MILANO – Mauro Cipolla, il proprietario di Orlandi Passion, da 25 anni operativo nel mondo del food e people pairing, mette in comunicazione il caffè con la ristorazione. E’ relatore presso le sedi del Gambero Rosso e collabora con Noi di Sala per la formazione dei giovani sul mondo del caffè in sala, nella ristorazione. Un personaggio noto tra gli addetti ai lavori per la sua attività anche di torrefattore che merita di essere conosciuto meglio.
Condividiamo così una sua riflessione che ha come focus principale il caffè filtro e il metodo di degustazione del cupping: che non sono certo due novità per il settore, ma che risultano ancora un mondo da scoprire per molti che operano nel settore dell’ospitalità, tra gestori, baristi, chef e non sempre possono funzionare a dovere: dipende dalla location, dai volumi, dalle attrezzature e dalla cultura. C’è insomma ancora tanto lavoro di comunicazione da portare avanti, per raggiungere infine i consumatori finali attraverso una rete comune che valorizza la bevanda.
Ma soprattutto, bisogna cercare di non cadere nell’errore di mitizzare solo le alternative al nostro rito, come spesso si fa in Italia, dove l’espresso e la sua qualità passa quasi in secondo piano per l’attenzione sconsiderata di estrazioni più di moda.
Caffè filtro? Non sono un concetto nuovo, anzi, alcuni sistemi sono datati ai primi del 1800
E il cupping? Oggi tanto decantato, non è un metodo innovativo di degustazione per i torrefattori: esiste da sempre, anche in termini di qualità. Questa settimana ho raccolto delle domande a dir poco interessanti sul mondo del caffè da alcuni ristoratori e consumatori finali. La prima arriva da uno chef, avendo notato le (per lui) nuove estrazioni mi ha chiesto: “Ma cos’è il caffè alternativo?”.
Un altro mi ha fatto osservare: “L’ho provato e mi sembra un tè più che un caffè come lo intendo io e come lo percepiamo noi italiani da sempre.” E ancora: “Il caffè espresso è quello che la mia clientela preferisce e lo so di certo. Ho provato i caffè alternativi nel mio ristorante in contemporanea all’espresso. Dopo la prima fase di curiosità, sul nuovo, sul diverso, i clienti sono tornati a richiedere un ottimo caffè espresso”.
E poi, un altro: “Inizialmente ero affascinato dal gusto dei caffè alternativi. Mi piacevano le novità del mirtillo, delle more, dei frutti frutti rossi nei caffè che solitamente si trovano nei tè. La mia clientela li ha provati, una o due volte, ma poi è tornata al caffè espresso”.
Tenterò di fare chiarezza
Oggi alcuni si focalizzano sullo spargere informazioni sui caffè filtro e sul metodo del cupping, ambedue vecchi come il cucù nel mondo anglosassone e in quello della degustazione dei caffè professionali (intendo il cupping). Niente di nuovo quindi per il settore dei torrefattori, sia quelli più artigianali che quelli commerciali, sia quelli anglosassoni che quelli di altri Paesi, Italia inclusa. Ma nel nostro Paese è facile fare del semplice marketing e cioè passare solo il messaggio della novità, come se da una parte i caffè filtro fossero una novità mai esistita altrove e come se il cupping non fosse mai esistito per i professionisti in Italia.
E’ molto comodo dimenticarsi di concentrarsi sull’espresso, quello ottimo, perché non è facile crearlo. Ed ecco la cosa davvero interessante: in Italia si è subito pronti a dimenticarsi come fare un ottimo caffè espresso dove ottimo non significa commerciale. Ottimo non significa industriale. Ottimo non significa marchi che sponsorizzano il ristoratore e il bar o caffetteria con elementi che non dovrebbero avere a che fare con tutto il concetto dell’ottimo.
Al contrario proprio come nei caffè filtro alternativi, l’espresso ottimo ha ottime materie prime di crudo, fresche di annata
Esenti da difetti primari e quasi totalmente da quelli secondari, tostati in piccoli lotti, su piccole macchine tostatrici da mani, occhi, orecchie e nasi sapienti, e dal fresco e su ordinazione, confezionato al momento, venduto in piccole pezzature e estratto macinato dal fresco. Insomma i caffè artigianali per espresso, se lavorati in miscela (il metodo storico tradizionale ma eseguito con ottime miscele di Single Origins) o in Single Origin (non è il metodo classico, poiché i Single Origins sono nati per essere lavorati nei caffè filtro e non per l’espresso) possono essere davvero favolosi.
