MILANO – Dopo il trionfo nazionale nel campionato brewers, Giacomo Vannelli è in piena fase di preparazione per i mondiali che avranno luogo nella lontana Melbourne dal 27 al 30 settembre. C’è ancora l’estate di mezzo, ma per esser campioni il tempo non è mai abbastanza, anzi, si fa sempre più stringente. Entriamo quindi nella routine del nostro rappresentante italiano nella categoria brewers per arrivare preparatissimo a questa importante prova, a confronto con altri competitor internazionali.
Vannelli, come si sta preparando ai mondiali?
“Naturalmente ho già iniziato a lavorare sulla gara. La preparazione della brewers per la maggior parte consiste nella ricerca del caffè, di cui non posso parlare nel dettaglio. Ancora per altro non l’abbiamo scelto: abbiamo selezionato dei lotti e ora siamo in fase di valutazione. L’obiettivo è arrivare ovviamente con il miglior caffè possibile e per questo ci si ritaglia più tempo possibile per ottenere il risultato.
Decideremo entro metà agosto e poi il resto del tempo verrà dedicato alla performance vera e propria. Dobbiamo innanzitutto trovare dei caffè che rispecchino la nostra idea di gara. Stiamo aspettando prima di chiudere il discorso di assaggiare anche altre opzioni che sono in arrivo, per dare un giudizio più completo possibile.
In contemporanea portiamo avanti l’allenamento sulla compulsory e tutto ciò che può succedere – utilizzare caffè diversi, con profili e giorni di tostatura differenti, in modo da prepararsi a ciò che potrebbe esser un caffè x in questa fase. Il compulsory è la parte essenziale sul risultato finale della gara – .
Stiamo poi perfezionando anche lo speech, limandolo in virtù dell’esperienza al Sigep. Miglioriamo dei piccoli dettagli nell’esposizione. Tutti i giorni diciamo che c’è qualcosa in agenda che riguarda la gara. Per ora sto lavorando con il mio team interno. Il primo passaggio è con la squadra Vannelli.”
Cosa si aspetta?
Vannelli è onesto: “Niente e tutto. Non è il primo mondiale che faccio e so che è un’arma a doppio taglio: da una parte è una fonte di grande entusiasmo, perché tutti vogliono dare il massimo, ma al tempo stesso è la piattaforma dove i migliori baristi si confrontano: il livello è molto alto e ci giochiamo tutto in pochi decimi di punto. Sarebbe pericoloso darsi degli obiettivi, perché la forchetta è molto sottile e il rispetto verso gli altri competitor è davvero molto alto. Da parte mia c’è la volontà, l’impegno e la consapevolezza di voler fare un’ottima prova mondiale. Cerco di non aver alcun tipo di rimorso o qualcosa da recriminare. Il risultato sarà quello che è giusto che sia.
Il mio discorso generale nella vita è che, tolto il primo posto, tutti gli altri valgano relativamente, non lasciano il segno nella storia. Se andiamo indietro negli anni, ci ricordiamo solo di chi ha vinto, non di chi è arrivato dopo. Chi entra in finale ottiene un trofeo che mette sulla mensola di casa per i nipoti, ma è qualcosa che ha valore personale: la storia si ricorda solo dei vincitori, ce n’è soltanto uno.
Quindi non mi do alcun risultato minimo da raggiungere. Ogni risultato è buono ed è lo specchio della propria gara. Preferisco più che altro darmi come obiettivo utilizzare il palcoscenico mondiale nel modo migliore, una vetrina per esprimere la mia identità e la mia visione dell’industria del caffè, i suoi valori per tutta la community. Poi certo, la finale in ogni caso è già una meta prestigiosa e gratificante, a livello personale.”
Parliamo della competizione: Vannelli, cosa la preoccupa maggiormente?
“La logistica mi preoccupa di più: organizzare un viaggio in Australia è impegnativo e ha dei costi elevati. Bisogna gestire anche la parte di ricerca degli sponsor per affrontare la spesa. È necessario tutto il sostegno possibile al team Italia. Anche calcolare bene le tempistiche su quando arrivare in Australia, con il caffè tostato nei tempi giusti, trasportandolo senza rovinarlo, è un aspetto complesso. Cerchiamo di studiare i tempi: arrivare in meno di 22 ore non è possibile. Per esperienza – i miei mondiali sono sempre stati molto lontani – so già un po’ come affrontare queste problematiche. È un dettaglio a cui non si pensa molto, ma il caffè soffre le pressurizzazioni nei voli, nonostante sia facile da trasportare non lo è altrettanto preservarlo in tutte le sue caratteristiche: dallo shock termico, ai giorni di maturazione, alla freschezza, è importante cercare di controllare il più possibile tutte le micro variabili.
Che ovviamente si moltiplicano più è lontana la destinazione del mondiale. Nel training noi dobbiamo considerare anche questa criticità. L’obiettivo è riuscire a portare a Melbourne tutto il mio team, perché la gara appartiene a ciascuno di loro. Portarli in Australia è un atto di riconoscimento del loro lavoro e della loro voglia di fare bene. Senza fare individualismi.
Il livello è davvero molto alto: ci sono delle nazioni che hanno tanta esperienza nel mondo gare, come l’Australia, gli Stati Uniti o il Giappone e la Cina, che sulla parte brewing hanno segnato grandi risultati e possono contare alle spalle una storia importante. D’altra parte però, ormai la globalizzazione ha portato qualsiasi barista a poter conquistare la gara. Tutti i competitor hanno le loro carte da giocare ed è la parte bella del mondiale: conta soltanto quello che avverrà in quei minuti e nelle due gare tra compulsory e open service. È difficilissimo fare delle previsioni su chi arriverà al primo posto, ma è questa la vera sfida.”