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lunedì 25 Novembre 2024
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Godina a Cipolla con il sondaggio ai professionisti: “Se la qualità del caffè al ristorante spesso delude”

Lo chef stellato Gennaro Esposito: “L’esperienza del caffè al ristorante tante volte è un’esperienza da evitare, terribile, tante volte mi dicono “non prendiamo qui il caffè andiamo in quel bar perché qui il caffè non lo sanno fare”. Al ristorante uno ha fatto una serie di cose meravigliose e poi sul caffè spesso scegliamo di affidarci a dei produttori di caffè e a delle miscele che non rendono onore degnamente a tutto quello che uno chef o un ristoratore ha fatto così bene fino a quel momento"

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Andrej Godina, dottore di ricerca in scienza, tecnologia ed economia nell’industria del caffè, ritorna ad occuparsi dello spinosissimo tema del caffè espresso di fine pasto al ristorante rispondendo al controverso intervento di Mauro Cipolla che abbiamo pubblicato qui. Leggiamo di seguito le considerazioni di Andrej Godina.

Il caffè al ristorante

di Andrej Godina

MILANO – Il mio recente articolo sulla qualità del caffè a fine pasto nei ristoranti è stato scritto sulla base della mia esperienza professionale legata al mondo dell’assaggio del caffè espresso e sulle centinaia di visite ai ristoranti che in questi ultimi anni di trasferte in Italia ho fatto per motivi di lavoro, dalle regioni del nord Italia lungo tutta la penisola fino ad arrivare alla Sicilia.

Questo tema ha suscitato numerose reazioni tra le quali, recentemente, quella di Roberto Cipolla che personalmente non ho avuto mai l’occasione di incontrare né tantomeno di condividere con lui qualche assaggio di caffè.

Nel suo intervento Cipolla asserisce che la qualità del caffè al ristorante non è così disastrosa, egli scrive: “Ultimamente ho letto delle inesattezze sullo stato del caffè nella ristorazione italiana. Non mi è chiaro se alcuni articoli vogliano proporre notizie sensazionali oppure riportare informazioni sul reale stato del settore.”

Cipolla continua: “Se l’intenzione è quella di fare vero giornalismo, con la diffusione di informazioni che rispecchino i mercati come vissuti da chi scrive (piuttosto che come interpretati dai cosiddetti tuttologi, che hanno pochissima esperienza diretta del settore descritto, oppure si basano sulla letteratura accademica teorica o ancora su documentari televisivi) allora chi si espone dovrebbe aver fatto gavetta nel mondo caffè/ristorazione.”

C’è di più: “Insomma, molti degli autori di reportage dovrebbero aver lavorato, con le mani in pasta per decenni nel campo che vogliono commentare, prima di descrivere situazioni non veritiere o parziali, per comodo o per lanciare uno scoop.”

Cipolla conclude: “La realtà è che la situazione del caffè espresso nella ristorazione non è sempre così disastrosa come viene dipinta, anzi in alcuni ristoranti dove i titolari tengono al caffè espresso così come al cibo e al vino, l’espresso che si beve è molto meglio che nel 99% di quello che si può trovare nei bar e anche in molte caffetterie.”

La reale situazione del caffè nella ristorazione in Italia

Devo essere sincero, mi sono posto qualche domanda su ciò che ho scritto dopo aver letto le dichiarazioni di Cipolla e quindi deciso di fare un ulteriore approfondimento per confermare se in Italia il caffè al ristorante è buono oppure no.

Ho pensato di interpellare alcuni professionisti che, ciascuno per il suo specifico ambito di competenza, possano dare una panoramica su questo argomento, ovvero della qualità del caffè al ristorante.

Il sondaggio che ho fatto è semplice, ho chiesto a una ventina di persone di segnalarmi se nelle ultime 20 visite al ristorante la qualità del caffè servito al tavolo fosse ottima. Le persone mi hanno risposto come di seguito riportato, alcuni di loro mi hanno dato il consenso per essere citati, altri hanno preferito rimanere anonimi.

Il sondaggio

Alex Revelli Sordini, professore di comunicazione delle culture e politiche alimentari presso Università Telematica San Raffaele Roma – Giornalista, intervistato nel film documentario Caffè e Vino, due mondi un documentario risponde: “Un solo caffè”.

Nadia Roberta Rossi, giornalista settore horeca:“Nessuno, anche se non prendo più il caffè al ristorante, soprattutto quando sono a Milano preferisco andare a casa e preparalo da sola”.

Stefania Leo, giornalista enogastronomica: “Nessuno”.

Massimiliano Tonelli, docente allo IULM, direttore editoriale di Artribune afferma: “Non prendo più il caffè al ristorante, rinuncio al caffè e cerco il bar tra quelli che conosco più vicino dove so che posso bere un ottimo caffè, magari Specialty.”

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Massimo Tonelli (immagine concessa)

Massimo Tonelli continua: “La situazione è triste e non è neanche in evoluzione, i ristoratori continuano a non capire l’importanza di questo aspetto, continuano a essere convinti che i loro clienti non vogliono essere in alcun modo portati fuori dal solito gusto, dai soliti sentori che hanno sempre sperimentato. Non hanno voglia di cambiare e di fare cultura su questo argomento. La situazione rimane immobile.”

Leonardo Maggiori, imprenditore, Coffee & Ospitality Expert: “Non prendo più il caffè al ristorante perché la qualità offerta è pessima”

Fosca Tortorelli, consulente food & Wine, giornalista: “4 caffè”.

