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Salute, lo zucchero fruttosio accende il cervello? No, rincretinisce

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MILANO – Da una ricerca i pericoli del fruttosio non naturale: un certo tipo di fruttosio, da sciroppo di mais, pare possa danneggiare le facoltà cerebrali. Una dieta ricca di un tipo di fruttosio, al contrario di quanto si crede, anziché attivare le facoltà cerebrali pare possa rendere più “stupidi”, suggerisce uno studio.

Una vecchia pubblicità recitava che “il cervello ha bisogno di zucchero” e, probabilmente, per alcuni versi è vero. Tuttavia, dipende a quale tipo di zucchero ci si riferisce. Come suggerito da un nuovo studio su modello animale, per esempio, una dieta ricca di fruttosio in realtà rende stupidi, abbassando il quoziente intellettivo (QI) al posto di alzarlo – come presupposto dallo slogan di cui sopra.

In ogni modo, per tutti gli instupiditi dallo zucchero un rimedio pare ci sia, e questo starebbe nei famosi acidi grassi omega-3. Lo studio condotto dai ricercatori dell’Università della California a Los Angeles (UCLA) ha dimostrato come una dieta ad alto contenuto di fruttosio possa alterare le funzioni cerebrali in negativo. «I nostri risultati dimostrano che ciò che si mangia influenza il modo di pensare – sottolinea nel comunicato UCLA l’autore principale dello studio, dottor Fernando Gomez-Pinilla – Assumere un alto contenuto di fruttosio tramite la dieta, a lungo termine altera la capacità del cervello di apprendere e ricordare le informazioni. Ma l’aggiunta di omega-3 acidi grassi nei propri pasti può aiutare a minimizzare i danni».

Non tutto è perduto dunque. Sebbene lo studio in questione sia stato condotto su un gruppo di topi – per cui si potrebbe obiettare che non si tratta di esseri umani – i ricercatori ritengono che la chimica del cervello di topi e uomini in realtà sia abbastanza simile, per cui anche gli effetti dovrebbero essere simili. Pubblicato sul Journal of Physiology, lo studio ha analizzato gli effetti di un comune dolcificante – tale sciroppo di mais – di 6 volte più dolce dello zucchero di canna e utilizzato nella produzione di moltissimi alimenti. Tra i tanti ci sono i condimenti, le bevande analcoliche, succhi vari, snack, alimenti per l’infanzia e così via.

Data la grande diffusione di questo dolcificante sono molte le persone che lo assumono quotidianamente, e anche in dosi massicce. Se poi rapportiamo il consumo a tutto un anno, i tassi di assunzione salgono di molto. «Non stiamo parlando di fruttosio naturalmente presente nella frutta, che contiene anche importanti antiossidanti – chiarisce Gomez-Pinilla – siamo preoccupati per l’alto contenuto di fruttosio da sciroppo di mais che viene aggiunto come dolcificante e conservante ai prodotti alimentari lavorati».

Secondo i ricercatori, dato l’impatto che questo dolcificante ha sulla salute, dovrebbe essere tassato come l’alcol o altre sostanze potenzialmente dannose. I test condotti in laboratorio hanno mostrato che i topi alimentati con una dieta ricca di questo fruttosio perdevano alcune facoltà cerebrali come il ricordare un certo percorso o il memorizzare certe informazioni. Altresì, mostravano una sorta di confusione mentale, o instupidimento.

Secondo i ricercatori il danno cerebrale potrebbe essere imputabile a una maggiore resistenza all’insulina provocata dall’assunzione del dolcificante. «L’insulina è importante per l’organismo nel controllo dello zucchero nel sangue, ma può svolgere un ruolo diverso nel cervello, dove l’insulina sembra disturbare la memoria e l’apprendimento – aggiunge Gomez-Pinilla – il nostro studio mostra che una dieta ad alto contenuto di fruttosio danneggia il cervello e il corpo. Si tratta di qualcosa di nuovo».

Come accennato all’inizio, questo processo pare sia tuttavia reversibile e con l’aiuto degli acidi grassi essenziali omega-3 si può proteggere e aiutare a guarire il cervello eventualmente danneggiato dal fruttosio in questione. A tale proposito, i ricercatori suggeriscono di assumere 1 grammo di omega-3 ogni giorno. Be’, ecco un caso in cui la vita un po’ più “amara” può essere un bene. Moderiamo pertanto l’assunzione di alimenti che contengono questo genere di dolcificanti.

Fonte: lastampa.it

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