MILANO – L’esperto Mauro Illiano, coffee expert nonché curatore della Guida dei caffè e delle Torrefazioni d’Italia, ha scritto un articolo sull’analisi sensoriale del caffè insieme al professor Michele Armano, trainer analyst di grande esperienza. Secondo i due, i sensi non sono un elemento di contorno della vita: questo è particolarmente vero per quanto riguarda il caffè, il quale contiene più di 1000 composti volatili, ma solo 30/40 di essi possono essere avvertiti chiaramente dall’essere umano.
di Mauro Illiano e Michele Armano
MILANO – “Il mondo del caffè è molto particolare. In realtà, a dispetto della straordinaria passione che l’uomo nutre nei confronti di questa bevanda, quasi mai chi beve caffè si concentra abbastanza sulle sue caratteristiche sensoriali, rimanendo all’interno di un cliché che tende a considerare il caffè una bevanda mono gusto e mono aroma.
Il caffè contiene più di 1000 composti volatili che possono essere rilevati analiticamente con opportuni strumenti di misura ma solo 30/40 possono essere da noi avvertiti chiaramente variando le percezioni da un individuo all’altro in funzione della propria sensibilità.
Basti pensare che tutti i giorni si vendono milioni di prodotti quali caramelle, gelati, merendine, al sapore di caffè. Ma cosa significa sapore di caffè? Che sapore ha il caffè? È davvero possibile ridurre variabili quali specie botaniche, varietali, cultivar, origini, metodi di lavorazione, gradi di tostatura, scelte di ricetta, sistemi di estrazione, in un unico e solo profilo sensoriale?”
L’importanza dell’esperienza sensoriale
“I sensi non sono affatto un elemento di contorno nella nostra vita. Questi rispondono agli stimoli e necessitano di un vero e proprio allenamento per un utilizzo consapevole.
Esistono delle tecniche per degustare meglio, come quella di fare delle brevi pause olfattive e gustative durante i pasti per non affaticare il sistema sensoriale o di pulire il palato con acqua oligominerale a temperatura ambiente e cracker senza sale per neutralizzare il gusto.
Nel caso in cui l’olfatto si assuefà c’è una soluzione, annusare il proprio corpo. Curiosamente l’odore corporeo è in grado di resettare l’olfatto.
Inoltre, la variabilità tra soggetti è altissima. Le soglie di percezione possono variare anche di dieci volte tra persone diverse ed anche di più tra etnie differenti. Fenomeni come l’ipersensibilità e l’anosmia (perdita dell’olfatto) sono assolutamente frequenti. Ecco perché non deve sorprendere che molte persone, bevendo un caffè, sono in grado di percepire i soli aromi di tostato, frutta secca e caramellato, mentre altri riescono ad avvertire centinaia di flavors.”
Il gusto e l’olfatto nell’esperienza sensoriale
“Il modo in cui percepiamo i gusti è un meccanismo incorporato nel nostro cavo orale, in essa ci sono tra 5.000 e 10.000 bottoni gustativi, in grado di attivarsi ogni qual volta inseriamo in bocca elementi solidi o liquidi che, grazie agli enzimi dell’amilasi salivare, attivano una pre-digestione rilasciando micronutrienti come gli zuccheri semplici e molecole di sale. Le molecole gustative stimolano i circa 50/100 recettori presenti all’interno di ogni bottone gustativo inviando segnali dalle terminazioni delle fibre nervose ai nervi cranici e ad altre regioni del tronco encefalico deputate al gusto.
Ma quanti sono veramente i gusti? Tutti, ad esempio, conosciamo i 5 gusti base (dolce, amaro, acido, salato, umami). Ma non tutti sanno che in realtà l’essere umano è in grado di provare anche altre sensazioni, oltre ai cinque gusti fondamentali. Queste riguardano la stimolazione trigeminale, chiamata chemestesi, data da temperatura, consistenza, dolore e freschezza che non implicano l’attivazione di recettori sensoriali. Ne sono un esempio la capsaicina (peperoncino) che riscalda il palato, la piperina (pepe) che pizzica il palato o il mentolo (menta) che rinfresca.”
Scomporre l’esperienza
“È bene ricordare che il nostro organismo è in grado di percepire molte sensazioni all’unisono a patto che i nostri sensi funzionino bene. Se beviamo un caffè otturandoci il naso, ad esempio, di tutte le sue complesse sfumature percepiremo solo l’amaro o forse l’acidità. Il cibo, infatti, la sua lettura aromatico gustativa, è un lavoro di squadra multisensoriale svolto da olfatto, gusto, tatto e sensazioni chemestetiche in associazione a vista ed udito.
Per potersi approcciare in maniera ragionata alle tante variabili in grado di influire sul profilo sensoriale di ogni cibo, occorre scomporre un’esperienza complessa in altre meno complesse.
Ad esempio, esistono delle costanti da tenere in debita considerazione. Una delle constatazioni essenziali riguarda il fatto che il cibo in generale (il caffè non fa certo eccezione), modifica in maniera esponenziale il suo sapore una volta cotto, ed ovviamente il grado di cottura è determinante.
