MILANO – Wce World coffee roasting champion 2017 a Pechino, proprietario dal dicembre 2020 del flagshipstore a Forlì, La Caffeteca: Rubens Gardelli sa sicuramente di cosa parla quando si affronta il tema del caffè verde in termini di qualità e valorizzazione attraverso il corretto grado di tostatura. Con lui abbiamo voluto approfondire diversi aspetti dei sistemi delle aste che regolano spesso il mercato degli specialty più costosi, esplorando alcune curiosità attorno alle novità delle varietà botaniche e ai trend dei campionati.
Mentre in Italia si dibatte sul prezzo della tazzina a 1 euro o un euro e 50 si è svolta la Indonesia Cup of Excellence che ha messo in luce come a livello internazionale, il protagonista alle aste è ancora il Geisha a prezzi altissimi.
Tuttavia le aste sono andate un po’ in controtendenza rispetto al segnale ricevuto alle competizioni mondiali, dove ha spopolato l’Eugenoides.
Gardelli, qual è la tendenza futura quindi?
“La tendenza futura è la stessa registrata nei precedenti anni è, cioè, l’interesse nelle novità. In questo caso si tratta dell’Eugenoides ed è abbastanza recente: la prima volta in cui è stato portato da Sarah Anderson, la campionessa brewers cup americana rappresentata da Intelligentsia Coffee, è stato durante il mondiale del 2015. Quando ho assaggiato quel caffè ho riscontrato una tazza con delle potenzialità ma non al suo meglio, dato che la fermentazione non era ancora stata studiata perfettamente.
Il punto è che nelle aste si va sempre a cercare qualcosa che prima non era mai stato visto. Un altro esempio è il Kenya con LS28 ma esportato e coltivato in Costa Rica, che ha vinto il campionato mondiale baristi dallo sfidante dell’UK e che attira le curiosità e quindi i prezzi più alti in fase di contrattazione.
Quindi l’ultimo trend coinvolge spesso o un processo di fermentazione nuovo che restituisce qualcosa di diverso in tazza, o una varietà botanica appena evoluta, oppure coltivata in una nazione in cui non è usuale trovarla.”
Il Geisha è ancora il top o sta avvenendo un cambio?
“Il Geisha è ancora il top. A parte l’Eugenoides che è una varietà botanica estremamente rara, il Geisha rappresenta ancora il numero uno per quanto riguarda il profilo sensoriale in tazza. In particolare se coltivata su altitudini di un certo livello, con un buon processo di fermentazione, dà risultati straordinari sempre. Poi ovviamente altre varietà botaniche possono presentarsi a prezzi maggiori per i motivi che abbiamo spiegato in precedenza. Ma un Geisha di varietà pura, coltivata ad una certa altitudine, con un processamento di fermentazione e di picking al massimo, rappresenta ancora una quasi imbattibilità finale.”
Gardelli, ci può dare una dimensione della produzione mondiale del Geisha tra tutte le origini, tra panama, Etiopia?
“Non conosco i chilogrammi prodotti esattamente. Il Panama rimane la nazione numero uno per i Geisha di qualità, subito seguito dal Colombia, che nonostante alcune volte possa superare i lotti del Panama, ancora non lo ha soppiantato come paese di riferimento, in quanto i chicchi più puri sono stati selezionati in quest’area. Sono entrambi comunque in prima linea per quanto riguarda la fermentazione. Ovviamente il Geisha si trovano anche in Etiopia, dove è nato, nella zona del Geisha Village.”
Varietà come l’Eugenoides o Liberica, raggiungeranno mai i livelli di prezzo del Geisha in queste aste secondo lei?
Gardelli fa un po’ di chiarezza: “Ci sono dei Geisha che non sono eccellenti: dire Geisha semplicemente non dice tutto. La verità è che ce ne sono molti che si presentano con una purezza meno elevata. Il Geisha dev’essere un chicco allungato, non tondeggiante, più largo e lungo. Molti Geisha di cui mi sono arrivati i campioni non erano affatto così e anche in tazza si sentivano non restituire quei sapori tipici dei Geisha.
Eugenoides dall’altra, è talmente raro che spesso chi li tratta ne possiede le varietà più pura. La Liberica se non erro, è invece molto più simile alla Robusta: ne ho assaggiato due o tre e hanno dei chicchi molto grandi. È quasi un Geisha più grande, ancora più allungato e non è una varietà che potrà mai competere con i Geisha 100%. L’Eugenoides invece sì: ha un sapore talmente unico, completamente diverso dal
Geisha, che potrebbe superare il livello qualitativo di alcuni Geisha. Alcuni Eugenoides sono più costosi del Geisha.”
Gardelli, come si spiega il forte interesse del mercato giapponese proprio verso il caffè dell’Indonesia?
