CAGLIARI – Andrea Pettinari, la luce dello specialty che illumina l’isola attraverso il Caffè dell’Arte Specialty Coffee continua la sua attività di divulgatore: dopo aver organizzato la presentazione dell’ultimo caffè tostato made in Cagliari, con un nome promettente “Impressionismo”, ha potuto fare alcune considerazioni che riportiamo.
Un punto di vista significativo per misurare un po’ il termometro di questi prodotti di nicchia in un territorio che è ancora più distante dalla terza onda che pian piano sta bagnando lo Stivale.
Pettinari, le cose sono cambiate?
Pettinari: “Le presentazioni sono sempre state l’occasione che ci permettono di avere ben chiaro in mente quale sia il livello di interesse nei confronti dello specialty coffee nella città di Cagliari e nel corso degli anni il grafico va sempre in una direzione di crescita.
Se ricordo come abbiamo iniziato, nel lontano 2013, quando ancora non avevamo una torrefazione questi eventi erano piccoli, timidi, anche intimi in un certo qual modo. Ma quelli erano i primordi, il momento in cui si cominciava a mettere in atto il disgelo che pian pianino avrebbe portato al grande interesse che vediamo ora sviluppato nella nostra città.
Il primo dato che possiamo analizzare è sicuramente quello anagrafico. Vediamo una equa distribuzione delle fasce d’età, con un leggero vantaggio nella fascia che va dai 25 ai 35 anni.
La grande maggioranza delle persone che si interessano alle presentazioni, e che quindi dimostrano grande interesse nei confronti dello specialty coffee, sono persone che non hanno alcuna attinenza professionale con il mondo del fuori casa.
Possiamo dire di aver analizzato un gruppo di persone piuttosto eterogenee, provenienti da diversi ambiti, anche se c’è sicuramente un fil rouge che accomuna la maggior parte dei partecipanti è l’attenzione alle metodologie con cui le materie prime vengono coltivate ed acquistate.
Un’altra differenza rispetto agli albori del nostro percorso in Sardegna è la struttura stessa della presentazione
Tempo fa eravamo soliti organizzare un incontro di due ore al pomeriggio o in fascia serale, durante il quale tutti gli interessati dovevano essere presenti nello stesso momento per poter gustare in anteprima il caffè in questione ed ascoltare il nostro spiegone.
Questo approccio si è rivelato interessante per le prime volte, ma presto si è dimostrato essere un sistema che ha riscontrato meno successo a causa della ridotta finestra temporale e della poca flessibilità.
Da qui abbiamo deciso di cambiare approccio. Le presentazioni sono diventate più “soft”, spalmate su due mattine del weekend in modo tale che chiunque possa venirci a trovare e gustare il caffè senza dover sottostare a stretti limiti d’orario. In più, lo spiegone è stato sostituito da un racconto personalizzato per ogni ospite, che così ha modo di sentirsi più coinvolto nella narrazione.
Secondo punto di differenza è l’abbinamento food
Quando abbiamo iniziato le nostre avventure specialty, tutto girava esclusivamente intorno al caffè.
Era un approccio abbastanza hardcore, e costringeva l’attenzione dei partecipanti solamente sulla bevanda. Era sicuramente una modalità interessante per gli addetti ai lavori, ma per chi volesse provare ad avvicinarsi al mondo dello specialty coffee per le prime volte.
Da qui è nata l’idea di affiancare il comparto food nel nostro modus operandi.
Come ci siamo detti altre volte, il food, specialmente nella sua interpretazione del brunch, è un volano interessante per aumentare l’interesse nei confronti del caffè di qualità.
Ora le nostre presentazioni hanno una formula abbastanza open. Come abbiamo detto, la durata e l’elasticità sono i veri padroni, per cui offriamo ai nostri clienti la possibilità di ordinare dal nostro menù del brunch gourmet oppure di optare per lo speciale del giorno, ovvero una pietanza preparata appositamente per essere degustata in abbinamento con il caffè in degustazione.
Nell’ultimo caso di Impressionismo, un Castillo a fermentazione anaerobica sperimentale coltivato dal mio amico Felipe Restrepo in Colombia, Caldas, nella Finca Chambakù, abbiamo scelto di optare per un French Toast Tiramisù.
Questo caffè presenta delle note quasi vinose, molto calde, con sentori di ciliegia e cioccolato fondente, per cui l’accompagnamento con un french toast e la crema al mascarpone ci sembrava l’ideale per chiudere il cerchio dei gusti.
Pettinari: “Ovviamente l’imperativo è concedere totale libertà”
Libertà nella scelta del food pairing e nella scelta dell’estrazione, con qualche consiglio se richiesto, ma sempre in una condizione di estrema rilassatezza.
Possiamo tranquillamente affermare che questa è la formula che noi abbiamo trovato essere la più efficace per coinvolgere quante più persone nel bellissimo mondo del caffè di qualità, divertendoci e facendo divertire i nostri ospiti.”
Alla domanda “questo tipo di evento effettivamente funziona? E perché? Pettinari risponde
Pettinari: “Riflettendoci, ritengo che la spiegazione si trovi nella volontà da parte dei consumatori di scoprire qualcosa di nuovo in un ambiente che non imponga costrizioni.
La curiosità, dunque, è il motore principale, ovvero il motivo che spinge le persone a partecipare ad eventi di presentazione in anteprima. La stessa che le porta a voler assaggiare un prodotto nuovo – in questo caso un caffè – e a scoprirne le caratteristiche, sia organolettiche che legate alla provenienza.
Ciò che però è fondamentale per la buona riuscita dell’evento e per la partecipazione delle stesse persone agli incontri successivi è l’ambiente che si crea, quindi tutti gli aspetti già citati che rendono l’esperienza piacevole e non rigida, come gli abbinamenti food (brunch, colazione, snack…) e la libertà di scegliere come e quando degustare il caffè.
Il vero successo, poi, lo si riscontra non tanto nel singolo appuntamento (per quanto sia comunque un’ottima cartina tornasole), quanto nel considerare le presentazioni come una serie di eventi collegati fra loro.
Quando i clienti si appassionano al sistema, tendono a tornare più volte, e man mano acquisiscono contestualmente nuove conoscenze che li rende anche dei consumatori più attenti e responsabili, aiutandoli, per esempio, ad avvicinarsi ad estrazioni alternative all’espresso.
Credo sia un metodo utile, per chiunque gestisca una torrefazione o una caffetteria, in grado di avvicinare le persone al mondo del caffè di qualità.
L’obiettivo è sempre lo stesso: diffondere cultura sulla bevanda. E abbiamo tutti bisogno di coinvolgere persone nuove, provenienti da qualsiasi settore, in modo da creare una consapevolezza più ampia sulle tematiche che ci stanno a cuore.”
Caffè dell’Arte Specialty Coffee offre tutti i giorni un menu brunch gourmet con opzioni vegan