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venerdì 22 Novembre 2024
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Godina: dall’Eugenoides alla Stenophylla, un viaggio tra le specie botaniche del chicco

Parola all'esperto: "Tra le 120 differenti specie del genere Coffea ci sono numerose che sono in grado di adattarsi bene a climi con temperature più calde ma nessuna di queste ha un flavore e attributi agronomici simili a quelli della C. Arabica o della C. Canephora e quindi non risultano convenienti per produzioni su larga scala"

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MILANO – Andrej Godina, caffesperto ben conosciuto dagli operatori di tutto il settore, dalle origini sino alla tazzina, ha deciso di condividere con i lettori un suo interessante approfondimento sulle varietà botaniche del caffè: un argomento molto utile se lo si inserisce all’interno di un discorso più ampio legato alla diffusione della conoscenza attorno a questa bevanda e, di conseguenza incentivare alla qualità a partire dalla selezione del verde per poi arrivare a un ottimo risultato finale. Arabica e Stenophylla, Eugenoides: cerchiamo di fare chiarezza con Godina che è anche autore della Guida del Camaleonte che, tra l’altro, presenta al suo interno argomenti di questo genere.

Godina: le specie botaniche del caffè, l’origine della specie Coffea Arabica e la riscoperta della Coffea Stenophylla

di Andrej Godina

La pianta del caffè appartiene alla famiglia delle Rubiacee, genere Coffea a cui fanno riferimento moltissime specie botaniche. Nei paesi di produzione del caffè le uniche due specie che hanno una valenza commerciale sono la Coffea Arabica e la Coffea Canephora. Le altre, per diversi motivi come la resa di produzione, la resistenza alle malattie e ai parassiti, la qualità di tazza, non sono coltivate in modo estensivo.

Albero del caffe, Guida del camaleonte (foto concessa)

Negli ultimi vent’anni, ovvero da quando la Specialty coffee Association ha iniziato a promuovere una nuova cultura del caffè di qualità: i coltivatori, i torrefattori e infine i clienti appassionati hanno scoperto il mondo della C. Arabica di alta qualità e delle diverse decine di varietà e cultivar appartenenti a questa specie. In alcuni frangenti di questa nuova comunità di consumatori appassionati, hanno iniziato ad emergere qualche micro lotto di altre specie botaniche.

La curiosità di alcuni micro torrefattori e di baristi specialty nell’assaggiare novità e prodotti rari ha spinto alcuni produttori di caffè a coltivare la C. Liberica, la C. Eugenioides, la C. Stenophylla e varietà botaniche della C. Arabica che in passato erano state abbandonate soprattutto per la scarsa produzione della loro produzione come per esempio la Laurina, Geisha, Pink Bourbon.

La regione nativa della Coffea è individuata in Africa, in particolare nell’area centrale che sembra essere quella di origine di tutte le principali specie. In epoca antica l’Arabica era presente nel sottobosco delle foreste africane del sud-ovest dell’Etiopia e del nord del Kenya, ad altitudini comprese tra 1300 e 2000 mslm. Solo in tempi recenti le analisi molecolari e citogenetiche hanno permesso di chiarire l’origine di questa specie che si deve all’ibridazione naturale tra due ecotipi delle specie C. Eugenioides e C. Canephora.

La bassa divergenza genetica tra i genomi di C. Arabica e quelli delle sue specie progenitrici supportano l’ipotesi che questa sia il risultato di un evento di speciazione che si è verificato con molta probabilità tra l’anno 10.000 e 50.000 a.C.

La C. Arabica rispetto alle altre specie appartenenti al genere Coffea differisce per avere 44 cromosomi invece di 22

Tutte le specie di Coffea sono diploidi (2n = 22 cromosomi) eccetto C. Arabica che ha un corredo cromosomico tetraploide (4n = 44 cromosomi). Per questo motivo si suppone un’origine allotetraploide che significa che è il frutto dell’incrocio di due specie diverse diploidi con genomi parzialmente omologhi (allotetraploidia segmentale).

