MILANO – È ancora lunga la strada verso una piena consapevolezza delle politiche di diversità, equità e l’inclusione da parte delle aziende italiane. È questa una delle indicazioni principali che emerge dalla survey Equality, Diversity and Inclusion Research Italy condotta da Workday, società leader nelle applicazioni cloud aziendali per la finanza e le risorse umane, in collaborazione con Sapio Research.
Lo studio ha coinvolto 301 professionisti tra HR e business leader italiani nell’ambito delle iniziative di diversità, equalità e inclusione (DEI), appartenenti a multinazionali e medie imprese.
L’indagine in Italia
L’indagine si è posta l’obiettivo di fotografare lo stato di equità all’interno dei luoghi di lavoro, che passa dall’accettazione delle differenze di genere, di etnia, di religione, di orientamento sessuale, di età e di estrazione sociale, osservando a che punto è il mondo professionale nel percorso verso l’inclusione.
Diversità e inclusione nelle aziende italiane: una realtà spaccata
Portare diversità e inclusione in azienda significa prestare attenzione e rispetto alle differenze delle persone, integrandole nello stesso ambiente lavorativo con iniziative e politiche aziendali concrete. Ma quante organizzazioni riescono in questo intento?
Secondo la ricerca, in Italia la situazione è ancora spaccata: il 36% degli intervistati, infatti, nega, banalizza o tratta in modo conflittuale il tema della diversità, a fronte di un 35% che ha affermato con certezza che la propria organizzazione adotta pratiche virtuose per celebrare le differenze; il 25%, infine, ha dichiarato che le persone sono incoraggiate al dialogo e all’accettazione reciproca.
C’è una maggiore visione comune sugli obiettivi: per il 44% degli intervistati la prima finalità è quella di migliorare il benessere dei dipendenti, seguita dalla creazione di team più eterogenei e dalla necessità di migliorare l’employee engagement (entrambi con il 41%).
Più investimenti in futuro
Le aziende italiane stanno dando sempre più importanza alle iniziative DEI come dimostra il 75% delle organizzazioni che ha dichiarato di avere un budget dedicato a disposizione per il 2021.
Questa percentuale viene suddivisa in tre tipologie di investimenti: il 19% pianifica il budget solo per iniziative a lungo termine, il 26% solo per azioni a breve termine mentre il 30% delle organizzazioni (in diminuzione del 14% rispetto al 2021) suddividono il loro budget tra progetti a breve e lungo termine in modo da produrre un cambiamento strutturale all’interno del contesto organizzativo. Notizie positive arrivano in vista del 2023 dove il 34% delle organizzazioni ha già dichiarato che aumenterà il budget per le iniziative DE&I a fronte del solo 7% che intende diminuirlo e del 45% che manterrà gli stessi investimenti pianificati per il 2022.
Le criticità da risolvere
La ricerca Workday e Sapio Research ha, inoltre, evidenziato quali sono le problematiche relative alla documentazione e all’analisi dei risultati delle iniziative DEI. Il 62% degli intervistati afferma che la misurazione è una sfida e richiede nuovi sistemi tecnologici e software più efficienti: i tools indicati come più utilizzati sono ancora i sistemi di comunicazione interna come l’Intranet aziendale o l’instant message.
Appena il 24% delle aziende misura l’impatto sul business e il valore percepito dai dipendenti delle iniziative di inclusione, mettendo ai primi posti i KPI riguardanti la disabilità, l’età e il genere sessuale.
La mancanza di un approccio strategico, unito alla necessità di adottare nuove tecnologie che integrino le metriche DEI nei KPI di business, è lo step successivo richiesto alle imprese italiane per sviluppare definitivamente una cultura aziendale incentrata sul rispetto e la valorizzazione di tutte le persone senza distinzioni di alcun tipo.
Alcune organizzazioni hanno però iniziato un nuovo percorso verso la trasformazione digitale: secondo la ricerca 2 aziende su 5 stanno investendo in strumenti come l’intelligenza artificiale e altri software più avanzati, con l’obiettivo di rendere più scientifiche e migliorare e le survey rivolte ai dipendenti, lo sviluppo delle prestazioni dei lavoratori e il sistema di assunzione di nuovi talenti.
Le pressioni esterne
Altro oggetto di indagine che impone delle riflessioni riguarda le pressioni esterne per cui vengono attivate le iniziative di diversità, equità e inclusione: il 69% ha affermato che la crescita reputazionale connessa all’implementazione di pratiche ESG e CSR è stata la pressione esterna più forte, al secondo posto è presente la soddisfazione delle aspettative dei clienti indicata dal 64% mentre al terzo posto il rispetto di leggi e regolamenti governativi con il 61%.
Queste risposte sono il risultato di una crescente sensibilità all’interno della società e dell’opinione pubblica, sempre più attente ai temi connessi ai diritti civili.