MILANO – Riproponiamo dal blog Costadoro, un interessante approfondimento sulla caffeina e gli effetti sull’organismo di questo elemento contenuto nella tazzina. Un tema spesso dibattuto e non sempre affrontato in maniera completa e trasparente riguarda la caffeina che è presente nel caffè (ma anche nel tè e in molti altri prodotti).
Affrontiamo quindi l’argomento dopo l’interessante intervista realizzata dal responsabile della formazione Costadoro Fabio Verona alla dottoressa Fabiana Carella, che potete rivedere cliccando qui.
Come agisce la caffeina sul nostro organismo?
Il caffè è conosciuto principalmente per il suo effetto-sveglia. In realtà si è più attivi, ma non necessariamente più svegli. Ciò che conta è quanta della caffeina effettivamente agisce sul cervello e quanta su altri organi o il sistema circolatorio.
Innanzitutto, è vero che la caffeina dà questo effetto sveglia, ma soprattutto crea un effetto anti stanchezza. Va poi ricordato che è un alcaloide contenuto non solo nel caffè e ha la caratteristica distintiva di avere un sapore molto amaro.
Infatti in natura è sempre stata intesa come elemento velenoso e così in parte è riconosciuta dal nostro organismo ed è proprio per questo che stimola la produzione di antiossidanti endogeni, estremamente utili contro l’invecchiamento.
L’effetto sveglia, invece, è una reazione che ha degli effetti diversi a seconda delle aree dell’organismo su cui agisce, in quanto il caffè è sia un vaso costrittore che un vaso dilatatore.
Il motivo principale per cui abbiamo un recupero di energia grazie al caffè, è perché la caffeina spegne l’adenosina che è proprio quella che dà la sensazione di stanchezza.
Ricordiamoci però che questa sostanza solitamente fa effetto dopo un po’ di tempo e non ha la stessa influenza su tutti gli individui, agisce dopo circa venti minuti e non rimane in circolo per molto: dopo circa tre quarti d’ora il suo effetto svanisce nell’organismo.
Per il cervello invece è un vaso costrittore, motivo per cui può essere una sostanza utile per combattere l’emicrania.
Il sistema cardiocircolatorio e la caffeina
Come abbiamo visto la caffeina agisce su molti sistemi del nostro corpo e sul sistema cardiocircolatorio svolge diverse funzioni: la prima è che aumenta i battiti cardiaci, che se per le persone particolarmente sensibili o ansiose può essere una controindicazione, per gli sportivi è un grande vantaggio perché sarebbe in grado di favorire le prestazioni atletiche aerobiche anche attraverso un aumento della disponibilità dei lipidi, un minore ricorso al metabolismo glucidico e l’attivazione del sistema nervoso centrale.
Inoltre, al contrario di quanto si pensa, dalle ultime ricerche è emerso che soprattutto dopo i 65 anni, è salutare continuare a bere caffè proprio per la produzione di antiossidanti endogeni, per l’effetto sull’adenosina e per la stimolazione dei neurotrasmettatori come la dopamina, che abbassa il rischio di sviluppare le patologie neurodegenerative e il declino cognitivo.
Non è una cura, ma può esser un valido aiuto contro queste malattie.
Come sapere quanta caffeina ingeriamo?
Bisognerebbe fare più attenzione alla tipologia del caffè che si acquista: in funzione dell’altitudine di coltivazione, della varietà, dell’esser bio o meno, può esser più ricco o meno di caffeina.
Ma non sempre questo valore viene espresso con dati omogenei su tutte le etichette.
Non che si sia un modo migliore o peggiore di segnalarlo, ma il più corretto è la percentuale su 100g di caffè tostato, questo perché è un dato certo.
Alcune volte lo troviamo espresso in mg/ml di bevanda, ed è fuorviante: il contenuto di caffeina in tazza dipende da tantissimi parametri: dose di caffè utilizzata, tipo di acqua, temperatura dell’acqua e metodo di estrazione, per non parlare della macinatura nel caso di acquisto di caffè in grani; è sufficiente il variare di uno solo di questi dati per far si che il valore espresso in etichetta possa non corrispondere, all’insaputa del consumatore.
Meglio caffè lungo o caffè ristretto?
Meglio normale.
Un altro mito da sfatare è legato al caffè lungo. Sono in tanti che vanno al bar chiedendo questa preparazione, nella convinzione che sia più leggero in termini di caffeina.
In realtà è esattamente il contrario: la caffeina viene estratta dell’acqua con cui prepariamo il caffè, quindi più aumenta il tempo in cui sta a contatto con la polvere di caffè e più caffeina viene estratta.
Se ho un espresso ristretto, il tempo di contatto è molto ridotto.
Più si allunga e più (a parità di macinatura) si avrà caffeina nella bevanda.
Diverso naturalmente se il caffè lungo viene preparato aggiungendo acqua calda al normale espresso o in modalità filtro.
Inoltre, più a lungo l’acqua rimane a contatto con il caffè e più vengono estratte anche le componenti negative del caffè come gli oli e le fibre esauste.
Espresso o caffè filtro?
Tendenzialmente il rapporto di caffeina è inferiore in un caffè filtro rispetto ad un espresso, ma il fattore determinante in questo caso è che del caffè filtrato ne beviamo molto di più.
Diciamo che se in una tazzina da espresso abbiamo 15g di bevanda, in una mug di caffè filtro ne abbiamo anche più di 200g, ed ecco che con un paragone come questo nella mug avremo circa il contenuto di caffeina di 2 espressi, ma anche il tempo di assunzione sarà differente, in quanto il nostro ottimo caffè filtrato lo berremo con molta calma a differenza dello shot di espresso.
Ma allora il caffè fa bene o male?
Il caffè buono, esente da difetti, non troppo tostato e preparato nel modo corretto, salvo specifiche controindicazioni non fa male, anzi.
Il problema si può verificare quando il consumatore, inconsapevole, assume un espresso mal preparato o realizzato con miscele piene di difetti o bruciate in tostatura o con contenuti eccessivi di caffeina.
Iniziano quindi i disturbi gastrointestinali, le palpitazioni o il reflusso gastroesofageo; per non parlare di quando per coprire l’amaro o il sapore sgradevole aggiungiamo zucchero o latte.