MILANO – Viaggiare in questi ultimi anni è diventato piuttosto complicato, al punto che in tanti hanno rinunciato più volte a spostarsi da una nazione all’altra. Un problema sicuramente che ha influenzato la comunicazione e i rapporti tra l’origine e l’estremo opposto di una filiera particolarmente lunga e complessa: i paesi coltivatori e chi consuma la tazzina, sono i due poli che dovrebbero incontrarsi per elevare la qualità di ciò che si beve e le condizioni di vita e di salario di chi lavora nelle piantagioni.
A fare da ponte tra queste due realtà così lontane, ancor più negli ultimi tempi, arriva l’iniziativa BootCamp Coffee Fields: cinque giornate nelle fazende brasiliane, a diretto contatto con la terra, con la materia prima e le sue lavorazioni. Un progetto che ha solide basi, tra teoria e pratica, di cui ci ha parlato uno degli attori direttamente coinvolti, Luis Fernando, barista, trainer, appassionato studioso del chicco coordinatore dell’iniziativa per quanto riguarda l’Italia.
Il progetto BootCamp Coffee Fields in Brasile: ci racconti come è nata l’idea, chi l’ha iniziata e in cosa consiste esattamente?
“Bootcamp Coffee Fields nasce dal desiderio del Dottor Lucas Louzada, Phd e K.J. Yeung, Q-Grader e specialista del caffè, di creare un’esperienza di immersione unica nel mondo dei chicchi di qualità in Brasile. Hanno deciso di riunire il meglio della teoria e della pratica in modo che i partecipanti abbiano il massimo in termini di utilizzo e apprendimento.
Durante 5 giorni sul campo, gli iscritti al Bootcamp divideranno il tempo tra le attività svolte all’interno di un laboratorio di ricerca presso un Istituto di istruzione superiore e tra le coltivazioni di caffè per seguire lezioni tenute da scienziati specializzati sulla materia prima e da produttori. Come “progetto del corso”, ogni membro avrà l’opportunità di creare e progettare un nano-lotto di 20 kg. Potrà raccogliere il chicco a mano nelle fattorie e ne seguirà tutte le fasi di lavorazione.
Al termine del periodo di elaborazione che sarà successivo al soggiorno in Brasile, il prodotto finito/lavorato verrà spedito nel paese di origine di chi ha partecipato al BootCamp Coffee Fields. Inoltre, durante le giornate di immersione vera e propria, è prevista anche una parte didattica con focus sulla tostatura e la degustazione dei caffè della regione per sviluppare una comprensione più profonda delle loro caratteristiche aromatiche.
I partecipanti possono anche decidere di estendere il pacchetto dell’esperienza e visitare alcune caffetterie nelle città di Vitória e San Paolo, principalmente per entrare in contatto con la scena degli specialty coffee shop in due centri dai profili urbani molto diversi, per un totale di 9 giorni”.
Con l’ostacolo Covid, in pratica come si potranno aprire fattorie per chi arriva dall’altra parte del mondo?
“L’organizzazione si prenderà cura di studiare tutti i dettagli per gli spostamenti, rispettando e aggiornandosi rispetto ai requisiti stabiliti dall’OMS, Organizzazione mondiale della Sanità, per garantire la sicurezza e il benessere dei partecipanti. In primo luogo, si occuperà di far rispettare l’obbligo di presentare la documentazione che dimostri che il partecipante ha assunto il numero di vaccini a disposizione nonché la certificazione di un test negativo effettuato fino a 72 ore prima del viaggio. I partecipanti alloggeranno in stanze singole (salvo diversa richiesta), le mascherine saranno obbligatorie durante le lezioni e le pratiche.”
Come è possibile far parte del gruppo, quali sono i costi, quando si parte, come vi si può contattare?
“L’evento è appena stato lanciato sul suo sito ufficiale.
E’ possibile ancora accedere ad un prezzo promozionale in euro:
-la formula di 7 day pass Regular 1049/ Early bird 939 euro.
-Il pacchetto di 9 day pass Regular 1448/ Early bird 1338 euro.
L’organizzazione sta ancora studiando una tariffa speciale per i gruppi. I dettagli sono disponibili sul sito di BootCamp Coffee Fields.”
Facciamo un passo indietro e conosciamo meglio Luis Fernando, che ci ha fatto conoscere il progetto BootCamp Coffee Fields
“Sono nato in Brasile a São Paulo il 26 giugno 1982. Ho vissuto lì fino ai dieci anni quando io e mio fratello siamo stati adottati da una famiglia italiana. Sei/sette anni fa volevo smettere di lavorare la notte, dato che avevo iniziato (penso come molti giovani) come bartender. Non volevo però smettere di lavorare dietro al bancone, dato che mi piace lavorare a contatto con il pubblico.
