LONDRA – Le bevande calde rimangono il carburante della giornata lavorativa britannica. Lo conferma un sondaggio condotto da un sito specializzato inglese dal quale risulta che il lavoratore medio di oltremanica beve 4 tazze al giorno di tè o caffè, per un totale di 20 tazze alla settimana (considerando una settimana lavorativa di 5 giorni) e 1.040 tazze all’anno.
Ipotizzando un contenuto medio di 250 ml per tazza, ciò equivale a quasi 12 mila litri di tè o caffè nell’arco di una vita lavorativa: abbastanza per riempire 60 vasche da bagno.
Tè e caffè nella quotidianità inglese
Il 58% degli intervistati ha dichiarato di consumare bevande calde sul posto di lavoro principalmente per abitudine.
Un ulteriore 36% ha sottolineato la dimensione sociale e di relax del coffee o tea break, che consente di staccare dal lavoro per qualche istante e fare una chiacchierata con i colleghi al di fuori della postazione operativa. Il 22% degli interpellati afferma che bere tè o caffè migliora le performance professionali.
Il 41% ritiene che li aiuti a rimanere vigili nell’arco della giornata. È interessante osservare come appena il 22% del campione sostenga di fare consumo di bevande calde anche a casa dopo il lavoro.
Rimaniamo in Inghilterra per riferire di uno studio compiuto da un team di psicologi della Bristol University, dal quale emerge una reazione diametralmente opposta, da parte di uomini e donne, quando vengono assunti grandi quantitativi di caffè in situazioni di forte stress, in particolare nell’assunzione di decisioni collegiali.
Lo studio e il sondaggio
A tale scopo, i ricercatori hanno selezionato un campione di 64 uomini e donne. Sono state costituite delle coppie di persone dello stesso sesso alle quali sono stati assegnati dei compiti da svolgere, tra i quali una serie di test volti a rilevare l’efficienza mentale e mnemonica, ma anche le capacità di mediazione tra posizioni diverse nell’ambito di una trattativa.
Per accrescere lo stress, è stato detto ai partecipanti che avrebbero dovuto anche riferire a fine esperimento sull’esito delle attività svolte. A ciascuna delle copie monitorate sono state somministrate tazze di caffè normale o decaffeinato, senza rivelare naturalmente se si trattasse dell’uno o dell’altro.
I risultati hanno evidenziato una chiara disparità di risultati tra uomini e donne nell’operare sotto stress dopo aver assunto un certo dosaggio di caffè caffeinato. Per completare lo stesso puzzle gli uomini hanno impiegato mediamente una ventina di secondi in più, le donne un centinaio di secondi in meno. Gli psicologi imputano tale divario alle differenze di genere nella risposta allo stress.
Le differenze tra i generi
In particolare alla tendenza dell’uomo a rispondere secondo il modello fight or flight (combatti o scappa) mentre i comportamenti femminili sono improntati al modello tend and befriend (prenditi cura e sii amichevole), che privilegia la collaborazione nel cercare di risolvere un problema.
Per questo motivo – osservano i ricercatori in una sintesi dello studio pubblicata sul Journal of Applied Social Psychology – fornire quantità illimitate di caffè durante delle riunioni ad alto livello potrebbe non essere una buona idea, specialmente se i partecipanti sono in maggioranza uomini. Essi infatti potrebbero essere inconsciamente indotti, in condizioni di forte stress, a sabotare la partnership creata per risolvere il problema.
“Molte di queste riunioni, comprese quelle in cui vengono adottate importanti decisioni militari o di altro tipo, vedono spesso una presenza prevalente degli uomini – proseguono gli studiosi – E poiché la caffeina è l’eccitante più diffusamente consumato nel mondo, le implicazione globali sono potenzialmente devastanti”.