MILANO – Per la bottega sotto casa non c’è più speranza. Se gli italiani infatti potessero fare il «gioco della torre», scegliendo chi buttar giù, cioè far sparire, fra piccoli negozi e il supermercato non avrebbero il minimo dubbio: pollice verso per i primi, all’82%. C’è una vena di malinconia in Renato Mannheimer quando ci riferisce il dato, raccontando dell’indagine appena conclusa dalla sua Ispo su «Piccola e grande distribuzione a confronto».
Indagine condotta su quattro regioni del Centro Nord (Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana) ma i cui risultati sono talmente «bulgari» da non lasciar dubbi su quello che potrebbe essere l’umore nell’intero paese.
Il supermercato, ormai, dilaga e stravince nelle preferenze d’acquisto, nella convenienza, nella comodità, ma anche, a sorpresa, nella percezione «culturale»
Tanto che il 45% degli intervistati dice serenamente che iper e supermercati non possono mancare nemmeno nei centri storici delle città, anche a costo di stravolgerne l’assetto sociale, urbanistico e architettonico.
Rapporto umano? Consigli? Chiacchiere con il bottegaio o con il cliente accanto?
«Agli italiani importa poco o nulla — dice sconsolato Mannheimer —. Guardano ai prezzi, all’assortimento, alla comodità, alla velocità. E qui hanno idee chiarissime: meglio il supermercato».
Del resto, aggiunge il sondaggista più amato dagli italiani, «una volta si andava nei bar a raccogliere gli umori della gente, mentre oggi nei bar si bevono solo cappuccini e caffè, mentre le opinioni si raccolgono nei blog».
Il sondaggio dell’Ispo ci dice per esempio che ormai il 69% dei connazionali compra esclusivamente al supermercato, contro un 23% che si serve da entrambi i canali e un misero 8% che va solo o quasi nel negozio sotto casa
La motivazione principale è, manco a dirlo, la convenienza. Uno studio di Esselunga allegato all’indagine Ispo, condotto in sei grandi città del nord, quantifica così l’effetto prezzi.
Si va da un differenziale del 76,15% per frutta e verdura al 51% della pasticceria e della macelleria, dal 31,51% delle pescheria, al 26,75% della drogheria e al 23,31% della panetteria; nel complesso la spesa, in un supermercato della catena lombarda, arriva a costare il 40,33% in meno rispetto una identica in bottega.
È solo questione di prezzi
Per il 60% dei consumatori conta l’assortimento («In un supermercato — dice Mannheimer — possiamo trovare fino a 14 diversi tipi di pomodori e decine di diverse varietà di insalate. Impossibile nel piccolo negozio»), per il 45% la freschezza e la qualità dei prodotti.
Poi a scalare il parcheggio, la comodità degli orari, la velocità d’acquisto. La grande distribuzione stravince, insomma, ma, sottolinea il sondaggista, «non nello stesso modo in tutte le aree».
I fan più scatenati sono i toscani, che si servono al supermarket per il 78%, seguiti dagli emiliani al 71%, mentre la regione più ricca e frenetica d’Italia, la Lombardia, è paradossalmente quella più «tiepida» (63%) e quella dove ancora la bottega ha un suo spazio per oltre un terzo dei consumatori.
Bottega addio, dunque?
«Non necessariamente — risponde Mannehimer —. Abbiamo verificato che in alcuni settori merceologici come panetteria, frutta e verdura, macelleria e pescheria soprattutto, c’è ancora una preferenza per la bottega, a condizione però che offra prodotti di altissima qualità, grande assortimento, marchi di nicchia o biologici».