MILANO – Riportiamo di seguito l’intervento integrale che Francesco Sanapo, pluripremiato campione baristi, campione assaggiatori e fondatore di Ditta Artigianale, ha tenuto al convegno Sigep sul tema “La cultura del caffè alla luce della sostenibilità e della digitalizzazione” organizzato da Comunicaffè e Comunicaffe International a Vision Plaza del Sigep sul futuro della nostra filiera.
La nuova era nel mondo del caffè
di Francesco Sanapo
“Stiamo vivendo un forte cambiamento nel mondo del caffè, e questo lo si intuisce vedendo grandi player saltare sull’onda e cambiare l’approccio, i metodi di lavoro e di comunicazione e quella che negli anni si potrebbe definire come l’era della miscela segreta e che oggi invece sta diventando quella della trasparenza e tracciabilità.
Mi verrebbe da dire finalmente, e in questo cambiamento vedo un vantaggio per tutta la filiera, perché così facendo si arriva più velocemente alla gente, si educheranno le persone e si amplierà il raggio dei consumatori consapevoli.
Spesso mi viene chiesto se l’arrivo di grossi player non sia un danno per le piccole imprese come la mia e ogni volta la mia risposta è la stessa: conosco pregi e difetti della mia azienda, ma punto sempre sui suoi principi fondanti.”
Una maggiore trasparenza
“Oggi non è più sostenibile vendere il caffè senza un impegno reale e concreto da parte di tutti i player della filiera, a partire dal produttore che deve fornire informazioni dettagliate sul suo lavoro e sugli sforzi congiunti nel rispetto dell’ambiente e della comunità.
Anche le aziende di trading hanno sempre di più il compito di fornire trasparenza sul prodotto e tracciabilità; i torrefattori, parte importantissima della filiera, devono, a mio avviso, cambiare sistema commerciale, basato ancora su grandi numeri e sorretto da marginalità minime.
Con questo non voglio dire che ci debba essere solo un prezzo alto sullo scaffale o al bar, in quanto credo sia giusto dare la possibilità a chiunque di godere di un buon caffè accessibile rispetto alla sua capacità di spesa.
Quello che però ritengo importantissimo è l’avere alla base la certezza che quell’atto commerciale che c’è dietro la vendita di un caffè non vada a generare povertà.
Dal torrefattore la palla passa all’imprenditore dell’ospitalità e qui credo di individuare l’anello più debole della filiera: sono tantissime le caffetterie che dovrebbero e potrebbero fare di più, raccontare il caffè al consumatore con più informazioni.
Invece purtroppo, ancora oggi e troppo spesso non si conosce quello che si serve (anche nelle caffetterie e pasticcerie nei maggiori centri italiani), ed il controllo del reparto caffetteria è affidato a gente poco preparata e soprattutto sottopagata.”
Il salario del barista secondo Francesco Sanapo
“Mi sento di dire che, anche se oggi si sta facendo tanta formazione e sta crescendo il numero di baristi preparati, non si trovano posti di lavoro perché nelle caffetterie non è richiesto nessun tipo di formazione, ma solo esperienza curriculare.
Il salario del barista andrebbe completamente rivisto, mettendo questo lavoro al pari merito di chef, pastrychef o bartender; è ridicolo pensare che lo stipendio di un barista preparato ammonti a 1.300/1400 euro mensili, come d’altronde è assurdo pensare che la tassazione sui lavoratori nel settore dell’ospitalità/turismo sia uguale a quella dei lavoratori che operano nel settore industriale: per portare avanti un ristorante/caffetteria che fattura 1mln servono 30 dipendenti, mentre ci sono realtà in altri settori, a cui bastano 5 dipendenti per fatturare il doppio o anche di più.
Sono folle a pensare che ci dovrebbe essere una valutazione diversa di tassazione sul costo del lavoro?”
La valutazione della figura del barista
Sanapo conclude: “Sottolineo l’importanza del valutare professionalmente ed economicamente la figura del barista, perché credo che questa ultima parte della filiera sia quella più colpita, quanto il produttore all’origine, dalla poca sostenibilità economica.
Oggi se continuiamo a non riconoscere il valore di questa professione, troveremo sempre di più dietro il bancone personale poco preparato e di passaggio, perdendo così l’opportunità di raccontare al consumatore finale la qualità del prodotto.
Se l’obiettivo dell’intera filiera è quindi quello di educare il consumatore per innalzare il valore attribuito alla tazzina, dobbiamo considerare che questo processo non sarà possibile senza un barista preparato, che poi è la chiave del successo dello speciality coffee.”