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venerdì 22 Novembre 2024
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TENDENZE – Moka addio, il futuro del caffè si chiama cialda

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La moka con il suo rumore, il suo profumo che riempie le stanze. Che arriva pochi istanti prima della sveglia per dire che qualcuno in casa si è già alzato. Oppure la moka che la zia mette su appena suoni il campanello per poterti annunciare: «Vuoi un caffè, l’ho appena messo sù».

Moka, destinata a fare la fine del telefono di casa, del mangiadischi, del mangiacassette

Ovvero è destinata a essere pensionata per mano delle cialde, anche se l’Italia ha le carte in regola per diventare l’ultima roccaforte del caffè di mamma.

A disegnare il futuro anzi a cominciare a percorrerlo è Antonio Baravalle, amministratore delegato della Lavazza. Che proprio dalle cialde ricava il 30% del suo fatturato. «Ad oggi – ha sottolineato – nel mondo sono installate 50 milioni di macchine da caffè per cialde».

Moka: un mercato strategico per aziende come Lavazza, e non solo

Che oggi rappresenta il 3,5-4%, ma con un tasso medio di crescita annuo del 30%.

«In dieci anni – ha sostenuto Baravalle nel corso della presentazione del preconsuntivo Lavazza 2012 – le macchine per cialde installate nel mondo diventeranno 150-160 milioni».

«L’unico modo per consumare il caffè in modo omogeneo in tutto il mondo, rispettando però le abitudini di ciascun Paese – commenta – è proprio cialda».

Bar, moka o cialda?

Una sfida che si porta dietro culture, filosofie di vita e di gusto. Giulio Trombetta, ad di Costadoro, l’azienda leader nel Nord Ovest sul fronte dei consumi al bar non ha dubbi.

«I gusti degli italiani sono ancora chiari e la moka resta il maggior sfogo dei consumatori di caffè.

Ovvio che la capsula è il futuro, è il mercato in maggiore crescita, ma gli amanti moka non abbandonano la tradizione. Ci vorrà tempo. Se invece parliamo di qualità il bar resta imbattibile, il miglior caffè si consuma al bancone anche per merito dei baristi italiani. Il fronte delle emozioni è invece ancora un’altra cosa i ricordi legati alla moka sono incancellabili».

Fonte: La Stampa

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