’è una carenza, il prezzo sale. La pianta del caffè è una pianta resistente, ma ha una particolarità: se un anno produce in abbondanza, l’anno successivo si verificherà il biennio cosiddetto basso (o negativo), cioè la produzione sarà inferiore. Il Brasile è una parte essenziale di questa equazione globale. Responsabile di quasi il 40% del caffè consumato in tutto il mondo, esporta i chicchi in quasi 130 paesi in tutti i continenti.”
Sappiamo come il Brasile è percepito in Italia, ma viceversa? Com’è vista il Paese dell’espresso dall’altra parte della filiera?
“La visione in generale dell’Italia dal Brasile è di ammirazione! Nel caso dell’espresso è di enorme rispetto. Perché, come si sa, l’Italia con l’espresso e anche la moka,
ha inventato un modo differente di bere il caffè. Ma si stanno sempre più imponendo i metodi nuovi. So che l’Italia, piano piano, si sta facendo trascinare da questa nuova tendenza, ma con un certo ritardo in confronto ad altri Paesi. “
Monardo, come vede il futuro della coltivazione in Brasile? Quali sono le prospettive per chi coltiva e, di conseguenza, per chi consuma?
“Per un periodo la coltivazione del caffè veniva disdegnata in favore della coltivazione
della canna da zucchero e della soia. Ma adesso, con la domanda di un prodotto di qualità
maggiore e valore aggiunto, in molti luoghi si sta tornando alle piantagioni di caffè e
conseguentemente le prospettive sia per chi coltiva che per chi consuma sono di
ottimismo.”
I giovani stanno tornando nei campi con questa riscoperta del settore produttivo?
“C’è stato un momento in cui veniva espinatato il caffè a favore della soia. Ora il
caffè viene piantato in nuove aree: il segreto di tutto resta la conoscenza. Quando
partecipo e organizzo i workshop, cerco sempre di provocare chi frequenta con me per
spostare l’attenzione sulla qualità del caffè.
Faccio spesso il paragone con la birra e il suo rito che qui è molto importante e chiedo: quanti caffè fate portare indietro se non è buono? Nessuno. Invece per la birra, se calda o non all’altezza delle loro aspettative, lo avrebbero fatto. 15 anni fa qui il caffè nel ristorante veniva offerto gratis, perché è un prodotto da regalare e quindi nessuno investiva nella qualità. Tutti perdevano in questo modo.
Questo ora è cambiato: molti hanno sviluppato una differente sensibilità anche nei
confronti del caffè. Gli imprenditori che vogliono entrare in questo mondo, si rivolgono a
me e dico loro: per poter bere meglio, ci si deve informare. E sono questi clienti che
smuovono il mercato, perché anche i coltivatori, di fronte ad una richiesta più esigente,
cambiano le cose nei campi, alzando la qualità, differenziando la produzione. “