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venerdì 22 Novembre 2024
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Carbon neutrality, Lavazza ha raccolto la sfida e investe 50 milioni nel nuovo progetto

L’Europa, del resto, ha tracciato la strada: entro il 2030 il vecchio continente dovrà bilanciare le emissioni prodotte con attività sostenibili e una progressiva riduzione dell’inquinamento. In pratica: per ogni tonnellata di Co2 rilasciata in atmosfera ci dovrà essere una compensazione green

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TORINO – La sostenibilità non è solo una parola, ma un obiettivo che molte aziende ormai si pongono di realizzare nel prossimo futuro. Un altro termine legato al tema che compare sempre più nelle strategie aziendali è Carbon neutrality: emissioni di CO2 da ridurre al limite per trasformarsi in produzioni verdi. Tra i nomi che spiccano per il suo impegno compare anche Lavazza. Leggiamo qualcosa in più dall’articolo di Christian Benna su torino.corriere.it.

Carbone neutrality: una rivoluzione per le aziende

C’è chi pianta alberi, come fa Ikea a Torino. C’è chi attacca la spina delle rinnovabili: il 100% delle fabbriche Lavazza. E c’è chi costruisce nuovi impianti a basso consumo energetico, il gruppo Skf ad Airasca. La rivoluzione «Carbon neutral», nella quale l’industria vuole diventare a impatto zero, è partita anche in Piemonte. Comprende gli stabilimenti di L’Oréal, Pattern, Michelin, Stellantis e fa breccia anche nelle Pmi. L’Europa, del resto, ha tracciato la strada: entro il 2030 il vecchio continente dovrà bilanciare le emissioni prodotte con attività sostenibili e una progressiva riduzione dell’inquinamento. In pratica: per ogni tonnellata di CO2 rilasciata in atmosfera ci dovrà essere una compensazione green. Nel quadro politico è la vittoria, almeno sul fronte degli annunci, di Greta e dei ragazzi dei Fridays for Future.

Su quello economico è una sfida ancora tutta da giocare. Perché arriva nei giorni in cui le catene del valore, disseminate su lunghissime filiere industriali sono inceppate e perdono colpi. Mancano semiconduttori, spariti i componenti per biciclette, il rame scarseggia e vale oro. I lockdown hanno messo a nudo la fragilità di uno sviluppo basato perlopiù sulla competitività del prezzo. Se la sfida alla Co2 avrà voce in bilancio cambierà anche l’assetto dell’ industria?

Fornitori a km 0

Apple ha affermato che l’obiettivo di carbon neutrality riguarderà anche la supply chain, quindi tutta la catena di fornitori, basata perlopiù nel Sud Est Asiatico. Applaudono gli ambientalisti. Ma chi produce per Cupertino dovrà mettersi in regola. E quindi centrare, oltre alla sostenibilità economica, anche quella ambientale. La multinazionale degli iPhone ha battuto tutti sul tempo. Ma anche l’industria pesante, che ha già normative rigide sulle emissioni, comincia a rivedere le filiere produttive, chiamando in causa le catene di forniture e subfornitura, di cui l’Italia, e in particolare il Piemonte, è tra le capitali mondiali.

«Avvertiamo una pressione crescente — ammette Alberto Dal Poz, presidente di Federmeccanica — Se gli obiettivi sono nobili le richieste non sono semplici da accontentare. Ma io ci vedo più opportunità che rischi». Fino a ieri gli acquisiti di componenti cercavano il low cost. Da domani la qualità ambientale avrà voce in capitolo, e spingerà in tal senso investimenti e ricerca tecnologica. «E quindi anche le nostre imprese hanno più margine per candidarsi come fornitori per la grande industria». A sentire le società di consulenza specializzate nel nuovo business della carbon neutrality le imprese piemontesi stanno investendo. E non poco. «Per ridurre la Co2 un’impresa ha due strade — spiega Luciano Marchese di Das consulting, specializzato in carbon footprint e decarbonizzazione aziendale — abbattere le emissioni investendo in impianti più performanti oppure compensare acquistando energia green e certificati bianchi sul mercato. Se tutti investono in queste direzioni il volto dell’economia del territorio cambierà in meglio».

I campioni green

Lavazza ha messo in pista un vero e proprio business plan, da 50 milioni di euro, per raggiungere la carbon neutrality entro il 2030. «Quando sono arrivato in Lavazza, circa 10 anni fa, ho trovato un indirizzo molto chiaro verso la sostenibilità —. spiega Antonio Baravalle ceo del gruppo — fatto di attenzione alle persone, alle comunità, all’ambiente, ben prima che la sostenibilità entrasse nelle agende dei Cda delle imprese, della finanza, dei media».

Adesso in Lavazza si parla di azzeramento dell’impatto della totalità delle proprie emissioni di Co2, grazie al bilanciamento tra le emissioni prodotte e il loro assorbimento; packaging sostenibile, il design delle macchine da caffè in un’ottica di risparmio dei consumi energetici, utilizzo di materiali riciclati. In pratica una strategia che coinvolge tutta la sua filiera. «Per fare questo — continua Baravalle — abbiamo in primis puntato alla neutralizzazione della nostra impronta di carbonio per le emissioni su cui abbiamo influenza diretta, il che significa investire in efficienza energetica e riduzione del consumo di materie prime.

E dove non possiamo controllare direttamente le emissioni lungo la filiera, lo vogliamo compensare, ad esempio attraverso la partecipazione a progetti con impatti positivi sia sull’ambiente sia sulle condizioni socio-economiche delle comunità beneficiarie».

Anche il gruppo Skf ha annunciato di voler raggiungere la Carbon Neutrality, ovvero l’eliminazione delle emissioni per le sue attività produttive globali entro il 2030

Una strada che seguiranno gli stabilimenti del torinese. E soprattutto il nuovo impianto di Airasca su cui Skf investirà 60 milioni di euro. Spiega il ceo Skf Italia Aldo Cedrone: «Il nuovo stabilimento produttivo che sorgerà nel nostro polo industriale di Airasca (Torino) sarà concepito tenendo in conto tutte le caratteristiche necessarie per diventare un esempio di fabbrica del futuro, in linea con gli obiettivi di sostenibilità che ci guideranno fino al raggiungimento della Carbon Neutrality».

I costi

La finanza internazionale sta aderendo ai piani carbon neutral promossi dalla presidente Ursula Von der Leyen Ue e dal presidente Joe Biden negli Usa. I grandi fondi, come Blackrock, impongono alle società partecipate di implementare alti standard ambientali. A seguire anche i piccoli dovranno mettersi in regola. E investire. Fin qui tutto bene. Ma ci sono costi che non tutte le imprese possono affrontare. «Si va da 3 fino a 30 euro a tonnellata di Co2 — spiega Maurizio Fieschi dello studio Fieschi che collabora con Novamont, tra i primi campioni della carbon neutrality — La spesa è sostenibile per molti. Sul nostro territorio tra i clienti abbiamo diverse Pmi».

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