ROMA – Arianna Galati su marieclaire.com, ci fa venire voglia di sognare con una colazione ai Musei Vaticani che può esser alla portata di tutti: basta prenotare sulla piattaforma online, per visitare questi luoghi senza tempo all’alba, e poi concludere il tour in dolcezza con una buonissima colazione italiana e non. Leggiamo della sua esperienza, per lasciarci ispirare dalla bellezza e dal gusto.
Colazione ai Musei Vaticani: perché provarla
Alle sette del mattino il mondo è ancora in ordine, persino in una città caotica come Roma. Il sole filtra tra i blocchi squadrati del quartiere Prati, bacia i terrazzi del palazzi d’epoca, disegna la via che attraversa effettivamente un confine di Stato (come ricorda la sintesi vocale di Google Maps).
Colazione ai Musei Vaticani è la versione artistico-gourmand di Audrey Hepburn che ammirava gioielli sbocconcellando una brioche davanti alla vetrina di Tiffany & Co
Con al posto di un paio di décolletées, delle sneakers da indossare per i chilometri di ammirazione lenta da percorrere nelle magnifiche sale. Il premio? È sostanzioso nutrimento per il corpo e la mente. Inaspettato, dal fascino unico.
Con la collaborazione di Tiqets, piattaforma di prenotazione online per musei e attrazioni in tutto il mondo che ha lanciato la nuova campagna #SummerOfALifetime per ritrovare la scintilla dell’esplorazione geografica, sapere di potersi concedere uno dei musei più celebri e frequentati del mondo nell’orario in cui di solito si è ancora a letto, è un piacere da non rifiutare. Si hanno a disposizione le sale più incredibili dell’intero complesso, vuote. Senza persone, senza folla, a favore di fotografie libere. Ma non è una sensazione inquietante o triste, anzi: ci si sente miracolosamente pacificati nell’attraversarle in totale tranquillità e silenzio, grati per un privilegio per niente scontato.
La visita early entrance è guidata dall’appassionata e appassionante Rosalba
Capa delle guide dei Musei, voce pacata e modi accoglienti, merita la medaglia d’oro di migliore divulgatrice di Michelangelo degli anni Duemila. Dal suo racconto degli antefatti, della realizzazione e dei lavori che per quattro anni, dal 1508 al 1512, portarono l’irascibile Buonarroti ad arrampicarsi su un’impalcatura da lui stesso realizzata, emerge la personalità complessa dell’artista fiorentino in lite perenne con Roma, col mondo, e con la sua stessa arte. Michelangelo non considerava la pittura la sua espressione d’eccellenza, era effettivamente scultore e architetto prima che pittore.
Ma rifiutare il corposo incarico di Papa Giulio II di ridipingere la volta della Cappella Sistina, dopo dissapori precedenti dovuti ad un progetto naufragato, era fuori discussione. Uno dei capolavori di Michelangelo è oggi a disposizione di tutti, e dato l’attuale divieto di scattare fotografie nella Cappella Sistina, i dettagli sugli affreschi e cosa rappresentano viene raccontato all’ingresso dei Musei Vaticani, con tre comodi e approfonditi pannelli.
E prima di arrivarci si può indugiare liberamente nella Sala della Carte Geografiche ricostruendo la propria mappa personale di affetti, stupirsi con gli le creazioni in seta e oro della Sala degli Arazzi, filosofeggiare di pensiero e religione alle otto e un quarto del mattino di fronte agli affreschi delle sale di Raffaello con una guardia vaticana particolarmente ferrata in materia.
E quando ci si affaccia timidamente dalle finestre aperte, che accolgono una luce dolce, c’è il verde dei Giardini Vaticani con l’orto che provvede al sostentamento di Papa Francesco I: l’unico frutto d’importazione a varcare il confine vaticano sono le arance, care a Joseph Ratzinger che vive ancora all’interno delle mura.
Ma quando il giro nelle sale del museo finisce, tra un pavimento intarsiato e il marmo lucido dai colori incredibili, si approda sotto la volta splendida della Cappella Sistina e ogni parola scompare. Non viene nemmeno l’istinto di aprire la bocca per articolare qualcosa, si ferma persino il primo senso di appetito nello stomaco. Un rapimento profondo, che sfida anche la più coriacea delle cervicali a forza di guardare all’insù. È come sapere di essere incastrati in un incantesimo che non si vuole far terminare, con gli occhi che leggono e si inebriano dei colori, delle contraddizioni, delle simbologie sparse tra affreschi e marmi.
E rende ancora più premiante sbucare nel sole del cortile della Pigna, guadagnare il tavolo al bistrot
Ed essere subito accolti con uova, bacon, pancakes fatti al momento con sciroppo d’acero, burro di arachidi e cornetti, salumi e formaggio con mini panini golosi, caffè a volontà. Una colazione internazionale vera. Con i sensi appagati e la gola che ringrazia, l’ultima sfilata sulla scala a spirale riconduce fuori dalle porte e poi oltre il confine. In una giornata intera da vivere, con tutto altro spirito.