MILANO – Un team di ricerca dell’Università di Reading ha scoperto che la molecola responsabile della parosmia, cioè dell’alterazione dell’olfatto, è presente in diversi alimenti tra cui il caffè. Questa molecola prende il nome di 2-furanmetanolo. Riportiamo di seguito l’interessante articolo scritto da Andrea Giuli e pubblicato sul portale LaSvolta.
La causa della parosmia
Quanti di voi hanno perso gusto e olfatto dopo il Covid-19? Molte persone non bevono più il caffè perché sentono un retrogusto di bruciato, altre non riescono più ad assaporare il cioccolato perché non ha più alcun gusto, per loro. Si tratta della parosmia.
Alcuni scienziati hanno identificato la molecola responsabile della parosmia, una condizione debilitante per cui alcuni aromi possono essere distorti o diventare disgustosi: si chiama 2- furanmetanolo e si trova, tra gli altri, anche nel caffè.
Anche altri cibi possono scatenare la parosmia: cipolle, aglio, carne, cioccolato. Ma non solo: può capitare anche con prodotti dall’odore pungente, particolarmente ricchi delle molecole attive identificate dagli scienziati e che sono soggette a distorsione, come il dentifricio o la menta.
Lo studio è partito da questo elenco per capire se vi fossero particolari composti al loro interno da incolpare
Gli scienziati hanno condotto un esperimento coinvolgendo 29 persone con parosmia e 15 senza: hanno usato l’odore del caffè macinato, quello più divisivo, come soggetto principale dello studio e l’hanno fatto annusare ai volontari.
Hanno utilizzato l’olfattometria gascromatografica, presentando loro le diverse componenti dell’odore del caffè, e chiesto una descrizione di ogni singolo composto.
Così, i ricercatori hanno potuto individuare i composti che scatenavano la parosmia e individuare, in particolare, il 2- furanmetanolo, che provocava reazioni ben diverse tra loro: chi aveva un regolare senso dell’olfatto la descriveva come simile al caffè o ai popcorn, mentre chi soffriva di parosmia la accostava a un odore disgustoso e ripugnante.
La ricerca
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Medicine, ha mostrato 15 diversi fattori molecolari scatenanti di questo sintomo.
La dottoressa Jane Parker, direttrice del Flavor Center dell’Università di Reading, nel Regno Unito, e coautrice della ricerca, ha spiegato che si tratta di un grande passo avanti nella ricerca, perché finalmente è stato dimostrato che non si tratta di un problema “nella testa” delle persone, ma il senso di disgusto può essere correlato ai composti distorti negli alimenti.
Il dottor Satyanarayana Mysore, pneumologo del Manipal Hospital di Bangalore, in India, ha affermato che non si tratta di una condizione limitata al Covid-19, ma esisteva già in precedenza.
Anche altre infezioni o alcune malattie neurologiche che colpiscono il sistema nervoso sono associate a questa condizione.
Il caffè dopo il Covid
Secondo un recente sondaggio internazionale, circa il 10% delle persone con perdita dell’olfatto correlata al Covid ha sperimentato la parosmia subito dopo aver avuto la malattia e la cifra è salita al 47% tra i sei e i sette mesi dopo.
Intrappolando l’aroma del caffè, il team è stato in grado di testare i singoli composti del caffè su volontari che avevano la parosmia e confrontare la loro reazione con chi, invece, non ne soffriva.
Tra i 29 volontari, gli scienziati hanno trovato 15 composti comunemente identificati che hanno innescato la parosmia.
Come spiega il britannico Guardian, il naso ha più di 400 diversi tipi di recettori olfattivi, ognuno sensibile a diversi aromi.
La sostanza chimica 2-furanmethanethiol ha una soglia eccezionalmente bassa per essere rilevata e quindi è forse una delle prime sostanze chimiche a tornare sul radar di una persona che ha perso il senso dell’olfatto.
Uno dei ricercatori, Simon Gane, del Royal National Throat Nose and Ear Hospital, ha dichiarato al quotidiano che “abbiamo ancora molta strada da fare per comprendere questa condizione, ma questa ricerca è la prima ad approfondire il meccanismo nel naso. Ora sappiamo che ha a che fare con i nervi e i loro recettori”.