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venerdì 22 Novembre 2024
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Lee, latte artist dalla Corea all’Italia: “Il futuro di questa tecnica, nel ritorno alle basi”

La trainer: “I baristi italiani sono forti quanto gli asiatici. Ormai parlare di Nazioni e discutere quale abbia il competitor più bravo non ha molto senso: chi si impegna, ottiene un buon risultato. Io stessa sono arrivata in finale al campionato italiano al SIGEP nel 2018.”

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MILANO – Haneul Lee è trainer e consulente di latte art & Korean Style all’interno della Barproject Academy di Bari: un lungo viaggio dalla Corea all’Italia, sempre guidata dalla passione per la tecnica di decorazione dei cappuccini e per il Bel Paese. Le sue origini sono espresse nel suo lavoro di latte artist, barista e anche ristoratrice del primo locale coreano in Puglia, U’Kor.

Noi abbiamo voluto affrontare con lei questa professione e disciplina, che ha visto negli ultimi anni trionfare l’Italia con Manuela Fensore e poi Carmen Clemente, ma che va molto forte nei Paesi asiatici.

Haneul Lee: in Italia con la sua latte art coreana

“Ho scelto di venire in Italia nel 2015, perché mi piace come Paese. Mi ha conquistata l’atmosfera del sud, il mare e la gente di queste terre. A Bari ho subito avvertito la calorosa accoglienza delle persone, e ho trovato immediatamente un bel gruppo di amici che si è mostrato amichevole.

Il mio primo espresso è risultato molto amaro per il mio palato che era abituato a bere Arabica e monorigine. Dopo un po’ ho capito dove andare per un espresso preparato con una buona miscela. Vivere in Italia sembrava molto divertente, perché gli italiani sanno godersi ‘il momento’. Direi quasi un po’ come il rito dell’espresso, che va bevuto subito per goderselo al 100%.

Ovviamente poi, dato che pratico la latte art, ho notato subito che a Bari ancora non era ancora una pratica diffusa: quindi ho iniziato a organizzare dei corsi grazie al supporto della Barproject Academy. Posso dire, dopo sei anni di esperienza, che ormai anche al Sud si trovano tanti baristi piuttosto bravi in questa tecnica.”

Insegna latte art al sud: lì è una tecnica che è molto richiesta o si beve soprattutto espresso?

“Qui si beve tanto l’”espressino”, ovvero un cappuccino più piccolo di quello classico, servito in una tazza in vetro. I nostri clienti apprezzano di più una bella tessitura della crema di latte della latte art con la crema secca (cioè schiumosa, dove sono visibili tante bolle grosse. Rimane dura come una nuvola, si può raccogliere con un cucchiaio e mantiene comunque la sua forma e per queste sue caratteristiche è possibile usarla anche per la “ 3d latte art. Invece per la decorazione, serve una crema più morbida e densa, quasi fosse mezza montata di panna, senza e bolle, lucida e setosa.).

Le basi fondamentali di questa tecnica stanno proprio nella preparazione corretta della crema e per questo nel nostro corso, insegniamo prima di tutto la montatura del latte. “

Cos’è esattamente il “korean style” che insegna?

“Korean style in riferimento alle mie origini coreane. Quando ho iniziato, i coreani erano molto bravi in questa disciplina, e siamo in grado di creare la tessitura molto più liscia per definire dei dettagli. “

La latte artist all’opera (foto concessa)

Ci può spiegare la differenza tra la tecnica latte art che insegna per i baristi e invece quella dedicata al mondo gare?

“Le differenze si giocano su diversi fattori: c’è la temperatura del latte, la montatura e infine la quantità del latte utilizzato. Sono elementi che emergono in particolare quando parliamo di un disegno più complesso da tracciare anche a livello artistico.“

Lee, che cosa ci può raccontare della latte art con le bevande vegetali (che stanno sempre più comparendo anche nei bar italiani)

“Ormai le bevande vegetali sono modificate appositamente per permettere di formare una bella crema all’altezza della resa del latte vaccino. Quindi attualmente dipende più dal gusto dei clienti, che può scegliere tra più alternative. Ci sono alcuni baristi che spingono per usare queste soluzioni e venire incontro alle esigenze dei vegani e che le scelgono anche per allenarsi con la latte art: purtroppo si butta via molto di latte durante il training, quindi questi tentativi sono di aiuto anche per la salvaguardia dell’ambiente e sono da apprezzare.”

Capitolo competizioni: in Italia possiamo dire di esser doppiamente campioni mondiali, ma il mondo asiatico è decisamente forte in questa disciplina. Lee, lei che è immersa in entrambi i mondi di latte art, cosa può dirci mettendoli a confronto?

“I baristi italiani sono forti quanto gli asiatici. Ormai parlare di Nazioni e discutere quale abbia il competitor più bravo non ha molto senso: chi si impegna, ottiene un buon risultato. Io stessa sono arrivata in finale al campionato italiano al SIGEP nel 2018.”

Che cosa le chiedono di più i corsisti?

Lee: “Di ottenere una bella montatura e di esser in grado di disegnare delle figure semplici come tulipani e cuori.“

Lee traccia le figure sulla crema di latte (foto concessa)

Quanto è importante e perché la latte art per un locale?

“È importante per come valore in più da offrire ai nostri clienti. Trasmette simpatia ed energia. La latte art significa anche fare un cappuccino perfetto, quindi cerco di non concentrarmi eccessivamente sulla creazione di figure complicate ma piuttosto nel far saper preparare una tazza che sia piacevole al palato.”

Una curiosità: quale tecnica preferisce e quale figura trova più complessa?

“A me piace sempre formare la rosetta, ovvero la foglia che fa da figura base su cui far evolvere disegni più complicati: a mio parere resta l’immagine più bella ed è anche difficile da tracciare in maniera impeccabile. Esistono tantissime figure nel mondo della latte art, ma quelle di base restano le più difficili da replicare perfettamente.”

Ha qualche idea sui prossimi trend? Magari più colori, più free pour…

“Ormai ci sono tante tecniche belle e tutti possono essere bravi se si impegnano. Penso che il futuro della latte art sia però un ritornare alla base: il cappuccino deve sì essere bello, ma soprattutto deve piacere ai clienti. E quindi esser servito né troppo tiepido né troppo liquido: i consumatori vogliono il giusto e classico gusto, insieme alla tipica consistenza di cappuccino. “

 

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