MILANO – In questi giorni sta facendo il giro del web la classifica che ha mappato il costo di un espresso lungo tutto lo Stivale, da Nord a Sud, individuando le città in cui si è registrato lo scontrino più alto e quello più basso.
E’ una fotografia di un comparto che sta vivendo un momento critico legato al post pandemia e al rincaro di tutte le spese, dalle materie prime all’energia, sino ai trasporti: la questione però rischia di limitarsi solo a numeri e listini, dimenticando invece la tematica più importante ovvero, quella della qualità della tazzina proposta.
Per cui vogliamo tentare insieme a Francesco Sanapo, per altro protagonista proprio di recente di una battaglia attorno a questo stesso punto critico, di analizzare e approcciare il fenomeno da un punto di vista differente rispetto alla semplice lista di prezzi.
Sanapo, che cosa non va nell’articolo sui prezzi dell’espresso?
“Semplicemente il fatto che si parla sempre e soltanto dei prezzi. Si può scrivere del caffè in altri modi, senza esclusivamente andare a caccia della cifra più bassa. E’ un messaggio sbagliato che si dà al consumatore. Si deve puntare piuttosto sulla tracciabilità e sulla qualità del prodotto, valorizzandolo per questi motivi. Un caffè può costare anche tre euro, l’importante è capire il perché: a partire dalla sua varietà botanica specifica, conoscendo i metodi di lavorazione dietro a quel chicco e così fare uno step up generale della comunicazione sulla bevanda. Questo è l’obiettivo più grande. Non capisco perché deve vincere sempre il prezzo più basso.”
In che modo penalizza l’attività di chi come lei spinge sullo specialty?
“Penalizzano in realtà l’intero settore caffè, il reparto al completo, non solo i coffee shop di specialty. Fare comunicazione corretta porta a un’evoluzione globale. Se invece il lettore riceve solo l’informazione relativa al prezzo più basso, pensa a città come Firenze o Trieste popolate da dei truffatori. Mentre semplicemente, si trovano dei caffè che si pagano di più per la qualità. Sottolineare solo i centesimi in più o in meno della tazzina, è un discorso superficiale. Bisogna raccontare invece i differenti prezzi in base alle differenti qualità. Le classifiche come quelle de Il Sole24Ore non hanno dei veri contenuti da proporre e questo mi fa tristezza.”
I rincari comunque ci sono, è innegabile, per motivi che esulano semplicemente dalla qualità: Sanapo, cosa vorrebbe invece comunicare al consumatore finale?
“Come dico sempre: il caffè, anche prima della pandemia e dei rincari, non era più sostenibile a un euro. Quindi attualmente l’aumento dei prezzi è ancora in proporzione squilibrato: il prezzo ideale oggi, che ci piaccia o meno, dovrebbe comunque fissarsi attorno ai 2 euro per poter coprire tutti i costi attorno alla tazzina, almeno se si vuole fare qualità.
Almeno dovrebbe esser questo il discorso, ma onestamente anche un caffè di qualità meno elevata non può più esser venduto a un euro: non è un guadagno per nessuno, in primis per il gestore. Certo poi vincerà alla lunga il più bravo, il più capace, il più professionale.
Idealmente la classifica che vorrei leggere è quella sul caffè è più buono e il perché è il più buono. Ci vuole un’emancipazione da parte di tutti. Un miglioramento della percezione generale: non ci sto a leggere queste liste dedicate al prezzo più basso.”