MILANO – La divulgazione della cultura attorno alla tazzina si nutre dell’iniziativa di tanti professionisti che conoscono il valore della bevanda in tutti i suoi modi di esprimersi, lungo l’intera filiera. Una voglia di condivisione che si esprime attraverso vari canali: dalla formazione diretta ai baristi, alla creazione di contenuti che avvicinino il consumatore finale all’universo del caffè di qualità. Tra questi attori promotori di conoscenza, Massimiliano Mattone, che si è lasciato trasportare dalla sua vocazione all’insegnamento realizzando il piccolo manuale “Il barista di casa”. Di questo e di tutte le altre sue attività, abbiamo voluto parlare con lui.
Mattone, innanzitutto perché un barista decide di diventare autore di un libro di divulgazione?
“Ho sempre avuto la passione di condividere e divulgare. Specie perché, quando è stato il mio turno di esser formato, hanno trasmesso il proprio know-how facendomi pesare il fatto che loro fossero già dei professionisti, cercando di rendermi le cose difficili. Ancora oggi c’è questo meccanismo: io so, ma non voglio condividere le mie conoscenze, per una sorta di competizione che si instaura con i ragazzi, non ci si immedesima in chi abbiamo davanti e spesso si diventa saccenti, rischiando di danneggiare anche il lavoro dei formatori
meritevoli. Questo è quello che mi successo.
Per cui, il giorno in cui ho imparato qualcosa, mi sono sentito in dovere di invertire questa rotta e trasferire le mie conoscenze a chi desiderasse apprendere. Da ragazzo uscito dalla scuola alberghiera, ho fatto le mie prime esperienze nelle cucine per poi spostarmi nel bar: mi piace di questo ambiente proprio il confronto e il dialogo che si può avere con i consumatori. Corrisponde alla mia voglia innata di scambio.
Ovviamente non mi sono mai sentito un vero scrittore, per cui il libro che ho pubblicato non è perfetto dal punto di vista formale, ma non era quella la mia priorità. Nato durante il periodo del Covid, in seguito all’avvio di un piccolo format “60 secondi di formazione”, una serie di video di questa durata in cui procedevo con dei paragoni esplicativi e disponibile su tutti i miei canali social. Con questa impostazione, ho immagazzinato tanto materiale, soprattutto scritto: tutto questo poi è diventato “Il barista di casa”.
Mi sono voluto concentrare su una tipologia di cliente, quello che merita maggiore attenzione, ovvero chi sta a casa. Mi sono chiesto cosa potessi fare per rendere il mondo un po’ migliore e dare il mio contributo per la causa della conoscenza del caffè e del mondo del bar. Allora ho cambiato il mio profilo social, dandomi un nome riconoscibile, com’è quello di barista di casa, il mio alias. Volevo essere una persona semplice che entra nelle case delle persone, con concetti anche molto semplici, per non spaventare il consumatore medio.
Così è nato il libro. È il biglietto per salire sul treno della conoscenza della bevanda. Mi sono posto un po’ come un tramite tra i tecnici e il cliente finale”.
Dalla caffetteria e la sua gestione, alle diverse estrazioni oltre l’espresso: ha pensato il libro più per gli addetti ai lavori o per i consumatori?
“Gli aspetti che si rivolgono agli addetti ai lavori cercano di creare delle sinapsi per i lettori, in modo da capire che il nostro lavoro seppur servile, avrà sempre bisogno di strumenti professionali e di formazione dietro. Propongo i 20 argomenti tratti dalla rubrica 60 secondi di formazione: sono saltuari, scritti in modo tale che restassero leggeri. Sono tutti da leggere in un minuto. E in questo modo i consumatori riescano anche a percepire il reale valore della figura del barista. Non ci si improvvisa.”
Non si parla mai di due cose: specialty e capsule. Come mai?
“Nella questione del libro volevo lasciare in cantiere l’ipotesi di scrivere una seconda edizione per toccare anche lo specialty. Raccontarlo mi sembrava una grande responsabilità e pensavo di coinvolgere qualcuno che fosse più preparato. Ho cercato di trattare l’argomento in maniera blanda, introducendo il concetto di monorigine.
Sulle capsule ci sarebbe da esporsi dando la propria opinione: prima di farlo, voglio valutare bene come approcciarmi all’argomento, avendo consultato tutti i documenti necessari per affrontare la tematica senza dare esclusivamente il mio pensiero su questo metodo di estrazione. Avevo soprattutto interesse con questa prima edizione nel valorizzare il ritorno a dei metodi tradizionali come la moka.”
Invece un capitolo che ci ha molto colpito è quello dedicato alla strumentalizzazione della barista donna: possiamo approfondire questa parte?