Recenti studi scientifici e analisi compiute su dna cloroplastico e ribosomale hanno permesso di confermare che il dna cloroplastico di C. Arabica è simile a quello di C. Eugenioides e, dal momento che nelle piante di caffè è stata dimostrata l’ereditarietà materna dei cloroplasti, C. Eugenioides è considerato il più probabile progenitore femminile.

D’altro canto, il dna ribosomale di C. Arabica è invece simile a quello di C. Canephora che quindi è considerata il più probabile progenitore maschile. Il numero più elevato di cromosomi della specie C. Arabica rispetto alla C. Canephora e la differente composizione chimica spiegano in modo esauriente l’eclatante differenza di queste due specie in tostatura e nella qualità di tazza. Inoltre la C. Arabica è autofertile, ovvero una stessa pianta è in grado di impollinarsi da sola senza avere la necessità del polline proveniente da altre piante.

Godina esamina il problema del cambiamento climatico

I paesi coltivatori di caffè, presenti nella fascia tropicale del pianeta, si trovano a confrontarsi con gli effetti, a volte devastanti, del cambio climatico che in un’ottica di lungo periodo rischiano di mettere in ginocchio la produzione della C. Arabica. Un recente studio scientifico ha indagato sulla capacità della C. Arabica ad adattarsi all’aumento delle temperature e allo stesso tempo ha indagato sulla possibilità per la specie C. Stenophylla di essere una specie coltivata in modo estensivo.

La C. Arabica è originaria degli altopiani etiopi dove l’altitudine media è molto elevata, tra i 1000 e i 2500 mslm e dove le temperature medie annue oscillano tra i 18 e 22°C. La C. Arabica è molto sensibile e delicata nei confronti della Coffee Leaf Rust, la ruggine del caffè, un fungo aggressivo che attacca le foglie e che può decimare una piantagione in un tempo brevissimo di uno o due mesi.

La C. Canephora, varietà Robusta, gradisce un clima più caldo, altitudini meno elevate ed è molto resistente all’attacco dei parassiti e delle malattie. Sul mercato internazionale del caffè verde c’è una netta differenza di prezzo tra la C. Arabica e la C. Canephora dovuta soprattutto al fatto della migliore qualità in tazza della C. Arabica. Tra le specie di caffè coltivate c’è una piccolissima produzione fatta di C. Liberica, anch’essa venduta a un prezzo inferiore della C. Arabica in quanto la qualità in tazza non riesce a essere particolarmente elevata.

Tra le altre specie la Coffea Eugenioides è prodotta in alcuni paesi in quantità davvero piccole, infatti è rarissima da trovare

E possiede una buona qualità di tazza con i suoi chicchi sono in un crivello molto piccolo, meno della metà di un chicco medio di C. Arabica. Anche per la C. Eurgenioiodes la produzione media annua di un albero è bassissima. Tra le 120 differenti specie del genere Coffea ci sono numerose che sono in grado di adattarsi bene a climi con temperature più calde ma nessuna di queste ha un flavore e attributi agronomici simili a quelli della C. Arabica o della C. Canephora e quindi non risultano convenienti per produzioni su larga scala.

In questo panorama la C. Stenophylla, una specie endemica della Guinea, Sierra Leone e Costa d’Avorio, potrebbe essere presa in considerazione per questo scopo per le sue caratteristiche specifiche. Nel suo territorio nativo questa specie cresce ad un’altitudine attorno ai 400 mslm e resiste bene a temperature anche elevate e sembra che la sua qualità di tazza sia piuttosto elevata.

La C. Stenophylla sembra anche avere una buona produttività, resiste abbastanza bene a periodi lunghi di siccità e il suo crivello medio è simile a quello della C. Arabica. Alcuni tentativi di coltivazione di questa specie risalgono a prima del 1920 che cessarono nel momento in cui la C. Arabica si dimostrò di migliore qualità e la C. Canephora di maggiore resistenza alle malattie con una produttività più elevata.

