MILANO – Quella che si concluderà a settembre non è stata un’annata facile per la caffeicoltura messicana: gelate, piogge fuori stagione e l’eccessiva umidità hanno creato condizioni favorevoli al proliferare della ruggine del caffè, che ha riscosso il suo tributo anche a queste latitudini, sebbene in modo meno drastico rispetto a quanto accaduto nei paesi del centro America.
Secondo quanto stimato dal Gain Report del Servizio Estero del Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti (Usda), la produzione di caffè 2013/14 del Messico ha subito un calo di circa 850 mila sacchi rispetto al 2012/13 (-18,3%) scendendo a 3,8 milioni di sacchi, in massima parte (3,6 milioni) di arabica.
Colpa della roya – come già detto – che ha iniziato a infierire sulle piantagioni degli stati più meridionali circa 3 anni fa, per propagarsi poi su larga scala nelle principali aree caffearie. I danni sulla produzione dell’annata 2012/13 sono stati relativi, poiché la diffusione del parassita si è estesa a raccolto già concluso. Ben peggiori le conseguenze sull’annata corrente. La malattia ha colpito alcune tra le principali aree degli stati di Chiapas, Veracruz, Oaxaca e Puebla, con le gravi conseguenze già descritte. Va detto che le stime produttive ufficiali del governo messicano per l’anno in corso sono leggermente più ottimistiche, rispetto a quelle di Usda (3,9 milioni di sacchi). A ciò fa riscontro, però, il pessimismo del settore privato, che stima la produzione di quest’anno in non più di 3,1 milioni di sacchi.
La ruggine del caffè non è tuttavia l’unico problema. Da anni il comparto messicano del caffè accusa ritardi e problemi strutturali: le pratiche colturali non sono sempre adeguate; molte piantagioni sono ormai obsolete e andrebbero rinnovate; la fertilizzazione è spesso inadeguata e insufficiente; i costi di produzione (come ovunque, del resto) risultano in forte crescita. I governi locali hanno cercato, in questi anni, di venire incontro ai produttori sostenendo il rinnovo degli arbusti con nuove varietà più produttive e resistenti. Altri interventi hanno riguardato il recupero delle aree abbandonate e la promozione delle varie certificazioni (bio, equosolidale, ecc.), che hanno già dato risultati significativi.
Una legge adottata dallo stato di Veracruz sta contribuendo allo sviluppo della filiera incoraggiando il commercio, la trasformazione e il consumo del caffè nell’ambito dello stato.
Le tecniche si stanno comunque evolvendo e alcuni produttori sono riusciti ad accrescere la densità di impianto a oltre 5 mila arbusti per ettaro. Sta prendendo sempre più piede, inoltre, l’utilizzo di colture intercalari (in particolare alberi da frutto, come il lime o l’avocado), vantaggiose sia in termini economici che di gestione agronomica sostenibile della piantagione. La voce che incide di gran lunga di più (circa l’80%) sui costi di produzione è quella della manodopera. Si sta cercando di porre rimedio a questo problema attraverso un accordo con il Guatemala, che consente ai braccianti di questo paese di venire a lavorare in Messico, con un permesso temporaneo della durata di sei settimane, durante la stagione di raccolto.
Il governo federale ha varato, a fine aprile di quest’anno, la Nuova politica caffearia nazionale, che prevede interventi per migliorare la profilassi fitosanitaria, la creazione di un centro di ricerca, innovazione e sviluppo tecnologico, una maggiore diffusione degli strumenti finanziari per la gestione del rischio e altri tipi incentivi. Il principale strumento operativo nell’attuazione di questa politica sarà il programma Procafé, messo a punto dal Ministero dell’agricoltura (Sagarpa) nell’ambito del Programma di promozione agricola. Le attività del programma Procafé sono rivolte all’incremento della produzione e della produttività, ma anche al miglioramento delle infrastrutture agricole in 12 stati produttori (Chiapas, Colima, Guerrero, Hidalgo, Jalisco, Nayarit, Oaxaca, Puebla, Querétaro, San Luis Potosí, Tabasco e Veracruz). A tale scopo, il governo ha stanziato 52,4 milioni di dollari.
L’area complessiva coltivata a caffè (stimata attualmente in 737.295 ettari) si sta riducendo da alcuni anni, a causa delle avverse condizioni meteo (in particolare delle gelate e dei regimi irregolari delle precipitazioni), considerate da molti una conseguenza diretta del mutamento climatico.
È bene ricordare che circa il 35% del caffè messicano è coltivato sopra i 900 metri di altitudine e un ulteriore 43,5% della produzione si concentra in una fascia altimetrica compresa tra i 600 e i 900 metri. Prevale tuttora la produzione di arabica (varietà Bourbon, Caturra, Catimor, Catuai, Maragogipe, Mundo Novo, Garnica e Typica), ma i raccolti di robusta sono in crescita, anche per venire incontro alle esigenze di approvvigionamento dello stabilimento Nescafé di Toluca, uno dei più grandi al mondo.
Per la prossima annata caffearia, il report prevede che la produzione crescerà marginalmente a 3,9 milioni di sacchi, di cui circa 200.000 di robusta. L’export passerà dai 2,816 milioni di sacchi di quest’anno a 2,916 milioni.
Parallelamente, il Messico importerà 1,19 milioni di sacchi di caffè in tutte le forme, costituiti in massima parte da caffè verde (880.000 sacchi, provenienti principalmente da Brasile, Vietnam e Indonesia) e solubile (240.000 sacchi). I consumi interni sfioreranno i 2,2 milioni di sacchi.