“Mi risulta una novità. Non ho mai sentito di questo particolare interesse, anzi: i giapponesi tendenzialmente si focalizzano sull’etichetta e quindi sulle Cup of Excellence. Cercano un sistema di certificazione che li aiuti a capire che il caffè che stanno bevendo è di qualità. Perché il Giappone ha esperienza sul tè ma meno sul caffè: è un mercato ricco, con delle nicchie solide e sono disposti a pagare molto un po’ tutti i caffè nelle aste, soprattutto i Cup of Excellence. Il mercato è molto avanzato in termini qualitativi: puntano il verde costoso. Poi come lo tostano e servono è un altro discorso (molto scuro e quindi tendenzialmente che ne rovina le caratteristiche).”
E gli italiani? Comprano Geisha?
“Alcuni italiani lo fanno, ma sono una minoranza. I mercati principali di chi compra Geisha tostati sono mercati ricchi come appunto il Giappone, gli Emirati Arabi, gli Stati Uniti e qualche benestante in Europa. Parliamo di caffè che possono esser acquistati da iper appassionati che investono magari il 50% del loro guadagno mensile su questi prodotti o da chi è molto ricco. L’italiano già di per sé ha una cultura molto tradizionalista rispetto a questa bevanda e la maggior parte ignora cosa sia il Geisha. Quindi, quando vedono un prezzo che mediamente varia tra 50/60 euro per 250grammi e può anche salire in base al lotto, ne stanno alla larga. Io ne vendo ben pochi, una percentuale minima del Geisha che acquisto in verde.”
Quali sono le caratteristiche del Geisha che lo rendono così pregiato e conteso?
Gardelli racconta: “Un’acidità molto spiccata, una dolcezza e florealità superiore rispetto ad altre varietà. Complessità aromatiche uniche: quando si assaggia un Geisha puro, è palese anche per i palati meno allenati. E’ giusto che il Geisha si sia fatto strada come il miglior caffè del mondo, perché lo è effettivamente se ben processato, di varietà pura e di una certa altitudine.
Dipende da come viene lavorato: può esser il Geisha lavato, che personalmente adoro perché esprime il terroir della varietà al suo massimo, floreale, jasmin, note di gelsomino e bergamotto, e una complessità aromatica elevata. Con una buona acidità, un retrogusto lungo. Mentre nel naturale esprime più il suo lato tropicale ma sempre supportato da un’eleganza floreale di fondo, di pulizia del palato, anche con questo metodo.”
Gli acquirenti hanno sborsato più di 360.000 dollari per i 26 microlotti dell’asta: come commenta questi prezzi, considerato il contesto attuale?
“Non ne ero a conoscenza ma non mi stupisce. Come posso giudicarlo? Li valgono davvero? Se c’è gente che li compra, significa di sì: il mercato si autoregola. Io noto la tendenza da quando esiste il meccanismo delle aste, che si stabiliscono nuovi record di vendita ogni volta e ancora non si è arrivati alla stagnazione, ai picchi dei prezzi. Considerato poi il generale rincaro delle materie prime, tutto è aumentato.
Esprimo una mia opinione personale: ritengo che il prezzo nelle aste non giustifichi la tazza, ma sia un’espressione di un mondo di collezionisti. Un rolex vale davvero 40mila euro? Alla fine il suo valore lo dà chi è disponibile a pagare quella cifra. Continuando il ragionamento: se per un determinato lotto di Gesha, si pagano 5000 o 10mila dollari al chilo, l’esperienza sensoriale che si vive sarà così tanto superiore rispetto a quella offerta da un altro Geisha di un lotto comprato fuori asta a dei prezzi che sono 10 volte inferiori?
La risposta è no: una tazza non è 10 volte superiore in termini di qualità solo perché è messa all’asta con un prezzo altissimo rispetto al lotto di un altrettanto eccellente Geisha, ma venduto dalla farm che non è entrato nello stesso sistema. Fin dove arriva quindi il confine tra collezionismo e esperienza gustativa?
Queste sono dinamiche economiche che subentrano e che però non c’entrano necessariamente con un’effettiva differenza qualitativa in tazza.”
Gardelli, è come se a livello di un mercato premium, il problema dei rincari non sia effettivamente un ostacolo
“Assolutamente non lo è. Faccio un esempio: ho aumentato senza neppure comunicarlo tutti i prezzi dei miei caffè a inizio anno e non ho ricevuto neppure una email di richiesta di chiarimenti, tanto meno di protesta. Chi è del settore sa del fenomeno dei rincari, soprattutto in Italia in cui ogni giorno viene annunciato dai telegiornali. Il mercato conosce già il problema, soprattutto poi quello premium. Niente è cambiato: le persone che si muovono su questo livello sono benestanti, quindi gli eventuali aumenti non
hanno influenzato in negativo.”