Certo che l’ibrido, il nuovo ibrido, delle miscele Arabica e Fine Robusta a me sembra davvero una scorciatoia furbesca: si ha la resinatura della Robusta ma la si chiama Fine Robusta. Perché non lavorare con solo Arabica fintanto che la natura ce ne regala ancora per qualche tempo?
La tostatura dei caffè filtro è diversa (ma davvero leggermente, sia per le temperature che per la curva di tostatura). Le soluzioni per espresso ottime, sono esattamente concepite come il creare i caffè filtro alternativi dal punto di vista del torrefattore.
Purtroppo per noi italiani, è più difficile passare educazione e informazione sull’espresso quando a confronto con “il nuovo, il diverso”. E anche con il “furbesco”.
Ora vi do un po’ di storia sui caffè filtro alternativi
Intanto non è espresso e non fa parte quindi come metodo di estrazione della nostra cultura antropologica. Anche in Paesi dove la cultura, al contrario, parla da decenni di caffè filtro alternativi, il nostro espresso italiano ha fatto più strada. Anche i torrefattori artigianali locali in quei Paesi, si concentrano sul creare ottimi espresso.
Ma in Italia ci si dimentica dell’espresso. Si guarda al fare notizia e cassa facilmente con le novità, oppure al contrario spesso di vedono espressi scandalosi venduti a poco più di un euro. A proposito, è impossibile fare qualità ad un euro con l’espresso. Ottimo non sarà. Ti piacerebbe vincere facile dando sempre e solo novità esterofile? Oppure con la scaltrezza, la furbizia?
Il problema è che la storia, la cultura, il gusto antropologico di un Paese, non si cancella
I caffè filtro hanno una loro storia nobile, ma in altri Paesi non è nata oggi. Di fatto i caffè filtro o alternativi, hanno una deliziosa armonia (se non sono troppo esasperati dalla scelta delle materie prime troppo vicino ai tè, e tostate troppo chiari, poiché vengono percepite in Italia come amare e squilibrate). Inoltre possono certamente avere delle note aromatiche molto delicate.
Sono però di fatto diversi dall’espresso o dalla moka come da noi intesi, e non solo negli aromi e nel gusto, ma nella struttura, nell’estetica, nell’abbinamento al momento della giornata e ai cibi e ai dolci. Infatti anche i migliori palati, intendono questi caffè filtro alternativi come bevande che sembrano in qualche modo simili ai tè infusi anche in struttura.
Ottimi quindi come alternativa al tè, ma non adeguati, in quanto totalmente diversi, come alternativa all’espresso.
Credo però che potrebbero essere interessanti (li servivamo molto equilibrati in gusti e aromi, nei nostri punti vendita insieme all’ottimo espresso italiano) se non troppo estremizzati dai cultori fissati del nuovo e del diverso solo perché “è diverso”. Certamente interessanti commercialmente in Italia appunto perché una novità, ma, sul lungo periodo, come saranno percepiti?
Certo che se sei a Firenze o a Roma e apri un ristorante dove vi sono molti clienti anglosassoni allora potresti avere una durata di successo interessante nel tempo. Perché non concentrarsi anche nell’ottimo espresso? Secondo me si venderebbero comunque di più espressi di ottima fattura anche agli anglosassoni e questo lo so per certo, visto che ho punti vendita a Seattle, Portland, Boisey, e avuto punti vendita in Italia.
Nei ristoranti non credo che i caffè filtro avranno un impatto positivo a lungo termine
Inoltre il tempo di preparazione di queste estrazioni sono lunghi da proporre in un ristorante. Certo, c’è la scena, la teatralità del preparare questi caffè alternativi e questo può contare ma a quale costo? Credo invece per l’appunto, che queste soluzioni alternative potrebbero essere più interessanti come caffè filtro con gusti più equilibrati, più vicini al caffè per come è inteso in Italia negli equilibri, e non invece sapori molto spinti e più vicini ai tè come storicità.
Questa tendenza in Italia, ci dona e ci donerà un lato positivo, e cioè una migliore attenzione alla qualità della materia prima e l’attenzione ai processi di estrazione
Queste variabili ambedue ampiamente dimenticate da molti torrefattori italiani negli ultimi 25 anni perché, dando spazio alla finanza e alle sponsorizzazioni hanno declassato, e di molto, sia le materie prime il caffè verde, e come i processi di tostatura fresca al momento, macinatura sul momento, ed errate procedure sia di torrefazione che di miscelazione. In sintesi vedo i filter coffees alternativi come un ottimo veicolo educativo verso il consumatore sulle materie prime e sui processi, e comunque la medesima operazione la si può fare sull’espresso o sulla moka, se erogati bene.