Samuele Ambrosi, mixologist, trainer ufficiale AIBES, campione del mondo, Campari Ambassador: “Nessuno”.

Alessandra Fenyves, Food Drink Tourism & Lifestyle Expert, Writer presso Scatti di Gusto, FashionLifeMagazine, La Gazzetta dello Sport, Tastefollies, Thewaymagazine, Food&Travel: “Nessuno”.

Paolo Petrussa, titolare dell’azienda agricola Paolo Petrussa: “6 caffè”.

Ristorazione e caffè

Giancarlo Samaritani, il mercante del caffè, caffèsperto intervistato nel film documentario Caffè e Vino, due mondi un documentario: “Da tempo ho perso l’abitudine di ordine il caffè al ristorante per evitare delusioni”.

Barbara Todisco, Espresso Comunicazione – Trieste: “Un solo caffè”.

Michela Becchi, Web editor Gambero Rosso e Gambero Rosso International: “Negli ultimi anni ricordo solamente 4/5 caffè ottimi”.

Francesco Sanapo, titolare della micro torrefazione “Ditta Artigianale” – Firenze: “Solamente 2 caffè, escludendo i miei clienti”.

Nando Salemme, ristorante Abraxas Osteria – Pozzuoli: “1 solo caffè”.

Manrico Musci, titolare della micro torrefazione “La Milanesa” – Gallarate: “Nessuno, escludendo i miei clienti”.

Hanno chiesto di rimanere anonimi le seguenti persone:

“Forse uno o due” – titolare di una delle enoteche più rinomate di Trieste

“Un solo caffè” – giornalista del settore horeca – Milano

“Solamente due” – giornalista stampa generalista – Trieste

“Solamente due” – giornalista enogastronomico – Roma

“1 solo caffè” – giornalista enogastronomico – Torino

“Nessuno” – sommelier, delegato regionale AIS

Caffè al ristorante: un’esperienza da dimenticare

“Facendo un semplice calcolo è emerso che gli intervistati hanno sentenziato che su 20 delle ultime esperienze al ristorante da loro vissute solamente il 7,6% è riuscita a dare un ottimo esito sulla qualità del caffè servito a fine pasto.

Non credo siano necessari ulteriori commenti da parte mia su questa miserevole percentuale che dipinge in modo chiaro, autorevole e impietoso lo stato dei fatti della qualità del caffè nel mondo della ristorazione italiana.

Per sottolineare ulteriormente quanto sopra detto vorrei riportare due interventi iconici contenuti nel film documentario Caffè e Vino ovvero delle interviste rilasciate davanti alle telecamere di Vincenzo Lamagna regista del documentario dello chef stellato Gennaro Esposito del ristorante Torre del Saracino e di Massimiliano Tonelli.”

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Gennaro Esposito (immagine concessa)

Gennaro Esposito: “L’esperienza del caffè al ristorante tante volte è un’esperienza da evitare, terribile, tante volte mi dicono “non prendiamo qui il caffè andiamo in quel bar perché qui il caffè non lo sanno fare” (…) al ristorante uno ha fatto una serie di cose meravigliose e poi sul caffè spesso scegliamo di affidarci a dei produttori di caffè e a delle miscele che non rendono onore degnamente a tutto quello che uno chef o un ristoratore ha fatto così bene fino a quel momento.”

Gennaro Esposito continua: “Il caffè spesso non segue la logica qualitativa delle altre cose che ti arrivano al tavolo. (…) Io a Napoli faccio fatica a bere un caffè di qualità, sono pochi i punti di riferimento che ho personalmente e dove vado a prendere il caffè (…) noi mediamente beviamo caffè bruciati, stratostati, chiaramente il torrefattore tosta il caffè tantissimo anche per coprire tutta una serie di magagne derivanti dal fatto che non si usano origini di qualità (…)”.

Il caffè nella gastronomia

Massimiliano Tonelli intervistato quando ricopriva il ruolo di direttore editoriale del Gambero Rosso: “Il caffè nel mondo della gastronomia e nei ristoranti gourmet in relazione al lavoro di ricerca dei grandi chef è una storia incredibile in questo momento storico, nei ristoranti si fa ricerca su tutto sostanzialmente, dagli oggetti, ai materiali , alle luci, alla tipologia di musica e di suono e di isolamento acustico, per arrivare ovviamente a una attenzione straordinaria sul personale, ovviamente sulle materie prime, sulle ricette, nell’ultimo decennio un’attenzione straordinaria al mondo del pane, tutto viene sviscerato, tutto viene portato a un livello massimo di ricerca e poi alla fine il ristoratore, il cuoco o il grande chef iper premiato ti manda a casa con in bocca un tatuaggio squallido, banale di un espresso qualsiasi. Non è dappertutto così ma la schiacciante maggioranza dei ristoranti non cura questo aspetto.”

Ormai da oltre 20 anni frequento il mondo della ristorazione con visite ad alcuni ristoranti stellati, osterie Slow Food e ristoranti segnalati da Guide più o meno note o non segnalati affatto e non mi sono ancora rassegnato a tentare di prendere il caffè a fine pasto. Sfortunatamente l’esito è pressoché sempre deludente e la qualità del caffè è bassa e spesso con la presenza di difetti sensoriali.

Mi auguro che il mondo del caffè possa aiutare la ristorazione a elevare lo standard medio del caffè a fine pasto attraverso la formazione, prodotti di migliore qualità e l’offerta di carte dei caffè consapevoli e con evidenti differenze sensoriali.

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