PALMANOVA (Udine) – A discutere dell’aumento del prezzo della tazzina come potenziale valore aggiunto sulla strade di un espresso qualitativamente più elevato, si è aggiunta la voce del gestore della Caffetteria Torinese, Nereo Ballestriero, che ha affrontato diversi punti scottanti insieme a noi mantenendo però sempre il timone dritto verso un livello di servizio e offerta della bevanda superiore: ai centesimi in più infatti, deve corrispondere quello che lui stesso ha definito un “caffè impeccabile”.
Ballestriero, perché non può più esistere il caffè a un euro?
“Perché sono maturati i costi al di là della materia prima, tutti quelli accessori necessari per
produrre la bevanda. A cominciare dal personale che lo prepara e lo serve, continuando con lo zucchero e il latte per il macchiato, includendo persino il detersivo per lavare le tazzine. Gli aumenti non sono inventati dai gestori. Premetto che noi non lo vediamo a un euro almeno da tre anni, ma in ogni caso, al di là del prezzo di partenza, per tutti indistintamente, i costi da sostenere sono aumentati.
Il caffè per molti locali ricordiamoci, potrebbe voler equivalere al 50 o al 60% del fatturato. E teniamo anche presente che potremmo pagare 50 euro, 50 caffè che però possono avere origini diverse con costi ben più elevati e differenti tra loro: c’è chi lo acquista a 8 euro al chilo e chi lo compra a 30, per cui si capisce che il margine ha una bella differenza; il secondo guadagna circa 4 volte in meno, rispetto al primo. Ci sarebbe da puntualizzare tante cose dietro al prezzo.
L’aumento da noi è stato graduale: siamo passati da un euro a un euro e dieci e da tre anni a questa parte l’abbiamo messo a un euro e venti, spiegando la qualità del prodotto che offriamo e la specifica della tipologia del caffè, proponendo con un servizio impeccabile. Il caffè per noi o è impeccabile, oppure non si vende. La qualità alla fine si rispecchia anche nel lavoro e nel modo in cui lo svolgi. L’operatore deve esser formato.”
Ora siamo pronti al cambio di prezzo?
“Secondo me sì. Perché ovviamente tutto quel che è il corollario dei costi che stanno intorno alla tazzina è di fatto aumentato. Questo non toglie che bisogna cercare di aumentare la qualità del caffè servito e del risultato in tazza. Noi siamo vicini all’Austria, dove il caffè si paga almeno tre euro e cinquanta e noi qui discutiamo di centesimi.”
La nuova tendenza del caffè di alta qualità, dei monorigine e degli specialty sta influenzando questo costo fisso, secondo lei?
Ballestriero: “Certo, sono un traino, ma bisogna fare attenzione: si alza l’asticella innanzitutto della qualità e poi del prezzo. Dobbiamo fare un investimento su questo. Sarebbe come chiedere di fare miracoli stando fermi. Ben vengano gli specialty: l’obiettivo finale dev’essere la qualità. Bisogna investire anche in questo trend che esiste da qualche anno sui nuovi modi di consumo, lo slow coffee, che è caratterizzato proprio dal rispetto della materia prima trattata. Ovviamente ha dei costi e dei tempi più alti rispetto a quelli di un espresso normale, ed è lecito.
Noi serviamo delle monorigini in modo non continuativo: quando escono, siamo pronti a proporle. Certo hanno bisogno di una comunicazione maggiore per il cliente più abituale. Preparandolo a una degustazione diversa. Son dei valori aggiunti al servizio del caffè, e questo è molto positivo. Molto spesso quando li serviamo, li prepariamo espressamente per quel cliente che li ha ordinati e lui percepisce che stiamo lavorando solo per lui. “
Ballestriero, ora con gli effetti della pandemia, la carenza di materia prima, i prezzi che crescono all’infinito, che cosa è necessario fare dentro i bar?
“Bisogna comunicare anche questo. Abbiamo subito delle ripercussioni dalla pandemia, e alzare il prezzo non è una volontà di un singolo o di un gruppo di esercenti. Ritengo che al di là del caffè, comunque una materia che andrebbe trattata in maniera più approfondita, tutto ciò che ruota attorno ad essa ha subito degli aumenti.”
Quanti macinadosatori utilizzate? Quale macchina per espresso avete scelto?
“Abbiamo una Cimbali e due macinadosatori: per quanto riguarda la manutenzione dobbiamo considerare che questi due strumenti sono importantissimi per la cura stessa del caffè eccellente. Sarebbe come pretendere di fare il taxista senza però fare la manutenzione dell’automobile. Ora c’è un’attenzione maggiore per le macchine del caffè: vanno fatte diverse operazioni quotidianamente. Altrimenti non possiamo dare la colpa all’azienda che produce il caffè, se non siamo noi attenti per primi al modo in cui lo prepariamo.
La manutenzione spesso determina la qualità finale del prodotto. Se un caffè non è tanto buono di partenza, e poi abbiamo anche la macchina sporca, c’è solo da peggiorarlo, viceversa potrebbe esser meno cattivo con una strumentazione pulita. I clienti oggi non sono più tanto sprovveduti: ora riescono a riconoscere una diversa qualità e noi dobbiamo pensare che serviamo consumatori competenti, alle volte anche più di noi. Un esempio lo porto io: di caffè ne facciamo tanti e vediamo tante persone, non dobbiamo certamente sottovalutare chi arriva.”
La questione del personale: soffrite anche voi la mancanza di addetti specializzati e non?
Conclude Ballestriero: “C’è ancora una categoria da aggiungere: personale che non vuole qualificarsi. Se guardiamo solamente il settore del caffè per fortuna ci sono degli appassionati della bevanda che sicuramente mettono anima e cuore nell’estrazione, nella pulizia. Certo è che se abbiamo a che fare con un operatore che si trova davanti ad una macchina del caffè perché è obbligato a farlo, senza altri obiettivi, dobbiamo monitorare il lavoro che svolge e dargli delle direttive in modo che lo esegua in maniera impeccabile.
A mio avviso non è giusto porre la questione in termini di sfruttamento, ma sicuramente si possono migliorare le condizioni di retribuzione e questo può avvenire anche attraverso l’aumento della tazzina. Una percentuale sicuramente dell’espresso può corrispondere al giusto compenso per il personale, quanto? Bisogna valutarlo.
In ogni caso bisogna procedere gradualmente con l’aumento del prezzo: prima di arrivare a un euro e 50 com’è giusto, ci vuole tempo, così poi da poter anche incentivare il personale attraverso dei corsi. Dando una prospettiva di carriera che poi va a influire nel risultato in tazza, nel servizio e quindi nella qualità offerta al cliente. È giusto scommettere nella professionalità. L’investimento costruttivo va fatto sulle persone, che devono intenderla come una professione vera e propria. Per avere una qualità della bevanda in crescita e poi poter chiedere un prezzo più alto. Il caffè cattivo rovina la giornata: noi italiani vogliamo berlo buono, se fa schifo non lo vogliamo neppure regalato. Dobbiamo lavorare sulla qualità. “
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