MILANO – Il futuro della caffetteria italiana, sembra banale dirlo, ma è nelle mani delle nuove generazioni di baristi, gestori, che oggi imparano l’arte del servizio. Per fare la differenza e un salto di qualità verso un nuovo modo di intendere il bar e le figure che si muovono al suo interno, la chiave resta quindi ancora una volta, la formazione. E poi c’è un’altra parola che non va trascurata, che è la passione. Non si deve aver paura di apparire troppo naif ad utilizzarla perché, in questo settore, è un elemento tutt’altro che accessorio. Ed ecco che, in un periodo storico in cui il fenomeno della carenza di personale qualificato e motivato è stato accelerato dalla pandemia, un esempio come quello che abbiamo osservato di persona dei ragazzi della Scuola Galdus di Milano, va raccontato, condiviso e vissuto.
Qui, l’offerta didattica non è un programma meccanico che viene impartito come una tabella di marcia a dei ragazzi che mnemonicamente acquisiscono gestualità preconfezionate, in attesa di diventare il prossimo operatore svogliato che sogna altro nella vita. Qui, ciò che si impara diventa parte di un percorso professionale e personale. E il sogno, diventa il bancone bar, diventa il food&beverage. Il sogno nella Scuola Galdus, diventa l’ospitalità. Davide Franzini ci ha aperto le porte di questo piccolo scrigno della didattica.
Già all’ingresso ci confessa qualcosa di significativo: “Dovevo passare di qui per un lavoro della durata di una stagione, poi mi sono confrontato con i ragazzi, con gli insegnanti e con una direzione illuminata che ha assecondato ed incoraggiato nuovi e quasi visionari progetti e ora finisco a volte di lavorare alle undici di notte per la mia azienda perché riconosco l’importanza di quello che facciamo qui.” Ovvero, un percorso che non è più pensato come un triennio destinato a chi non ha voglia di fare qualcosa e allora si ricicla nella sala bar: ma è un cammino professionale per chi vuole esser leader e che idealmente è composto da 7 anni, con un attestato di terzo anno, il diploma al quarto, Ifts, poi due anni di Its che equivalgono al livello europeo quasi alla laurea breve (questa la vera novità introdotta quest’anno).
Chi esce dalla Scuola Galdus, con il nuovo percorso Its, è il tech manager del food&beverage: è il profilo del domani, che oggi viene richiesto nei locali più ricercati. Il piano di studi è stato improntato dopo la condivisione e l’esperienza di molte figure di rilievo del panorama professionale attuale come Chiara Bergonzi, Daniel Canzian, Enrico Bartolini, Carlos Bitencourt, Paolo Marchesi. E, tra i promotori ed i collaboratori al progetto ITS anche Francesco Cione direttore operativo Aibes Lombardia ed il suo direttivo e Daniela Mauro nelle vesti di Sca Italy.
Il frutto di questo scambio sono dei moduli che contribuiscono a sviluppare una solidissima preparazione tecnica di caffetteria specialty, di mixology, di sommellerie (dando la possibilità di ottenere anche le relative certificazioni). Inoltre, molte ore sono state dedicate proprio alla gestione dell’accoglienza sotto tutti i punti di vista: prendendo in considerazione le modalità per la promozione del proprio locale, così come la gestione la
valorizzazione del personale.
Il professionista formato da questo percorso, sarà quindi capace di migliorare i processi produttivi e di affiancare il titolare sulla strada dell’innovazione più adeguata, con un occhio attento alla sostenibilità ambientale ed agli sprechi.
La Scuola Galdus si apre con il suo bar didattico
E proprio durante una di queste simulazioni di servizio, siamo stati accolti esattamente come in una caffetteria vera e propria. Solo che a far muovere le macchine, i macinini, a bagnare i filtri e preparare infusioni, ci sono gli stessi ragazzi. Chi lo desidera può ordinare la colazione all’italiana: una La Strada La Marzocco è pronta per un espresso, e che espresso (qui si usa una miscela di eccezione, con due monorigine brasiliane e un Etiopia, firmate Cafezal), abbinata ovviamente alla pasticceria preparata in un angolo della sala, con dei giovani che valutano quale sia il prodotto più adatto a ciò che si va a degustare.
Già una bella differenza dal cappuccio e brioche messa al volo su un vassoio prima di entrare in ufficio, no?
