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Cioccolato vero a Pasqua: attenzione a cosa si acquista

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MILANO –  La coincidenza con la Pasqua ha riportato in primo piano la questione del cioccolato puro, tema del quale ci siamo occupati in più occasioni, sia per le sciagurate decisioni del Parlamento europeo sia per quelle dei produttori artigianali italiani che, tuttavia, dalla vicenda stanno uscendo molto bene, anche guadagnandoci. Un palato ben allenato saprà sicuramente riconoscere un cioccolato vero da un surrogato. Per chi non ha queste doti sarà ancora una volta l’etichetta a correre in suo aiuto, soprattutto ora che Pasqua è alle porte e il consumatore corre il rischio di portarsi a casa la promessa di una sorpresa favolosa in un involucro di cioccolato scadente.

Cioccolato vero: facciamo subito chiarezza

Dicendo che per cioccolato vero o puro si intende un cioccolato prodotto senza grassi vegetali diversi dal burro di cacao. La questione non è da poco considerato che in Italia una legge del 1976 vietava l’uso di tali grassi per la realizzazione del cioccolato. Cosa è cambiato ad oggi? Quando in Europa hanno fatto ingresso paesi come Regno Unito, Danimarca, Irlanda, Finlandia, Austria, Portogallo e Svezia, la Comunità Europea ha dovuto armonizzare il mercato del cioccolato fortemente contrapposto e disomogeneo.

Da un lato infatti c’erano i puristi come Italia, Belgio, Francia, Spagna, dall’altra tutti gli altri paesi abituati a sostituire il burro di cacao con gli oli vegetali in grado di ridurre i costi di produzione ma allo stesso tempo anche le qualità nutrizionali e salutari del prodotto. L’Unione Europea con la Direttiva 2000/36/CE, ha concesso l’utilizzo di grassi vegetali in misura non superiore al 5% del prodotto finito, garantendo sempre la percentuale minima di burro di cacao.

Molti produttori italiani comunque fedeli alla loro tradizione gastronomica hanno continuato a produrre cioccolato senza altri oli vegetali

La legge italiana nel recepire tale Direttiva ha consentito a questi artigiani di differenziare i loro prodotti apponendo sull’etichetta il termine “puro”, fin quando la legge Comunitaria 2010 (recepita con la Legge 15 dicembre 2011, n. 217) ha dato disposizioni all’Italia di togliere il termine giudicato fuorviante per il consumatore. Risultato: il termine puro ora ha tempo due anni per sparire da tutte le confezioni e il consumatore potrà riconoscere il cioccolato di qualità solo leggendo l’etichetta. Fonte: corriere.it

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