E qual è l’impatto economico effettivo di questa vendita, per i farmers indonesiani che puntano sul Geisha?
“C’è l’elemento novità di cui parlavamo prima: il mercato è sempre alla ricerca di nuove tendenze. Il Geisha dell’Indonesia è il primo anno che esplode in questa zona: avranno aspettato almeno 4/5 anni per far spuntare gli alberi, poi altro tempo per superare il primo raccolto e avere poi una migliore qualità. Parliamo dell’Indonesia, una nazione gigante con tantissime isole. L’impatto che questa vendita avrà avuto sarà stato positivo per l’economia: le aste trattengono una piccola percentuale destinata a chi le gestisce, attorno al 5%, mentre tutto il resto viene spedito dalla compagnia di esportazione a cui il farmer si affida. Quindi i coltivatori hanno dei riscontri molto positivi, perché la maggioranza dei prezzi pagati dai compratori va a loro.”
Quale è stato il caffè dell’ultima tostata e quale sarà la prossima
“Procedo in ordine alfabetico quando tosto: ho un software che mi indica i chilogrammi che devo tostare per ogni singola origine ogni giorno. Tosto tre giorni alla settimana, lunedì, mercoledì e venerdì, solo la quantità che mi viene richiesta dalle aziende e dai privati. Non tosto di più e non faccio scorte. Le persone sanno che ricevono a casa loro o nei propri bar e uffici, qualcosa di tostato massimo 3 giorni prima. Tosto, impacchetto e spedisco nella stessa giornata: faccio tutto in breve tempo e alcuni giorni sono faticosi.
Uno tra gli ultimi che ho tostato è il Tolubatac, T di Torino, dell’isola di Sumatra dall’Indonesia ed è uno dei caffè che preferisco. Mi ricorda gli inizi, quando ho cominciato come roaster: è lui che mi ha fatto innamorare di quell’isola. Poi c’è l’Araku India, comprato ad un’asta online.”
Quale è il caffè che gli piace di più personalmente
“La riposta è semplice: Mzungu project. Mi piace di più per come risulta nel cupping, che noi facciamo come quality test a ogni tostata, dopo due giorni di riposo per capire come si evolvono i caffè verdi e anche restare allenati con il palato e comprendere se si mantiene la coerenza con i voti che indichiamo sull’etichetta o se invece alcuni sono invecchiati.
È un single origin in Uganda a cui applico un tipo di fermentazione speciale. Si tratta di un progetto che mi permette di pagare il farmer molto di più rispetto al prezzo stabilito dal mercato: già due o tre anni fa è riuscito a costruirsi una casa nuova. Quindi è un prodotto finale che ha anche una valenza etica ad un premium price che aiuta il business in origine.
Nel cupping è il più costante, quando arriva in tazza lo indoviniamo sempre. Ma il caffè più straordinario è l’Euganoides che ho anche avuto tra le mani e che dovrebbe tornare a breve. Lo stesso lotto con cui Diego Campos ha vinto il campionato baristi, insieme agli altri concorrenti che sono arrivati tra i primi. Di base ha un sentore unico e in più è stato processato in maniera perfetta. Quando l’ho assaggiato per la prima volta nel 2015 non era granché, sembrava un’acqua di riso e si è posizionato quarto al campionato di brewers cup. A Host 2021 invece, hanno indovinato il giusto processo e il risultato è stato strepitoso.”
E quello che vende di più?
“Dobbiamo fare una distinzione: ho un solo blend e poi gli altri sono tutti monorigini. Non è giusto paragonare le due cose. In termini di chilogrammi sicuramente vendo di più nei bar White Swan 100% Arabica, un blend fatto con un raccolto della piantagione di mia moglie, con una percentuale di Etiopia lavato per conferirgli l’aromaticità floreale. Se vediamo invece i single origin il Mzungu Project: è ciò che mi identifica come monorigine perché è il progetto che ho fatto nascere e sviluppare da solo. È arrivato in finale del world brewers cup nel 2017. I miei clienti lo riconoscono in tazza.”
Gardelli, quello che vorrebbe avere ma ancora non ha?
“Vorrei riuscire ad assaggiare una varietà scoperta da un botanico di Londra Aaron P. Davis, la Coffea stenophylla. È un ricercatore che discute spesso nei suoi video del rischio a cui sono sottoposte le varietà botaniche che esistono in numero troppo basso per poter garantirne la sopravvivenza in futuro, e ha svolto degli studi nel Madagascar dove esistono delle varietà botaniche di caffè uniche. Ha portato a Londra un chilo di Coffea stenophylla, da lui scoperta, e io vorrei assaggiarla. È interessante sia come strumento di ibridazione con le varietà commerciali attuali, sia da esser bevuta in purezza per le sue proprietà
organolettiche. Penso che in tutto il mondo lo avranno assaggiato dieci persone.”