Solamente in anni recenti un gruppo di ricercatori hanno messo a confronto dei campioni di Coffea Stenophylla con altri di Coffea Arabica proveniente dall’Etiopia e dal Brasile e con campioni di Robusta indonesiana

L’assaggio alla cieca di questi campioni ha dimostrato che la qualità in tazza di C. Stenophylla è molto buona, simile a quella di alcuni caffè pregiati della C. Arabica. Uno dei probabili motivi per i quali la qualità di tazza è sorprendentemente elevata rispetto ad altre specie potrebbe essere individuata nella presenza e nelle quantità di due composti chimici, la trigonellina e il saccarosio, due precursori aromatici presenti anche nella C. Arabica.

Il livello di trigonellina nella C. Stenophylla e nella C. Arabica è pressoché identico, così come anche l’ammontare di saccarosio. Questi due composti chimici sono presenti anche nella C. Canephora ma in quantità decisamente inferiori. La C. Stenophylla della Sierra Leone ha un contenuto di caffeina di 0,9–1,9% mentre quella della Costa d’Avorio ne contiene una percentuale molto maggiore ovvero di 2,05–2,64%.

Riferendoci ora alla specie C. Canephora, questa è invece originaria delle grandi pianure ricoperte da foreste umide dell’Africa tropicale. Inizialmente si distinguevano due tipi genetici principali, la varietà Kouillou e la Robusta. Il Kouillou rimane un genotipo importante in quanto da questo deriva la varietà Conilon, ampiamente coltivata in Brasile.

Le varietà botaniche della Canephora si sono sviluppate in particolare in Africa Centrale, in Costa d’Avorio, Camerun, R.D. del Congo, Repubblica Centroafricana e in Guinea. Anche se le specie di caffè si trovano dal livello del mare fino ai 2500 mslm, la maggior parte, e nello specifico poco più del 65%, si sono adattate a un’altitudine inferiore ai 1000 m.

Alcune specie come C. Canephora, C. Liberica, C. Salvatrix, C. Eugenioides crescono in
regioni a elevate altitudini, mentre altre specie gradiscono altitudini più basse a partire dai 500 mslm come la C. Heterocalix, C. Kapakata, C. Sessiflora, C. Stenophylla. La C.
Arabica si è adattata perfettamente a crescere a altitudini cha partono dagli 1000 m e in alcuni casi si estendono fino a raggiungere i 2500 mslm.

Quali scenari ci riserverà il mondo della produzione del caffè nei paesi di origine nel prossimo futuro?

Godina: “A mio parere e per esperienza diretta nella coltivazione e nell’assaggio tecnico del caffè, credo che il mondo dei paesi di produzione non ci riserverà grandi novità che possano in qualche modo influire sulla coltivazione estensiva della C. Arabica e della C. Canephora. Queste due specie sono così diverse tra di loro e la qualità di tazza della C. Arabica è così nettamente diversa rispetto alle altre specie che non ci sarà alcuna competizione tra specie.

La filiera del caffè, invece, deve iniziare un cambiamento serio e massivo di gestione nella fissazione del prezzo del verde che non può più essere legato alla quotazione sulle borse merci. Il caffè è una coltura che può adattarsi molto bene al cambio climatico, anche per la C. Arabica, ma questo processo richiede formazione agricola e di gestione delle malattie da parte del coltivatore e nuove infrastrutture di irrigazione e processamento.”

Albero dei varietali della specie Arabica – Guida del Camaleonte www.guidadeicaffe.com

Bibliografia:
https://doi.org/10.1038/s41477-021-00891-4 “Arabica-like flavour in a heat-tolerant wild coffee species”
Craft and Science of Coffee – Folmer, Britta

Andrej Godina

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