Ma l’offerta non si ferma a questo. Perché per gli amanti del tè, la risposta arriva pronta e soprattutto personalizzata: per chi vuole qualcosa di più delicato al palato, un buon tè bianco, per chi invece vuole una bevanda più strong può scegliere il tè nero, in una gamma di sapori che vanno dal fruttato all’erboso. Come possiamo dirlo? Perché lo raccontano i ragazzi, che non si limitano alla preparazione, ma interagiscono con l’avventore raccontando ogni loro gesto, dal controllo della temperatura, sino alla misurazione del tempo di infusione. Nell’attesa, ecco la mise en place, perché nulla è lasciato al caso.
Qua si impara anche la gestione della pressione, a partire addirittura dalla respirazione. A scuola si apprende che cosa è esser manager a tutto tondo, approfondendo le tecniche più efficaci di comunicazione, approfondendo le strategie di marketing ma anche studiando la psicologia del cliente tipo, senza tralasciare l’aspetto della gestione del personale. Tutto questo per la preparazione di figure in grado di confrontarsi con situazioni di grande pressione, con l’attitudine professionale vincente.
Lo story telling ovviamente è di casa nella Scuola Galdus
E non potrebbe esser diversamente dato che in caffetteria è compreso anche il mondo specialty del brewing. Sul bancone, una vetrina di metodi di estrazione alternativi, tutti gestiti magistralmente da un addetto diverso: chi si cimenta con l’Aeropress, con una monorigine brasiliana tostata chiara, chi con il Syphon, chi invece bagna il Chemex. Infine, la cintura nera del V60, Alessia Cabrera, alla quale brillano gli occhi e che sta svolgendo uno stage presso Cafezal a Milano: “Sono una neofita in questo settore, non ero così
appassionata del caffè, soprattutto rispetto alla parte della drupa e quella biologica, ma iniziando a lavorare con il professor Canetti mi si è aperto un mondo. Il nostro insegnante mi ha appassionato”.
“Noi ci impegniamo a dar loro delle persone di riferimento per continuare la loro formazione, cerchiamo di appassionarli e di tracciare per loro una strada per proseguire poi fuori dalla scuola”, aggiunge il professore di sala, Sergio Canetti, che segue passo dopo passo le performance dei suoi allievi. Franzini segue: “Il nostro obiettivo sarebbe quello di portarli addirittura in piantagione”.
L’entusiasmo è tangibile quando Alessia inizia a spiegare i sentori che emergeranno in tazza, la fase di blooming, il tipo di caffè in preparazione, un Kenya molto delicato (mostra come una pepita d’oro i chicchi e li mette a confronto, ne descrive le qualità, le caratteristiche in origine). In alternativa, c’è anche il Rinascimento, un El Salvador fermentato di 72 ore (Alessia ci spiega questo processo, come farebbe una massima esperta). E mentre bagna il filtro con gesti vorticosi, ha anche il tempo di rispondere alla domanda: ma tu, cosa ti aspettavi iscrivendosi in questa scuola?
Alessia non ci pensa un attimo: “Avevo semplici aspettative, un po’ banali. Vengo da un’altra scuola, due anni in un istituto tecnico aeronautico. Ho capito tardi quello che mi piaceva, ma mi sono resa conto presto che finalmente avevo trovato il posto giusto, la mia strada professionale. Qua ci danno tanti imput. Abbiamo capito che questo mestiere è stimolante. Questa è una professione che ho scelto, non mi spaventa lavorare i fine settimana”.
Ha vent’anni Alessia, e l’unico suo rammarico è di aver intrapreso la sua carriera con un po’ di ritardo. Ma si è ripresa tutto il tempo passato a cercare il suo percorso, perché ora appare entusiasta e a suo agio mentre serve i suoi clienti. E all’idea di tornare da Cafezal, dove ha già iniziato il suo periodo di stage, si riaccende in un attimo. Quando racconta la sua esperienza nella caffetteria specialty, infatti, usa il “noi”, parla di team. Il caffè le è entrato in circolo e difficilmente tornerà indietro.
Stesso discorso vale per Alice Cicala, che accoglie all’entrata e descrive il panoramico bar didattico, da una postazione all’altra, intanto che Moaz Mahran si occupa di prendere i soprabiti da perfetto maître di sala e che a breve sarà stagista presso la pasticceria Marlà. Anche Alice ha iniziato a lavorare nello specialty e che specialty: lo stage che sta per cominciare sarà da Seven Grams, in compagnia delle formidabili sorelle Mauro e a “lezione” della fuoriclasse Chiara Bergonzi. “Mi aspetto di imparare non solo a tostare, ma anche l’aspetto più legato al marketing”. Quale migliore palestra per scoprire tutti i segreti del chicco, dal verde sino alla torrefazione e poi saperli promuovere?
