MILANO – Prosegue la serie di interviste che vogliono comporre il quadro dei nostri baristi e professionisti formati che hanno scelto di vivere e mettere a frutto le proprie competenze all’estero. Siamo ancora dal Regno Unito, con il London Coffee Festival ad ospitare i coffeelovers dal mondo e ci siamo confrontati con Alessandro Zengiaro, campione Uk Latte art 2022, per farci raccontare da lui che cosa significa lasciare casa per affermarsi come professionista in un Paese diverso: quanto diverso e perché sceglierlo? Ce lo ha spiegato il diretto interessato.
Zengiaro, perché ha deciso di lavorare a Londra, per una roastery? Cosa fa di preciso all’interno di questa azienda?
“La decisione di trasferirmi a Londra è nata semplicemente dalla mia voglia di imparare
scoprire cose nuove e, forse, vivere un esperienza diversa. Inizialmente la scelta era tra Londra, Melbourne e Amsterdam e, dopo una serie di ragionamenti, ho deciso che Londra sarebbe stata la meta più giusta per le mie esigenze. E per come sono andati questi due anni e mezzo, posso dire che è stata una scelta che mi ha ampiamente ripagato.
Di cosa mi occupo? Lavoro per una torrefazione, la Assembly Coffee, in particolare nell’ account management and technical department. Principalmente mi occupo della parte ‘technical’ quindi seguendo le riparazioni e il mantenimento dell’equipaggiamento dei nostri clienti, insieme alla gestione dello stock di parti di ricambio e molto altro.
Altra domanda lecita: che cosa ha dovuto studiare per lavorare come tecnico da Assembly?
In realtà più che un titolo di studio mi ha aiutato la mia esperienza e le mie qualità sviluppate nel mondo del caffè. Ero l’uomo giusto perché l’azienda era alla ricerca di una persona con conoscenze su questa bevanda e soprattutto che avesse competenze sulla preparazione del caffè prima, più che di skills più tecniche.
Se dovesse fare un paragone tra la torrefazione in Italia e in Uk, che cosa ci racconterebbe?
“A livello operativo direi che non ci sono grosse differenze: sia le torrefazioni commerciali che quelle specialty lavorano in maniera molto simile alle rispettive realtà italiane. La vera differenza che è interessante sta nei numeri: la richiesta di specialty coffee in UK non è
paragonabile a quella che si ha in Italia. Questa tipologia non è da considerarsi una nicchia di mercato, qui in Inghilterra.
Per quanto sia maggiore la quantità di caffè commerciale, lo specialty corrisponde in ogni caso ad un segmento piuttosto rilevante. Perfino i pub e i ristoranti spesso optano verso una proposta specialty, piuttosto che offrire un caffè commerciale da servire ai loro clienti.
Zengiaro, lei non fa parte dei tanti italiani del settore caffè che sono tornati in patria, complice la Brexit e il Covid: come mai è restato?
“Perché era la cosa giusta da fare. Per quanto riguarda la Brexit, sapevo già prima di partire che sarebbe andata in porto e quindi ero preparato. Fino ad ora non mi ha creato difficoltà tali da farmi pensare di andar via. Per quanto riguarda il Covid invece, ho deciso di rimanere, di nuovo, perché per me era la cosa giusta da fare, e tornare in Italia non mi avrebbe portato nessun vantaggio.. (anzi, non avrei vinto l’UK Latte art Championship).”
Non ci sarebbe bisogno di giovani formati come lei per diffondere cultura e formazione anche in Italia, dove ce n’è tanto bisogno?
“Assolutamente sì. E spero di poter contribuire personalmente a raggiungere questo importante obiettivo. Quando sono partito, era proprio questo il mio piano: non sarebbe stato un viaggio di sola andata. La formazione è fondamentale perché è lo strumento grazie al quale è possibile a trasferire la cultura.
Se in Italia non abbiamo la richiesta per specialty coffee, non è per colpa dei clienti ma, più
probabilmente, dell’industria del caffè che negli anni non ha saputo informare e formare il cliente a riconoscere un prodotto di alta qualità da uno non specialty.”
L’Unesco era a portata di mano: pensa che sarebbe stato un aiuto nel discorso di qualità da far crescere (non solo nel prezzo) nella caffetteria italiana? E sarebbe stato un assist anche per la percezione che ne si ha all’estero?
“Assolutamente sì. La speranza è che quando questo evento, dopo il rinvio al 2023, finalmente si concretizzerà possa portare sotto gli occhi di tutti il valore dell’espresso italiano e mostrare al mondo l’impatto che il nostro paese ha avuto sul mondo del caffè. Ricordiamoci che invenzioni come la macchina espresso o la moka sono solo un esempio dell’apporto dato al mondo del caffe da attribuire al genio italiano
Il barista in Uk deve avere più skills che in Italia? Viene pagato meglio e anche valorizzato come professionista?