Credo che nella ristorazione l’applicazione dei caffè filtro con sistemi di estrazione alternativi risulteranno meno appropriati, visto i volumi troppo bassi per fare da volano con l’educazione, e credo sarebbe meglio vedere questi sistemi utilizzati maggiormente nelle caffetterie e nei bar di alta qualità. Inoltre nei ristoranti per la stessa ragione, verrà a cadere uno dei cardini dei caffè filtro e cioè il concetto di freschezza dal momento della torrefazione. Non vi sarà abbastanza volume per fare girare i caffè abbastanza velocemente da mantenerli freschi e non ossidati.
Da italiani, bisognerebbe anche però mettere lo stesso impegno nel migliorare gli espresso nei ristoranti e dare la scelta ai clienti di bere un ottimo favoloso caffè espresso, né bruciato, né acidulo, né tannico né astringente, senza schiuma ma con tanta crema oppure un ottimo caffè filtro (solo una scelta del tipo di estrazione, probabilmente il Chemex per gusto e per efficienza di operatività).
Accertandosi però di raggiungere note meno esasperate e più vicine ai gusti del caffè e non del tè, quindi vaniglia, cacao, cereali, frutta secca e foglie di tabacco e non invece vicine ai frutti rossi e agli agrumi.
La storia: il Syphon
La mamma della napoletana. Estrazione a caduta a globi in vetro. Simile alla moka ma con tempi di estrazione inferiori alla moka quindi un caffè più aromatico, meno amaro e con più sfumature nei gusti quando a confronto con la moka. French press: nel 1800, inventato da Bruno Cassoli. Macinato spesso. Il macinato a diretto contatto con l’h20 per 4 – 6 minuti, filtro in inox, caffè necessita di essere ripassato dai filtri in carta per rimuovere impurità, gusto molto forte ma meno bruciato della moka specialmente se fata male.
I caffè filtro Nb: in questi sistemi si può usare o un filtro di carta naturale o carta sbiancata o un filtro in metallo. Eviterei la carta sbiancata. Se si opta per il filtro di carta si avrà un aroma e un gusto più rotondo, meno fruttato e meno acidulo e meno pulito che avresti con il filtro di metallo. Ovviamente la carta va pre bagnata per pulire il gusto di carta dal caffè . Chemex: 1841 inventato da Peter Slobum. Metodo di estrazione a filtro simile al V60 ma più ampio per rendere ancor più “pulito” il caffè. IL V60: 1900. Tazza solitamente in ceramica, a forma interna a 60 gradi e a forma di V e con buco passante per il caffè contenuto in un filtro.
Con gli anni 2000 cambia tutto nei caffè filtro
Diventano esasperati, avvicinandosi agli infusi e al tè. Non si va più alla ricerca dei gusti e aromi classici (miele, erba, malto, pane tostato, cereali, biscotti, brioche, caramello, cacao, cioccolato fondente, nocciola, mandorla, noce, liquirizia, vaniglia, gusti balsamici, tabacco, barrique), ma piuttosto di simili a quelli presenti nel tè (rosa, geranio, arancia, fiori di campo, limone, pompelmo, mandarino, albicocca, menta, frutti rossi).
Si inizia a tostare troppo chiaro per ricercare il terroir, scopiazzando il mondo dei vini e creare un disequilibrio. Si ottiene uno sviluppo aromatico molecolare incompleto. Ci si dimentica che i vini sono un prodotto finito, al contrario del caffè. Inoltre, si comincia a copiare tutta la parte dei vini macerati, con la fermentazione del caffè crudo in modo esagerato. Soprattutto, si fermenta in modo non controllato e sperimentale, creando sapori ancora più squilibrati e non costanti nel tempo.
Questo perché il controllo della fermentazione ormai perfezionata nei vini, non è altrettanto consolidata e conosciuta sulla struttura del caffè. Ma lo scopo di questi nuovi caffè è e sempre rimane quella di esser diversi, di stupire e non di creare bevande che possano cambiare le abitudini nelle culture e nel tempo perché appagano il palato.
Un altro cambiamento degli anni 2000: nuove forme di estrazione
Il Clever, nel 2001. Simile al V60 ma una via di mezzo tra il french press e un V60. L’Aeropress, nel 2005, inventato da Alan Atler, l’inventore del frisbee. Lontanamente simile all’espresso perché crea pressione all’acqua che passa tramite il caffè macinato, quale pressione creata non da una pompa elettrica ma da un tampone con pressino. Ha un gusto più pulito del caffè espresso e non così forte come il caffè espresso ma più forte dei caffè filtro a caduta. Spero di essere stato utile a creare maggiore interesse nel mondo dei caffè speciali, caffè espressi di ottima fattura inclusi!
Grazie per l’attenzione. Happy Lifestyle
by Orlandi Passion