E difatti, a guardare con più attenzione, a consumare questa colazione didattica, c’è anche lei: Mary Mauro
Che mentre assapora il suo cappuccino accompagnata da una panna cotta al kaki, conferma come la collaborazione tra la sua azienda e questo istituto, rappresenta un’occasione imperdibile per far partire un circolo virtuoso dove tutti vincono, all’insegna dell’innalzamento della qualità di offerta e servizio. Ci ha raccontato: “Questa rivoluzione è nata dal basso ed è giusto che continui così. Avere ragazzi formati è fondamentale. Il fatto che le aziende vengano spinte da sotto, invece che il contrario è notevole. Qui avviene questo processo ed è inarrestabile come opportunità.
Siamo entrati in contatto con loro per fare formazione. Abbiamo iniziato a collaborare con la Scuola Galdus perché abbiamo visto la qualità. Noi da sempre lavoriamo su questo discorso di trasferimento non solo della professione ma anche della passione, al di là di un modo freddo e didattico di formare. Questo è un lavoro che deve entrarti dentro ed è facile che succeda. Alice verrà da noi e avrà modo di imparare a preparare la colazione, i vari modi di estrazione, la tostatura, l’attività fisica nello shop e quindi la conoscenza degli accessori e la loro presentazione.”
La Scuola Galdus, è il posto giusto, così come racconta la stessa direttrice Paola Missana:
“Nasciamo 30 anni fa da questa intuizione: la scuola ha una valenza educativa pazzesca e non dobbiamo dimenticarlo. Abbiamo cercato di costruire una scuola come iniziativa privata, ma che fosse riconosciuta dal pubblico e accessibile a tutti, che sapesse coniugare cuore, ragione e sentimento. In modo che i ragazzi potessero crescere a 360 gradi. A partire anche da una passione in germe. La nostra idea è quella di spalancare i desideri degli studenti.”.
I ragazzi sono seguiti nella loro crescita, senza tralasciare tutte le possibili vocazioni. Così anche il caffè si presta a chi vuole sperimentare il ruolo del bartender con la mixology: dietro al banco Stefano Bignami, un ragazzo che ha sapientemente preparato un Coffee Ale estratto ancora una volta con il metodo V60, sfizioso da sorseggiare come aperitivo. Lui potrà lavorare come stagista all’interno di Daniel Canzian Ristorante.
Dulcis in fundo, non poteva mancare un pit stop proprio nell’area dedicata all’espresso in senso stretto:
Mauro Aranci è perfettamente a suo agio con la macchina La Marzocco (che definisce come una macchina che consente un’estrazione “da paura” e che presto farà uno stage al Cera Milano con Bruno Vanzan), assisto da Giuseppe Salamone, che vorrebbe diventare sommelier (avrà la possibilità di esser inserito in stage al Mudec di Enrico Bartolini, che ha ottenuto 8 stelle Michelin). Mentre armeggia il macinato fresco della miscela Garibaldi (tre arabiche, due brasiliane, 45-45% e un’etiope per il 10%) e lo sistema come si
deve dopo averlo pesato, racconta di come si stia preparando per la gara Trismoka. Sfida a cui non vuole semplicemente partecipare, ma che vuole cavalcare: “Io vado lì per vincere” dice sorridendo.
Ed è col sorriso che si esce dalla Scuola Galdus, dove il servizio è una coccola e l’apprendimento un’avventura
Perché la prospettiva verso il futuro si respira e si osserva in ogni dettaglio di questo bar didattico. E non è solo una messinscena: anche quando non sono osservati dai loro insegnanti o tutor, se interpellati, i ragazzi hanno risposto: “Qua mi stanno dando gli strumenti per realizzare i miei sogni”. Alice aprirà una sua gelateria, ad esempio, mentre Stefano Bignami sogna un suo locale.
Non vi fa paura? Abbiamo chiesto.
“No. Qua stiamo imparando come poter fare bene”.
Ed è così che ci siamo congedati. La Scuola Galdus è un posto che può rappresentare la soluzione al problema gravoso del personale qualificato e della mentalità di fare impresa in modo diverso: per chi cerca quindi la sua strada professionale, ma anche per chi pensa che i giovani formati siano introvabili, in questo centro, la domanda incontra l’offerta. Ed è una risposta di alto livello.
Per avere maggiori informazioni, è possibile consultare il sito della scuola, a questo link.
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