“E’ un argomento a cui tengo molto. Purtroppo vivo in una piccola provincia in cui spesso il sessismo è ben radicato. Da qui, il fenomeno della strumentalizzazione del ruolo della donna. Faccio un esempio: un giorno mi è arrivato in un gruppo su whatsapp un video in cui si vedeva una barista dietro al bancone, vestita in maniera succinta, e il titolare lì vicino che incitava un po’ i clienti ad apprezzarla. Io sono rimasto scioccato e mi ha dato molto fastidio.
Ho dovuto riconoscere però che spesso la donna può diventare complice lei stessa di questo meccanismo. Ho voluto quindi sottolineare che il lavoro è una cosa che deve prescindere dal genere e dalla bella presenza, ma deve rispettare la divisa senza strumentalizzazione, da entrambe le parti, datore di lavoro e barista donna. “
E ora cosa c’è nei programmi di Mattone? Un altro libro?
“Ho un progetto in cantiere completamente nuovo e scollegato dal libro. L’apertura di un’attività che comprenderà un nuovo modo di avvicinarsi alla figura del barista e alla caffetteria. Un coffee shop che vende e somministra allo stesso tempo caffè di qualità al dettaglio: il cliente potrà acquistare da noi il suo caffè per casa a seconda che si preferisca il tostato più commerciale o una monorigine.
Ci sarà anche la possibilità di personalizzare l’acquisto con l’aggiunta di spezie da preparare con diversi metodi di estrazione, che noi venderemo. Offriremo anche diversi servizi connessi: il latte d’avena, di soia, la bevanda alla barbabietola, ma anche le attrezzature o le caffettiere filtro per poter approcciarsi in casa. Sono anche un bartender, per cui amo la miscelazione: ho voluto creare qualcosa di unico utilizzando le spezie coriacee che non hanno umidità per non danneggiare il caffè, macinate, e che in piccole percentuali vanno aggiunte nel sacchetto. È frutto di uno studio sviluppato a diretto contatto con il cliente che in questo modo si forma durante il processo di scelta.
Oltre che la possibilità di degustare drink alcolici e analcolici esclusivamente a base caffè con ricette studiate ad hoc. Il caffè che proponiamo è frutto della partnership con Caffè Diemme e Mokasirs. Le macchine saranno performanti: La Marzocco PBX, Casadio, e macinadosatori Florenzato.
Sullo scaffale oltre ad avere il caffè Diemme partner del progetto, daremo spazio anche agli artigiani italiani come le microroastery. Un esempio è Andrea Panizzardi, ma anche Federica Federico da Londra. Altro partner sarà Forno d’Asolo, per la parte pasticceria e panificazione anche per organizzare le giornate di formazione.
Un altro servizio che stiamo pensando per dare valore al consumo domestico, è per riappropriarsi della moka: i clienti potranno portare qui la propria caffettiera e io potrò ricondizionarla ad esempio applicando dei filtri da competizioni, facendo loro vedere come pulirla in base al materiale, e dar loro anche i prodotti adatti alla manutenzione come quelli degli altri del progetto, pulyCAFF. In questa attività, aperta dalle sei del mattino alle otto di sera, si svolgerà somministrazione al pubblico con reparto caffetteria, ricette a base caffè particolari alcoliche per aperitivi in miscelazione.
Si potranno anche condividere gli sharing drink in moka, V60. Accanto ci sarà una saletta con vetrata a vista dedicata a un’aula di formazione. Ci tengo infine a sottolineare che in tutto quello che faccio c’è la volontà di dare un contributo a tutto il mondo caffetteria e del bar.
Lo studio del naming e del logo sono frutto della collaborazione con l’azienda esperta di marketing di Milano “ I am a bean”, questo perché nulla oggi può essere affidato al caso. Infatti, il termine bottega, dal latino Apotheca, indicava in origine, un luogo destinato a riporre oggetti di ogni sorta, quindi un locale, dove venivano esposte e vendute le merci o dove gli artigiani esercitavano, spesso su commissione del cliente, la loro attività.
In epoca rinascimentale la “bottega” diviene un luogo in cui si insegnava l’arte e si imparavano i mestieri. Da qui la reinterpretazione del concetto di bottega che viene legato al mondo del caffè o come anticamente veniva chiamato Kahve e nasce quindi da bottega + caffe (kahve) = Bottèka, l’arte del caffè, un progetto che dà spazio ai prodotti, alla caffetteria alla miscelazione del caffè ed alla formazione.
A questo studio si aggiunge la collaborazione con l’azienda di progettazione e realizzazione, Pj design che ha interpretato al meglio i miei desideri ed il lavoro fatto con il marketing. Per me questa è la dimostrazione del potere della condivisione.”
Su Instagram, potete seguire questo nuovo progetto.