Così mi sono messo alla ricerca di un corso professionale specifico sul caffè e ho trovato il mio mentore, Andrea Antonelli, grandissimo professionista della Street Coffee. Grazie a lui mi sono appassionato a questa bevanda e al mondo dietro la tazzina. Dal quel giorno non mi sono più fermato, partecipando a svariati corsi con diversi trainer, perché mi piace confrontarmi con più approcci didattici_ penso che ognuno abbia qualcosa da dare e ciascuno possa veicolare informazioni che completino il quadro.”
In Brasile per far formazione e cultura in contatto con i farmers: cosa le ha insegnato questa esperienza e perché è così importante?
“Tre anni fa ho seguito un corso di caffè verde e degustazione, alla Sindicafè (sindacato del caffè di São Paulo) con una grandissima professionista Camila Arcanjo nonché attualmente parte della mia famiglia. Grazie a lei mi sono buttato nell’insegnamento: inizialmente ho sempre detto di no, perché non mi sentivo pronto e avevo ancora da apprendere e da conoscere. Poi quest’ anno, dopo avermelo richiesto ancora una volta per un corso di latte art basic, ho deciso finalmente di accettare il suo invito, collaborando con la Espresso Academy di Firenze, per la quale lavoro oggi.
Avevo segnato in agenda anche la visita nella fazenda Forquilha do Rio della famiglia De Lacerda situata in Caparaò, con i quali ero a già contatto. Ho sempre seguito gli sviluppi della Coffee of the years e avevo notato che le regioni del Caparaò e dell’Espirito Santo avevano vinto svariati premi: volevo capire, vedere e assaggiare i caffè di questi luoghi. Certo con un po’ di timore di non trovarvi più niente, dato che il raccolto dei caffè brasiliani termina a settembre.
Invece per la mia felicità, ho potuto assistere ad ogni fase della raccolta, del processo e anche della fioritura. Questo perché ci sono regioni dove il raccolto può protrarsi fino a dicembre con la Colheita tardiva. Ho scoperto che una stessa pianta, può regalarti aromi totalmente differenti, in base al periodo di raccolto, paragonabili a molti caffè africani.
Ancora in Brasile ho potuto rivalutare la Canephora, che in Italia tanto piace impiegare all’interno nelle miscele e che però spesso viene considerata qualitativamente inferiore all’Arabica: eppure la Canephora stessa ci rivela una realtà opposta. Anche io ero arrivato con il pregiudizio ben radicato che tale varietà servisse solo per i blend.
Inoltre durante i corsi alla Sindicafè ho potuto partecipare alla settimana della Coffee of the Years e al concorso sulle Canephore di qualità. Insieme al team della Sindicafè abbiamo preparato dei caffè che poi venivano degustati e valutati da professionisti Q-grader (Camila Arcanjo e kJ ).
Quando finivano potevamo degustarli anche noi. Durante il concorso sulle Canephora di qualità, ho potuto assaggiare dei Conillon di Espírito Santo veramente ottimi e da quel giorno ho capito che il Brasile sta crescendo attraverso l’applicazione di ricerche e pratiche per offrire Canephora di altissima qualità.
La stessa Brazilian Specialty Coffee Association (BSCA) ha ampliato il proprio portafoglio di certificazione di qualità del caffè, includendo anche i produttori di caffè Canephora, che coltivano le varietà Robusta e Conilon in Brasile, oltre a mantenere la certificazione per la specie Arabica.
La decisione è stata presa dall’ente “dopo una serie di analisi e osservazioni del lavoro che i produttori della filiera Coffea Canephora svolgono in Brasile, puntando sempre più sulla qualità, l’eccellenza e ottenendo risultati molto espressivi”. Ho capito in questo modo che non esiste solo la Arabica ma anche la Canephora di qualità, grazie al professore Lucas ricercatore su questo tema, dell’Istituto Federal di Venda Nova do Imigrante.”
L’esperienza fatta nella città di Venda Nova do Imigrante (Espírito Santo)
“Qui ho potuto conoscere i ragazzi della Farmers Coffee, che nasce nel 2019 grazie al sogno di quattro giovani agricoltori (Dério Brioschi, João Paulo, Luiz Henrique e Phelipe Brioschi) nella regione dell’Espirito Santo, in Brasile. Sono figli di coltivatori, che hanno cercato di conciliare la tradizione delle loro famiglie con l’innovazione necessaria per far evolvere la produzione.
