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giovedì 21 Novembre 2024
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Bieker: “Aumento del prezzo? È giusto sia dal lato economico sia del valore della tazzina”

Bieker: “In questo momento le situazioni che si sono create causa Covid e nel post Covid, hanno fatto sì che il prezzo aumentasse in maniera spropositata. La movimentazione della merce è diventata molto difficoltosa per via della mancanza di container, il cui giro si è fermato proprio per la pandemia

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MILANO – Esaminiamo due argomenti di grande attualità con un professionista di livello internazionale e riconosciuto da tutto il settore, Edy Bieker, vicepresidente della Sandalj Trading Company. Stiamo parlando della questione del prezzo del caffè al bar con il possibile aumento della tazzina a un euro e 50. Prezzo che per alcuni è ancora troppo basso perché non garantirebbe la qualità della bevanda. Al contrario per altri potrebbe dissuadere i consumatori dall’affrontare questa spesa. L’altro punto caldo, verte sul mercato del monoporzionato, il suo andamento, le possibili evoluzioni e le conseguenze sui consumi.

Bieker, che cosa ne pensa innanzitutto della questione del prezzo della tazzina?

“È vero che i prezzi di determinati caffè crudi sono aumentati da un anno a questa parte in maniera spaventosa. Quindi era inevitabile che si raggiungesse il punto in cui ci troviamo attualmente: o il mercato faceva un passo indietro e quindi ritornava a livelli più normali, oppure diventa necessario aumentare il prezzo del tostato e di conseguenza, quello della tazzina.

Il caffè è aumentato mediamente di quasi un euro e mezzo/due al chilo sul crudo, ed è evidente che questo poi si ripercuota sulla tazzina. E’ giusto dal punto di vista economico ma anche da quello della valorizzazione del prodotto: è un vecchio discorso. Potrebbe essere l’occasione per distinguere i caffè: è l’unico prodotto che al consumo ha un unico prezzo, ovvero quello della tazzina d’espresso al bar.

Questo non capita con il bicchiere di vino: ne paghi uno in maniera diversa da un altro in base a ciò che quel vino rappresenta (terroir, cantina, rosso, bianco, se è mosso o fermo, prezzo). In questo modo il consumatore finale diventa consapevole, sceglie dove e quanto spendere sulla base della propria capacità di spesa, della conoscenza della bevanda, della sua filiera e dalle informazioni ricevute da chi gliela sta offrendo.

La stessa cosa deve avvenire per il caffè.

Un prodotto che sia particolarmente cattivo o particolarmente buono, non può costare sempre un euro indistintamente. Ciò implica una maggiore conoscenza del consumatore finale e quindi un maggiore sforzo da parte del barista nel saper raccontare e far distinguere al cliente ciò che sta bevendo. E’ un’opportunità che certo accentua anche la problematicità dell’aumento del prezzo, perché il consumatore medio si è talmente abituato alla consuetudine della tazzina (“ho sempre bevuto e pagato così”) che non ha mai dato importanza alla realtà del prodotto. Magari valorizza di più altri aspetti (il barista, la location, persino l’ambiente), ma la bevanda nella tazzina non è mai stata sufficientemente
considerata.

Ora è il momento di far capire il suo effettivo valore aggiunto e, perché no, avere la possibilità di poter scegliere tra almeno due tipi di caffè offerti in mescita. Essere costretti a porre maggior attenzione a cosa scegliere e dover fare una scelta, permetterebbe di non dover sottostare all’imposizione di una sola tipologia, spesso scadente e poco comprensibile nella sua identificazione. E non mi si dica che non si può fare! Starbucks insegna, soprattutto per il prezzo. Tra l’altro non mi sembra abbiano problemi di affluenza…”

Il prezzo del caffè crudo è destinato a restare alto, è destinato a crescere, oppure ci sarà un passo indietro?

Bieker: “In questo momento le situazioni che si sono create causa Covid e nel post Covid, hanno fatto sì che il prezzo aumentasse in maniera spropositata. La movimentazione della merce è diventata molto difficoltosa per via della mancanza di container, il cui giro si è fermato proprio per la pandemia. Allo stesso tempo, le compagnie di navigazione hanno quadruplicato se non addirittura quintuplicato il nolo mare, quindi il costo del trasporto per container. Questi aumenti determinano il fatto che il costo fisso del viaggio via mare, che si aggirava prima per un container da 20 piedi (19,2 tonnellate) sui 10/12 centesimi di euro al kg, oggi è salito a 50-60 centesimi, indipendentemente dal costo reale del caffè.

Abbiamo avuto notizia che nuovi imbarchi dal Brasile non verranno effettuati sino a tutto dicembre e, in considerazione del fatto che già da questa primavera i ritardi che si sono accumulati nelle operazioni di imbarco da tutti i paesi d’origine hanno posposto gli arrivi previsti di due o tre mesi, le scorte di caffè crudo al di fuori dei suddetti paesi si stanno assottigliando in modo preoccupante.

