MILANO – Quali sono le qualità richieste all’amministratore pubblico e in che misura sono comuni a quelle che deve possedere il manager di un’azienda? Quanto è facile o difficile gestire un’azienda di famiglia conciliando rapporti privati e lavorativi. Come esportare un marchio nel mercato globale senza alterarne i valori fondanti? E ancora, quali sono i tasti giusti da premere per motivare la forza lavoro di un’azienda. E che tipo di skills devono sviluppare i giovani d’oggi per essere competitivi nell’economia del futuro? Sono alcuni dei quesiti attorno ai quali verte una recente intervista a Riccardo Illy – presidente di Gruppo illy e vicepresidente di illycaffè Spa. – postata su Huffington Post (titolo: Il Re dell’espresso parla della Dolce Vita) a firma di Rana Florida, esperta di startup marketing e ceo di Creative Class Group.
Riccardo Illy: quali le doti necessarie
Dopo un excursus del suo percorso politico e imprenditoriale, Illy si sofferma sulle diverse doti richieste nell’assolvere al ruolo di business man e amministratore della cosa pubblica. “Un politico – spiega Illy – deve essere in grado di immaginare il futuro, comprendere le esigenze dei suoi elettori, progettare e operare impiegando risorse umane, finanziarie e intellettuali. Non ultimo, deve comunicare per persuadere. Queste stesse doti sono essenziali anche nel settore privato, con due differenze fondamentali. La prima è che nella vita pubblica si ha a che fare con più gruppi di persone ed è dunque necessario creare il consenso prima di agire. Il livello di complessità è maggiore. La seconda è che gli elettori sono, al tempo stesso, clienti e azionisti dell’uomo politico. Esigono il meglio in termini di servizi erogati pagando il meno possibile in termini di tributi”.
Quale la ricetta che ha consentito a illy di trasformarsi in un marchio globale senza rinnegare i propri valori?
“Pensare globale e agire locale” risponde Illy citando il guru del marketing Philip Kotler. Nel caso di illycaffè ciò significa, ad esempio, fare sì che l’iconografia forte del marchio sia presentata ovunque in modo omogeneo. Fermo restando che le abitudini di consumo sono diverse da cultura a cultura, per cui – aggiunge Illy – abbiamo imparato ad adeguarci”. Se il blend illy per espresso rimane il core product, il torrefattore triestino propone ora la stessa miscela in diversi tipi di macinatura, adatti alla moka o al percolatore all’americana, e ha introdotto da poco anche i Mono Arabica. Adeguarsi significa, in primo luogo, comprendere a fondo il mercato dove si va a investire studiandone caratteri, peculiarità, abitudini, sfumature locali: tutti quegli elementi che possono incidere sulla percezione del prodotto. La stessa assonanza fonetica del nome di un brand può assumere, a seconda della lingua, una connotazione positiva o negativa. Un esempio: “Ho scoperto recentemente – osserva ancora Riccardo – che le parole “il-ly” in arabo significano “per me”. Fortunatamente per noi”.
Quali i vantaggi e gli svantaggi della dimensione familiare d’azienda?
“Il vantaggio – nota Illy – è quello di poter pianificare a lungo termine guardando al ritorno sugli investimenti nell’arco della prossima generazione piuttosto che del prossimo trimestre. È possibile rimanere coerenti con le proprie strategie anche se ciò significa risultati non ottimali nel breve termine. Dall’altro operare in un’azienda familiare comporta una disciplina ancora maggiore. Ad esempio, un familiare potrebbe voler assumere delle cariche direttive senza averne la stoffa. È spesso necessario saper operare, al tempo stesso, in quattro vesti diverse: azionista, familiare, amministratore e manager e, a volte, può non essere chiaro a quale titolo ci si stia rivolgendo, in un determinato momento, a un familiare”.
Come motivare invece dipendenti e collaboratori dell’azienda?
“Creando un senso di fierezza e appartenenza, rendendo piacevole l’ambiente di lavoro, ponendo degli obiettivi ambiziosi. Lo scopo ultimo? Sorprendere e appagare il cliente con il miglior prodotto possibile, che si tratti di una tazzina di espresso o di un bicchiere di vino”.
Quali ricette infine per una scuola più vicina alle esigenze di competitività della società di oggi?
Conclude Riccardo Illy:“Primo e più importante, la scuola dovrebbe insegnare ad apprendere. Dobbiamo creare una società di adulti amanti dell’apprendimento, per tutta la vita. Secondo, la comunicazione. Viviamo nell’era del sapere, le capacità comunicative sono fondamentali per sopravvivere, prima ancora che per aver successo. Terzo, per vivere in un’economia e una società globalizzate, è necessario avere una conoscenza, perlomeno pratica, dell’inglese. In questo, il nord America è in partenza enormemente avvantaggiato.”