Per aiutarci nella spiegazione prendiamo ad esempio il sedano rapa, che se da crudo presenta sentori di legno e di agrumi, da cotto assume note dolci che lo rendono abbinabile con carne, formaggi e funghi.”
Il profilo aromatico
“Altro esempio di trasformazione del profilo aromatico da crudo a cotto ci viene dallo zenzero. Il suo gingerolo lo caratterizza con note di lemongrass e coriandolo. Ma se lo si cuoce ecco che i gingeroli diventano zingerone, molecole più speziate e dolci, perdendo parte della piccantezza.
Tutto ciò accade anche per il caffè che da crudo non restituisce sensazioni aromatiche piacevoli, poiché per lo più tendenti a note verdi di erba, sentori di terra, patata, e talvolta anche di muschio e muffa. Da cotto, grazie alle reazioni innescate dall’apporto di alte temperature, tempo e PH (reazione di Maillard, scissione di Pirolisi, degradazione di Strecker), il profilo muta considerevolmente, variando appunto tempo di esposizione a temperature elevate si può avere un caffè più o meno acido, più o meno astringente con un diverso corpo e sapore.
Parametri che influiscono sull’aroma definitivo del caffè. Temperature più elevate danno note più amare mentre temperature vicine ai 200° nella fase di tostatura aumentano l’acidità. La famigerata reazione di Maillard è una delle maggiori responsabili della creazione di nuovi aromi in molti alimenti. Se nel caffè è in grado di generare sentori bruni, nella cottura della carne, quando l’esposizione al calore è prolungata, questa forma nuovi composti solforati.
Ma il caratteristico aroma di carne, attraverso la degradazione di Strecker, si ha quando avviene la scissione della cisteina, un aminoacido importante per la creazione dei composti attivi conferitore dei caratteristici odori che associamo alla carne cotta.
D’altronde, tornando al cibo in genere, uno dei profili aromatici più intriganti, sebbene non gradito a tutti, è quello legato alle pirazine, che restituiscono un bouquet di terra, verde, fungo e geranio ma anche del piacevole tostato.”
Temperatura e maturazione
“Tuttavia, i composti volatili si riducono con l’applicazione del calore, perdendo così freschezza e passando quindi dal profilo verde alla patata cotta dovuto alla maggior concentrazione di una sostanza chimica chiamata metionale.
La temperatura non è l’unica variabile in grado di incidere sullo spettro sensoriale del cibo. Lo stato di maturazione, ad esempio, è una delle variabili più incidenti sul profilo gustativo che esso assume. Si prenda ad esempio la banana, le cui note acido-caseose sono simili a quelle dello yogurt e quando questa è molto matura la molecola aromatica che la caratterizza è l’acetato di isoamile.
L’eugenolo è invece il composto responsabile di sentore di chiodi di garofano. A un certo punto, però, quando questa incomincia a scurirsi, il suo profilo gustativo vira su sentori caramellati di sciroppo d’acero. Ecco quindi dimostrato che lo stato di maturazione dei frutti è di per sé un altro elemento determinante.”
Lo scibile aromatico nell’esperienza sensoriale
“Ma il caffè, il suo frutto, ha veramente il potenziale per esprimere tutti i flavors che gli esperti dicono di percepire quando lo assaggiano? Ebbene sì.
Lo scibile aromatico che è possibile ritrovare all’interno del mondo delle piante è veramente impressionante. Per comprenderne la complessità, però, bisogna andare un po’ oltre le primissime sensazioni. Prendiamo ad esempio il cocomero, che oltre alle riconoscibili note di cetriolo (famiglia a cui appartiene), presenta sentori grassi, note di geranio e di fiocchi di avena, che l’associano aromaticamente ad anacardi o all’alga wakame.
Lo stesso avviene anche per il caffè, che se da un lato è descritto semplicemente come tale (es. aroma di caffè) in realtà racchiude in sé migliaia di possibili sfumature e combinazioni aromatiche, che vanno dal floreale della viola, al fruttato dell’ananas, da sentori legnosi a profumi di pepe o cardamomo, solo per citarne alcuni.
E la temperatura di conservazione? È in grado di incidere sugli aromi? Decisamente sì. La manipolazione del cibo e la temperatura a cui esso viene conservato incidono in maniera determinante. Un esempio? Ci arriva dai pomodori, che se da crudi hanno composti volatili dai sentori erbacei, dopo il taglio, a causa della rottura delle cellule, gli enzimi e le molecole di ossigeno trasformano gli aminoacidi in nuovi composti aromatici.
Inoltre, il pomodoro perde fino al 65% dell’aroma a temperature inferiori a 12°, ovvero se posto in frigorifero anche qualora si cercherà di riportarlo a temperatura ambiente le molecole aromatiche verranno inibite.”
