MILANO – Attualmente la Borsa non è una realtà appetibile per il gruppo Lavazza: a dirlo chiaramente lo stesso vice presidente Marco Lavazza, che ha dichiarato in una lunga intervista a Il Sole 24 Ore, che l’azienda torinese per il momento non ha necessità di entrare in quotazione su Piazza Affari. Un passo che non è escluso a priori, ma che di sicuro non rientra nelle prossime strategie di crescita della storica torrefazione.
Con 125 anni di attività di successo alle spalle, segnati da un fatturato che supera i 2 miliardi, 100 milioni di profitti e circa 280 milioni di liquidità, il vice-presidente ha precisato: “Ci rimproverano pure per la troppa liquidità”.
Riportiamo una sintesi dell’intervista realizzata da Simone Filippetti per Il Sole 24 Ore. Per leggere l’articolo completo cliccare QUI.
Lavazza: la Borsa? Un no arriva dai piani alti
Riporta l’articolo su Il Sole 24 Ore: Lavazza non ha mai quotato la storica azienda, 125 anni di attività, e tanto meno smania per farlo adesso. D’altronde, quando siedi su oltre 280 milioni di liquidità, a che serve andare in Borsa? “Abbiamo la fila delle banche d’affari – esordisce l’erede dei Lavazza e vice-presidente – per andare in Borsa. Ci rimproverano pure per la troppa liquidità”.
Ma la famiglia, arrivata alla quarta generazione dall’epoca del fondatore Luigi, non cede alle sirene della Borsa e dei banchieri.
Un’azienda iper-patrimonializzata
E ancora racconta su Il Sole 24 Ore Marco Lavazza: “Le aziende devono avere un obiettivo, non guardare ai mezzi per arrivarci. Lavazza ha un piano di crescita che funziona. Non diciamo di no a priori alla Borsa, ma non ci serve – e continua – Siamo un modello ibrido e vincente tra capitalismo anglosassone, ossia di mercato; e capitalismo familiare, tipicamente italiano” dove, nel caso di Lavazza, la famiglia fa solo l’azionista, pur con una presenza di visione strategia; e i manager gestiscono.
Per leggere l’intervista completa cliccare QUI.