COMO – Un bar o un ristorante ogni quattro negozi, nel centro storico di Como, una concentrazione otto volte più alta che nel resto della città. E non conoscono crisi. Una radiografia completa e dettagliata dei locali per la somministrazione di alimenti e bevande al pubblico è emersa dall’indagine sviluppata in collaborazione tra il Comune di Como, la Camera di Commercio e Confcommercio, nell’ambito dei progetti sul distretto urbano del Commercio.
Como, l’indagine
L’indagine e le prospettive sono state presentate di recente in una tavola rotonda. In città murata, su 517 negozi, sono attivi 125 bar o ristoranti, con una densità di 231 per Kmq.
Non è invece buono il rapporto tra una serie di locali notturni e i residenti, tanto che sono sorti ben 19 comitati contro la movida. Sulla base dell’indagine, sono stati fatti i conti in tasca ai baristi: la spesa dei soli residenti a Como per bar e ristoranti è di 112 milioni di euro l’anno.
Ma i residenti rappresentano il 57% degli avventori; il 43% viene da fuori, da paesi, città ed estero. Quindi vanno aggiunti altri 40 milioni di euro, oltre 150 in totale.
La quota più importante di mercato è coperta dagli esercizi del centro
Calcolata in 70 milioni di euro l’anno, da suddividere per i 125 esercizi pubblici. Per questo, la competizione deve farsi serrata, per avere margini di profitto, dedotte tutte le spese.
Cento caffè danno un incasso lordo di cento – centoventi euro: se il barista ha bisogno di arrivare a mille o a duemila euro, concentrati soprattutto nel week end, deve attirare avventori.
Un solo avventore e sette euro di aperitivo valgono sette avventori e sette caffè. Sono calcoli teorici, ma spiegano perché la “movida” di Como, dal punto di vista degli affari, rende di più che avventori alla spicciolata.
E perché, prima della liberalizzazione degli orari, il 25% dei bar del centro avevano chiesto di chiudere alle due del mattino. Alla sera, non si beve acqua.