Negli ultimi anni la colazione in Italia è stata più leggera (42%), più veloce (32%) e più consumata in casa: si fa infatti nella propria abitazione per il 92%.
Sembra così essere diventata di controtendenza la colazione fatta al bar, praticata da una minoranza (8%), contro circa l’11% evidenziato da una ricerca del 2019 a causa dei rincari dei prezzi. Leggiamo di seguito l’analisi di Maria Teresa Manuelli per Il Sole 24 Ore.
L’evoluzione della colazione
MILANO – L’inflazione pesa sulla colazione, ma gli italiani non vi rinunciano. A influire sulle decisioni degli appassionati di cornetto e cappuccino ci sono i pesanti rincari: il caffè al bar in alcune città è arrivato a costare 1,30 euro e il croissant 2 euro.
Una situazione difficile denunciata anche dalle associazioni dei consumatori, tra cui HelpConsumatori che non esclude che il prezzo della tazzina possa salire fino a 1,50 euro entro la fine dell’anno.
Non solo al bar anche a casa la colazione inizia a gravare. I biscotti sono infatti rincarati del 9,8% e il latte del 19% secondo le stime di Coldiretti sui dati Istat dell’inflazione ad agosto rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
L’effetto degli aumenti energetici si fa però sentire anche sul pane che è aumentato del 13,6%, sullo zucchero del 14,9%, sul burro del 33,5%, sulla marmellata del 7,9% e, appunto, sul caffè del 6,7 per cento.
Già nel corso del 2021, però i 12.704 prodotti per la colazione monitorati dall’Osservatorio Immagino nel suo report, che analizza l’evoluzione del carrello della spesa, avevano accusato una diminuzione del 2,4% del valore delle vendite in supermercati e ipermercati, attestandosi poco sopra i 5,7 miliardi di euro.
Anche se c’è chi è andato controcorrente, aumentando il sell-out: si tratta dei prodotti posizionati nei mondi del salutismo, della sicurezza, della naturalità e del benessere, che si sono mostrati capaci di guidare le scelte d’acquisto degli italiani per il menu della prima colazione.
L’area valoriale maggiormente premiata nel 2021 è stata quella del salutismo (+5,3% il sell-out), in cui spicca la crescita del business dei prodotti senza lattosio (+6%).
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