ROMA – Tutto il comparto caffè sta ancora metabolizzando l’occasione persa anche quest’anno per la candidatura Unesco del rito dell’espresso, che aveva trovato tutte le comunità emblematiche coese attorno a un unico progetto: ad esser la favorita verso Parigi è stata un’altra istituzione della cultura made in Italy, ovvero l’Opera lirica.
Un simbolo che innegabilmente ha il suo valore nel mondo, che però lascia spazio a tanti quesiti sul perché la tazzina non sia passata nonostante l’appoggio arrivato anche dal presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, uno tra i tanti nomi più noti come quello anche dell’attore Lino Banfi che insieme al Conte Giorgio Caballini e ad Antonio Quarta ha firmato la carta dei valori in rappresentanza della Puglia.
Insomma, ci si continua a chiedere: che cosa non ha funzionato? Quali sono stati gli elementi che hanno fermato il dossier dell’espresso? Una possibile considerazione, esaminata da una prospettiva puramente politica, la condividiamo dall’articolo di Gianfranco Ferroni su iltempo.it.
Unesco: perché anche il 2022 non è andato a buon fine?
«Niente da fare, nel Pd non c’è peggior nemico di chi fa parte del tuo stesso partito»: dalle parti del governatore della regione Campania Vincenzo De Luca.
Cosa è successo?
Viene imputata al «pessimo rapporto» con il ministro della Cultura Dario Franceschini l’ultima clamorosa bocciatura targata commissione nazionale Unesco della candidatura del caffè italiano espresso a emblema del patrimonio culturale tricolore. Colpa della presenza di Napoli tra le città protagoniste del caffè?
Che poi ce n’erano altre dieci, insieme al capoluogo campano
Tra l’altro è stato fatto trapelare dalla Commissione italiana dell’Unesco, di emanazione governativa, che il dossier era stato «molto apprezzato» dai componenti del direttivo, ma il voto alla fine è risultato negativo.
Se si tratta di una guerra di nervi tra De Luca e Franceschini, chi ci ha rimesso è stato il caffè…