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venerdì 22 Novembre 2024
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LA TESTIMONIANZA – Francesco Sanapo, l’artigiano del caffè a Firenze e quel suo espresso che costa più caro, ma … piace

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FIRENZE – Nel cuore della città troviamo Francesco Sanapo, l’artigiano del caffè a Firenze, tre volte campione italiano di caffetteria, alla ricerca di chicchi pregiati da tutto il mondo.

Chi conosce Francesco Sanapo, proprietario della caffetteria “Ditta Artigianale” a Firenze, da anni racconta di un ragazzino come tanti, cresciuto dietro il bancone a preparare cappuccini nel bar di famiglia, in provincia di Lecce.

In pochi allora avrebbero scommesso che Francesco, classe ’79 – salentino di nascita, fiorentino d’adozione – sarebbe riuscito a capitalizzare quell’esperienza, arricchirla con uno studio costante sulla materia prima e trasformarla nella base su cui costruire in pochi anni una pagina importante della caffetteria italiana.

Fino a conquistare per tre anni di fila – 2010, 2011 e 2013 – il titolo di campione italiano di categoria, arrivando sesto su 54 concorrenti al Mondiale.

Francesco Sanapo, proprietario di Ditta Artigianale a Firenze

Tre successi in quattro anni… Ma nel 2012 qualcosa è andato storto?
“No, quell’anno non ho partecipato perché ero troppo impegnato a studiare. L’aggiornamento costante è indispensabile, in ciò che faccio e per la mia filosofia produttiva: lo studio e la ricerca sono elementi più importanti delle competizioni, per me.

E dire che quando si gareggia a livello internazionale ci si trova di fronte colleghi che si allenano tutto l’anno e sono supportati dalle grosse case produttrici, come accade in Formula Uno. Oggi sono sesto nel ranking mondiale di categoria, ma ciò che mi importa davvero è far capire ai miei clienti la cultura che c’è dentro una tazzina di caffè”

La clientela fiorentina, così come quella italiana, è sufficientemente educata ad apprezzare un buon caffè?
“Una volta lo era molto di più, adesso in Italia la cultura del caffè quasi non esiste più. I nostri nonni erano autentici geni, quelli che hanno creato non solo l’espresso ma tutta la ritualità legata al caffè.

Oggi abbiamo i bar con le slot machine, che danno un chiaro segno della situazione attuale: una volta si andava al bar per stare in compagnia e assaggiare un buon prodotto vissuto come occasione di socialità, oggi c’è chi dietro quelle macchinette si rovina.

Una mia grande soddisfazione l’ho avuta nello scoprire di avere clienti che vengono da San Niccolò o San Frediano a prendere il caffè qui (nella sua “Ditta Artigianale” in via de’ Neri 32 rosso, da poco aperta in collaborazione con Caffè Corsini, ndr), anche se il caffè base costa 50 centesimi più che altrove”.

Ditta Artigianale di Francesco Sanapo, l’artigiano del caffè, si trova a Firenze in via de’ Neri

Una differenza, di prezzo e di qualità, che riesci a trasmettere al cliente?
“Molto spesso sì, per fortuna. I nostri caffè partono da 1,50 euro ma arrivano anche a 8 euro la tazzina, come nel caso dell’Esmeralda Geisha: contrariamente a quanto suggerisce il nome non è giapponese ma panamense, viene coltivato a 2000 metri d’altezza ed è quotato a 59 euro al chilo.

Per noi dire 100% Arabica non significa nulla, è come dire che un vino è 100% uva. Il bello è raccontare la storia che c’è dietro ogni tipo di caffè che uso, come nel caso della piccola piantagione in Guatemala a 1600 metri da cui compro il caffè a 10,90 euro al chilo (contro i 2,80 di un normale caffè guatemalteco): il proprietario, José Hernandez, ne produce solo otto sacchi l’anno e fino a qualche tempo fa li vendeva solo a un giapponese.

Poi ci ha invitati a cena, tutti e due, e ha cambiato idea… In generale, oggi passo tre mesi l’anno all’estero vivendo nelle farm a stretto contatto con i produttori di caffè (dal Puerto Rico a El Salvador, dalla Colombia all’Etiopia), alla ricerca di chicchi di altissima qualità: gente che pur di raccogliere ogni singolo chicco nel momento ideale di maturazione passa dalla stessa pianta anche più volte a settimana”.

Quali sono gli errori più comuni che si commettono, nel preparare un caffè?
“A livello professionale sono la pulizia della macchina, la scarsa attenzione nella scelta della materia prima e la convinzione che l’esperienza maturata sul campo sia sufficiente. Non è così: ripetere mille volte lo stesso gesto non significa aver acquisito una capacità. Bisogna conoscere ciò che si va a maneggiare, per poter offrire un prodotto di qualità: vorrei vedere quanti baristi sanno cos’è il tannato di caseina, ad esempio.

E’ quel composto, difficilmente digeribile, che si genera quando il cappuccino viene servito troppo caldo: l’acido tannico del caffè si combina con la caseina del latte, e il danno è fatto. Il cliente pensa che il cappuccino gli sia indigesto, in realtà l’errore è nella mano.

Eppure gli ingredienti sono pochi: il caffè, l’acqua (che poi è il 97% di ciò che ingeriamo in una tazzina) e una buona tostatura. L’inchiesta di Report (trasmissione RAI condotta da Milena Gabbanelli, ndr) di qualche tempo fa è stata sicuramente utile a far capire ai consumatori finali alcune cose, anche perché abbiamo impiegato un anno a fornire loro il materiale necessario a quell’indagine, ma avrebbero potuto sviluppare più a fondo alcuni punti”.

In che modo un mondo antico come quello del caffè può guardare alle trasformazioni del futuro?
“Beh, che io intenda riportare l’artigianalità italiana nel mondo lo si evince anche dal nome che ho dato al mio locale. Mi sento a tutti gli effetti un artigiano, ma non per questo ignoro gli elementi di modernità. Anzi: l’anno scorso ho creato un reality ad hoc, che quest’anno andrà in scena in Honduras dopo il debutto in Puerto Rico nella passata stagione. Si tratta di Barista & Farmer, un talent show in cui vengono selezionati 10 concorrenti e inviati in una fazenda a lavorare in una zona di coltivazione di caffè, vivendo la vita dei produttori e imparando tutto ciò che c’è da sapere sul caffè. In palio non ci sono montepremi in denaro, solo il diritto di partecipare all’edizione successiva”.

Ditta Artigianale di Francesco Sanapo, l’artigiano del caffè, si trova a Firenze in via de’ Neri

Prima di salutare Francesco Sanapo, diamo un’ultima occhiata a “Ditta Artigianale”, il primo bar dedicato al consumo consapevole di caffè: il bancone è più basso del normale (“per poter mostrare al cliente tutto ciò che facciamo”, spiega) ed è pieno di caffettiere a infusione, a poca distanza dalla macchina industriale (una “Marzocco”, fiorentina anch’essa, insieme alla estrattrice giapponese Hario).

Notiamo che non ci sono zuccheriere in vista e chiediamo spiegazioni. Basta un’occhiataccia per capire la gaffe: per gustare il caffè monorigine percependone gli aromi, l’intensità e l’acidità – scoprendo un prodotto lontano anni luce dal gusto standardizzato e dolciastro cui siamo abituati – lo zucchero è meglio lasciarlo da parte.

Fonte: http://www.tuscanypeople.com/francesco-sanapo-ditta-artigianale-firenze/

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