MILANO – Un’analisi della qualità e del valore del caffè, al di fuori dei parametri e delle coordinate usuali. A proporla è un nuovo saggio intitolato “Making Better Coffee”, che esce in coincidenza con la Giornata internazionale del caffè. Ne è autore Ted Fischer, professore di antropologia alla Vanderbilt University, prestigiosa università americana, presso la quale è attivo l’Institute for Coffee Studies (Ics), fondato nel 1999 per promuovere la ricerca sugli effetti fisiologici derivanti dal consumo del caffè.
Più di recente, l’università ha promosso il Coffee Equity Lab, all’interno del Vanderbilt’s Innovation Center.
“Il caffè – spiega Fischer in un’intervista pubblicata sul sito dell’ateneo – attraverso il modo in cui mette assieme diversi tipi di valori, indica la via per meglio comprendere la complessità del mondo e per rendere le cose migliori”.
Una visione filosofica – la sua – sviluppata attraverso l’osservazione e lo studio delle dinamiche sociali nelle comunità Maya del Guatemala, dove il caffè offre importanti opportunità di riscatto sociale, storico ed economico.
“Mi affascina il modo in cui la ricerca della qualità, da parte della Third Wave, è legata, da un filo spesso invisibile, alle vite e alle aspirazioni dei produttori di caffè del popolo Maya” spiega Fischer.
“La psicofarmacologia del caffè è connessa alla crescita del commercio globale e all’affermarsi delle idee illuministiche” continua Fischer, che aggiunge, citando l’universo che ha studiato da antropologo: “il caffè connette i trend di consumo degli Usa alle credenze e alle pratiche agricole tradizionali dei Maya”.
“Gli adepti della Third Wave sono alla ricerca di nuovi sapori e aromi e di una catena commerciale più equa. Nei Maya, la coltivazione del caffè è perfettamente aderente a un’ancestrale concezione cosmologica e agricola della rigenerazione”.
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