A questo si aggiunga la speculazione innescata dalla piccola gelata in Brasile e le notizie inerenti a eventuali compromissioni dovute alla meteorologia, ormai quasi impazzita, con conseguente incertezza sulle reali previsioni quantitative e qualitative dei prossimi raccolti in tutti i paesi di produzione. Tali situazioni hanno innescato un vertiginoso aumento delle borse, portando i prezzi del crudo a livelli quasi impressionanti, non toccati da anni. Per tutti questi motivi non prevedo in breve tempo un ritorno alle quotazioni passate. Sino a quando non si risolverà la situazione della mancanza dei container e non ci saranno notizie certe sulla disponibilità quantitativa dei prossimi raccolti di caffè, per non parlare della loro qualità, si potrebbe andare incontro a ulteriori rialzi. “

Bieker parliamo di un altro tema caldo, le capsule e monoporzionato: che cosa ne pensa?

“Le capsule e il monoporzionato? È indiscutibile che sia stato utilizzato tantissimo durante il Covid. L’impossibilità di bere al bar o in ufficio perché si lavorava da casa, ha determinato questo tentativo di clonare lo stesso servizio nelle mura domestiche. Il porzionato è nato alla fine degli anni ottanta del secolo scorso con le cialde, per poi integrarsi con le capsule, proprio per consentire al consumatore di riprodurre l’espresso del bar a casa e ponendosi come alternativa più veloce e pulita rispetto all’estrazione con la moka o la napoletana. Se si osserva il mondo del caffè durante il Covid, si assiste a un crollo dell’horeca, mentre le vendite del porzionato hanno avuto un enorme rialzo insieme all’acquisto del caffè nei supermercati.

Ho notato anche con interesse un nuovo sviluppo derivante dal Covid: le case che costruiscono solitamente macchine per espresso, negli ultimi mesi hanno proposto dei modelli per la famiglia, affiancandosi alle macchine per capsule e cialde in quello che rappresenta ormai un vero e proprio mercato alternativo. Tuttavia, il porzionato derivante da capsule e cialde potrà pure sostituire la moka e i filtrati, ma non riuscirà mai allo stato attuale, a esser esattamente identico all’estrazione di una macchina per l’espresso.

Fermo restando il fatto che anche nel bar, per vari motivi quali la mancanza di pulizia e un’adeguata formazione, non sempre beviamo un espresso degno di tale nome. La capsula e la cialda possono esser un palliativo ma, anche per motivazioni tecniche derivanti dal fatto che c’è comunque un qualcosa che fa da ulteriore filtro, difficilmente le estrazioni possono “esprimere” totalmente le qualità organolettiche rilevabili nello stesso caffè erogato per espresso.”

E la qualità del caffè contenuto nella capsula?

“Il contenuto della capsula mi dà spesso grandi perplessità: a livello qualitativo, nella stragrande maggioranza dei casi, si beve un caffè “diversamente buono”. Qualsiasi sia il tipo di estrazione, espresso, moka, napoletana, cialde o capsule, ecc., se si utilizzano qualità importanti si avrà una risposta altrettanto importante e viceversa. La capsula e la cialda estraggono comunque qualcosa in meno rispetto all’espresso: un caffè che risulta molto buono erogato per espresso, nell’erogazione con la capsula e la cialda perde comunque qualcosa. Se se si usa un caffè molto cattivo, estraendolo di meno, per paradosso diventa meno cattivo.

Mediamente non si bevono dei buonissimi caffè nel monoporzionato: sono spesso di bassa levatura. Il consumatore finale però non riesce a distinguere, non ha la consapevolezza di ciò che beve e quindi guarda più all’aspetto della macchina, alla velocità dell’estrazione, all’immagine, piuttosto che alla sostanza. “

Ancora sul tema: è stata lanciata una grossa start up con finanziamenti importanti, che produce una capsula in alluminio surgelata, con caffè liquido che in Italia non va per la maggiore, che garantirebbe di conservare questo caffè in frigo. Cosa ne pensa lei, Bieker?

“Mi piacerebbe provarlo e testare, perché la descrizione dice poco. Sul discorso del mantenimento del liquido, significa che è già stato estratto e poi surgelato: questo mi lascia titubante. Il grande problema del liquido è l’eventuale perdita delle sostanze aromatiche: forse surgelarlo subito, andando per ipotesi, potrebbe riuscire a risolvere questo aspetto?

La tecnologia va avanti, e quindi potrebbe esser un filone che darà soddisfazioni in futuro. Ma al di là di questo, l’elemento più importante è che si percepisca bene il contenuto e che la qualità del caffè dal quale avviene la trasformazione da un solido a un liquido, sia buona. – conclude Bieker – Tornando un istante al monoporzionato avrei ancora un paio di riflessioni da esporre. La capsula e la cialda piacciono anche perché hanno il vantaggio di non sporcare; la capsula poi ha un ulteriore pregio rispetto alla cialda: non si deve avere a che fare con della carta bagnata e molto calda. La perplessità che ho però da sempre, al di fuori della qualità intrinseca, è il possibile punto debole che ha questa metodologia, così come mi è stato fatto notare a suo tempo dall’amico Gianni Frasi.

Nell’espresso si usano solitamente 7/8 grammi di caffè. Nella moka, se si prepara quella da tre, se ne consuma una grammatura pari a tre estrazioni. Con la capsula invece, si usano circa cinque grammi e mezzo. Commercialmente parlando, la capsula ha sicuramente avuto un grande sviluppo, sostituendosi al bar e alla moka, abbassando però nel contempo le grammature utilizzate. Possiamo parlare quindi di una perdita in termini di consumo? Questo è uno spunto di riflessione da approfondire nella comunità”.

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