Racconta Zengiaro: “Il barista medio in Uk ha più skills che in Italia. Ma questo, come abbiamo visto, è dovuto al fatto che c’è più conoscenza della bevanda qui in UK. Sul discorso invece più specifico della paga legata alla professionalità, ancora una volta direi di sì: certo, non immaginatevi che facendo il barista a Londra si diventi automaticamente ricchi e potenti, pero lo stipendio è leggermente più alto e soprattutto non esistono
(per lo meno mai incontrati) quei furbacchioni che prima ti assumono in forma di stage, poi con contratto a progetto gratuito, poi magari part-time e forse, in ultimo, ti assumono full time.
Questo anche fa si che fare il barista non venga vista solo come opportunità per guadagnare qualche soldo mentre si studia o si fa altro, ma venga vista come una vera e
propria professione su cui basare una carriera.”
Zengiaro, che cosa pensa si debba fare in Italia per innalzare il livello: si deve agire su torrefattori, consumatori e operatori in che modo?
“Questa è una domanda da un milione di dollari. Da quando ho iniziato a lavorare nel mondo del caffè, assisto a questo paradosso: come mai in Italia, nonostante tutto il suo impatto sulla storia della bevanda, non si riesce ancora a far diffondere la cultura di una tazzina di qualità come invece avviene negli altri paesi del mondo. Ed a pensarci non sembra ci sia una soluzione facile al problema.
Deve partire tutto dal cliente che deve iniziare a richiedere solo un determinato tipo di
caffè ed esigere una determinata qualità? Sarebbe la soluzione perfetta. Però, se non sono cosi diffusi i locali in cui si trovano soluzioni di livello alto, come fa il cliente a sapere che ha una scelta? Chissà se troverò una risposta a questa domanda al termine della mia esperienza in UK.”
Lo scoppio della pandemia come ha influenzato la sua carriera professionale? E cosa ha assistito intorno a lei, Zengiaro, nel mondo dell’horeca e della torrefazione?
“Mi ritengo una di quelle persone fortunate per cui la pandemia non ha avuto, professionalmente parlando, significativi risvolti negativi. La stessa cosa però non si può dire del settore dell’hospitality in generale. Paliamo di quello che è successo a Londra che ho vissuto più da vicino: durante i vari lockdowns qui in città il governo ha sempre lasciato molta libertà nel lasciare aperti i locali, qualora venissero rispettate determinate regole.
Nonostante questo, abbiamo assistito a molteplici situazioni in cui molti locali hanno dovuto chiudere. E anche per chi ha saputo adattarsi ed evolversi alla nuova ‘normalità’ della vita di tutti i giorni, la situazione continua a essere delicata e solamente adesso, con l’apparente ‘liberi tutti’ del governo sembra che le cose possano finalmente ripartire.
Per quanto riguarda le torrefazioni, il discorso è semplicemente una conseguenza – meno
locali sopravvissuti e meno gente autorizzata a girare liberamente, hanno portato a grosse
difficolta per molte di queste imprese, grosse o piccole che fossero.
Un altro aspetto difficile che sta fronteggiando l’hospitality è legato alla mancanza di
professionisti: complice anche la Brexit nell’ultimo anno un grandissimo numero di aziende (sia bar, ristoranti, torrefazioni o altro) sono alla costante ricerca di professionisti che adesso sembrano latitare.
C’è anche un problema con i rincari e i trasporti delle materie prime?
“Si, e le cose sembrano che non siano prossime a una soluzione. Con riferimento in particolare al mio lavoro, più ancora che con il rincaro dei prezzi, stiamo avendo difficoltà nel reperire materie prime o nel muovere prodotti attraverso il confine. Dalle parti di ricambio agli equipaggiamenti, dai ritardi e difficoltà di reperire il caffè dai paesi
produttori, alle difficolta nelle vendite extra UK. Gli ostacoli di questo periodo sono davvero molti e mi ritengo fortunato e fiero di far parte di un’azienda che sta riuscendo a destreggiarsi attraverso tutto questo.”
Zengiaro, quali sono i prossimi programmi per il 2022?
“Onestamente in questo momento tutti i miei piani sono concentrati su un solo obiettivo: il mondiale di Milano a giugno, proprio in Italia dopo che la prima sede era stata Varsavia. Erano anni che sognavo di cimentarmi in questa sfida e ora che finalmente sono a un passo dal vivere quell’esperienza. mettendomi in gioco ad un mondiale, sto cercando di focalizzare tutti i miei sforzi fisici e mentali in quella direzione.”