Dopo essersi laureati in Scienze e tecnologie alimentari, coniugando la loro esperienza maturata sin dalla tenera età sui campi, sono tornati a coltivare caffè, ancor prima di avviare l’azienda vera e propria nel 2019. Collaborano anche con altri microproduttori di Arabica e Canephora della regione Caparaò e Espírito Santo, aiutandoli a ribeneficiare i chicchi con macchinari all’avanguardia, così da servire ai propri clienti una bevanda di altissima qualità e senza difetti.”
Che cosa è la ABIC e su quali criteri qualitativi? Da chi viene adottato e perché? Quali sono le differenze con il sistema Sca?
“L’Associazione brasiliana dell’industria del caffè (ABIC) ha lanciato nel 2004 il programma di qualità che mira a educare i consumatori e far loro scoprire che ci sono differenze tra i vari chicchi. Oltre a certificare il prodotto, l’azienda viene valutata per le buone pratiche di coltivazione durante tutto il processo di industrializzazione per garantirne la coerenza.
La valutazione della qualità della bevanda viene effettuata da assaggiatori formati all’interno di laboratori accreditati attraverso analisi sensoriali e tiene conto, tra le altre caratteristiche, di aroma, acidità, corpo, astringenza, fragranza della polvere e amarezza.
La categoria di appartenenza è determinata in base al punteggio Global Quality (QG) ottenuto su una scala da 0 a 10. Come detto prima, questa classificazione, unica al mondo, aiuta il consumatore a decidere quale qualità di caffè desidera al momento dell’acquisto ed è uno strumento utile per cambiare la percezione dell’utente finale, dimostrando che il risultato finale in tazza non è sempre uguale in maniera indifferente.
Questa metodologia classifica e differenzia i caffè in tre categorie: tradizionali o extra strong, Superior e Gourmet.
Caffè Tradizionali o Extra Fort
Adatto per il consumo quotidiano, ad un costo inferiore. Sono paragonabili ai vini da tavola, che hanno una qualità accettabile ad un prezzo accessibile, per il consumo quotidiano. Sono costituiti da caffè Arabica, Robusta/Conilon o miscele.
Grado HQ >= 4,5 e < 5,9.
Superiori
Di buona qualità e dal sapore più deciso. Sono paragonabili ai vini di fascia superiore, che si collocano nella scala di qualità intermedia, migliori dei tradizionali e/o extra strong e con valore aggiunto. Sono fatti con Arabica o miscelati con Robusta/Conilon.
Grado HQ >= 6.0 e 7.2.
Gourmet
Un risultato eccellente, esclusivo e di alta qualità, dal gusto e dall’aroma più vellutato grazie alla selezione dei chicchi e alla tostatura controllata. Si possono percepire anche note fruttate, cioccolatose e di nocciola. Sono paragonabili ai vini più pregiati, i grand cru, più rari ed esclusivi.
Grado HQ>= da 7,3 a 10.
Il cliente finale in questa maniera, quando si reca al supermercato per comprare il caffè, potrà scegliere in base al suo gusto personale. Sarebbe una bellissima cosa, se la facessero anche qua in Italia, attraverso i Q grader professionisti.
Progetti futuri, insieme al BootCamp Coffee Fields? Lo specialty è una strada un po’ in salita in Italia: come pensa di affrontare la sfida?
“Si costruiscono i progetti giorno per giorno. Sperando che il Bootcamp possa portare i coffee lovers, i baristi, e i professionisti del settore a visitare le fazende di Arabica e Canephora e poter toccare con mano quello che c’è dietro a un seme. Un altro punto importantissimo tra i nostri obiettivi: insieme alla Farmers Coffee desideriamo dare importanza anche ai produttori. Una delle sfide più grandi oggi resta infatti quella di pagare al produttore un prezzo equo e mantenere un buon rapporto tra i coltivatori.
Alla fine, per fare crescere il mondo dello specialty in Italia, servirebbe semplicemente una maggiore condivisione tra i colleghi, fare fronte comune. Il mondo specialty in Brasile è cresciuto moltissimo proprio grazie anche alla rete unita che si è creata tra i professionisti.
In Italia non c’è coesione, si pensa solo al proprio giardino ma poi ci lamentiamo perché lo specialty coffee non si diffonde.”
Luis ha voluto concludere condividendo una testimonianza di uno dei fondatori della Farmers Coffee, Derio: “Quando si parla del Brasile, il mondo di solito vede macchine, pesticidi e produzione in scala. Nessuno vede il produttore, che quotidianamente dedica la sua attenzione a produrre con alta qualità, preservando l’ambiente. Il suo ecosistema è equilibrato, quindi non è necessario utilizzare pesticidi. Questo è ciò che dobbiamo mostrare al mondo”.
Per avere maggiori informazioni: contattare l’e-mail lufe311281@gmail.com o cercare su Instagram Fernando Tartari.