La valutazione aromatica
“Nella valutazione aromatica di un cibo così come di un caffè, non deve sfuggire poi la visione d’insieme. Il mondo degli aromi, infatti, è senz’altro complesso, ma anche ricco di espedienti e tratti comuni. Un esempio ci giunge dalle erbe aromatiche o dal famigerato basilico. Il suo inconfondibile bouquet è basato su note speziate di anice, canfora, agrumi, sentori legnosi e pepati. Nulla di introvabile insomma. La sua traccia aromatica sarà infatti ricostruibile mediante l’ausilio di agrumi, ginepro, lemongrass, chiodo di garofano, anice, rosmarino, timo, ecc.
Questo significa che un medesimo risultato complessivo è spesso raggiungibile con l’aggregazione di sentori aromatici appartenenti anche a famiglie diverse. Le percezioni odorose non sono una semplice somma di ciò che riusciamo ad individuare anche quando ci mettiamo con la tazzina davanti.
Se in un prodotto sono miscelati più di quattro componenti, gli odoranti perdono la loro individualità e producono una nuova percezione dalla qualità olfattiva unica.
Il fenomeno del synthetic processing fa sì che il nostro olfatto inizi a fare una vera e propria sintesi di ciò che percepisce singolarmente. Pensando quindi alle infinite ricette a base caffè, occorrerebbe concentrarsi su quante sintesi olfattive siano possibili quando si mescolano acqua, caffè, latte, zucchero, cacao, miele, ecc.”
Il condizionamento associativo
“I meccanismi di apprezzamento del cibo sono molto complessi, e si intrecciano indissolubilmente con le nostre costruzioni mentali. Il flavour/flavour learning, ad esempio, si basa sull’associazione di ingredienti graditi a sgraditi o nuovi per imparare ad apprezzarli. Trattasi di un “condizionamento associativo”, ovvero della tendenza ad associare un sapore conosciuto e gradito ad uno nuovo o sgradito, ed è essenziale per apprezzare il secondo. Un esempio? L’aggiunta di zucchero o di latte nel caffè.
Come ben noto, il dolce è il gusto più apprezzato dall’uomo, pertanto aggiungendolo ad un caffè amaro o acido lo renderemo più piacevole ed accettato. Il tempo consentirà poi di apprezzare quel caffè non più dolcificato. Quindi l’associazione con il dolce avrà sortito il suo effetto.
Allargando l’orizzonte dell’analisi sensoriale applicata al mondo del caffè, interessante è, certamente, la frontiera dell’abbinamento cibo – caffè. Poco, anzi pochissimo è stato sin ora esplorato questo interessantissimo universo.
Eppure, forse, basterebbe partire dall’enorme lavoro di studio e ricerca condotto nel mondo del vino oramai da oltre 50 anni. Gli abbinamenti cibo-vino, infatti, si basano su principi chiave quali: Vini dolci: portano in equilibrio i cibi speziati e si sposano con il dessert ove riescano a superarlo in dolcezza.”
Possono essere accostati ai cibi salati e a quelli grassi
“Vini astringenti: riescono a sgrassare il cibo ma non amano l’accostamento con i cibi salati.
Vini acidi: stanno bene con il cibo acido, con il cibo salato e con gli alimenti grassi.
Vini corposi: vogliono un match con i cibi pesanti
Il principio dell’assonanza vuole abbinamenti tra vini e cibo del medesimo profilo (dolce con dolce, acido con acido, ecc.), quello della contrapposizione si basa sul principio opposto (es. dolce con salato, sapido con dolce, ecc.).
Ciò conferma che l’alchimia del gusto è un percorso affascinante e fatto di sperimentazione e che il mondo del caffè dovrebbe senz’altro prendersi più sul serio in termini di abbinabilità al cibo. Si pensi alla ricchezza tattile e gustativa offerta da temperature calde e fredde della bevanda, da sistemi di estrazione e volumi differenti, da concentrazioni di amaro ed acido dissimili, dalla possibilità di ricettare la bevanda caffè ed alle tantissime combinazioni date da chicchi raccolti e tostati in ogni angolo del pianeta.”
Le potenzialità del caffè
“Alla luce degli argomenti appena sfiorati risulta evidente la necessità di andare in profondità sulle potenzialità di espressione della bevanda caffè.
In un momento storico in cui si discute tanto del prezzo del caffè, della necessità di rendere consulenza ad una ristorazione sempre più interessata a questa bevanda ed offrire delle risposte chiare a consumatori oramai avvezzi ad esperienze sensoriali nuove, si ritiene che una rivoluzione non possa che partire dalla risposta alla prima domanda posta in testa a questo nostro articolo.”
Riguardo agli autori
“Che sapore ha veramente il caffè? Mauro Illiano è un coffee expert nonché curatore della Guida dei caffè e delle Torrefazioni d’Italia. Michele Armano è un Trainer Analyst di assoluta esperienza, egli collabora in qualità di giornalista, docente e recensore per le più importanti scuole di formazione d’Italia e per altrettante riviste specializzate.”
Michele Armano e Mauro Illiano