FIRENZE – Una parte dell’eccellenza del made in Italy è ben nutrito dai nostri produttori di macchine per espresso e macinacaffè: in questo settore brilla il marchio Eureka, che con le sue attrezzatura professionali, non ha smesso di crescere, neppure nel 2020 in piena crisi pandemica. Leggiamo un po’ di numeri che la riguardano, dall’articolo di Manuela Soressi su ilsole24ore.com.
Eureka: non si smette di crescere ai 100 anni
I suoi primi 100 anni li ha festeggiati con il botto: infatti, nel 2020 Eureka è diventata la prima azienda dei macinacaffè macina-dosatori professionali, in Italia e nel mondo, per dimensioni e capacità produttive. Un bel traguardo che corona una manciata di anni rivoluzionari, in cui da piccola impresa artigianale e familiare fiorentina (oggi la famiglia Conti è arrivata alla quarta generazione) si è trasformata in azienda innovativa e vocata all’export, con il 95% delle vendite realizzate all’estero.
«Quando sono arrivato, nel 2014, Eureka fatturava 4 milioni di euro, aveva 12 dipendenti e il 50% delle vendite era realizzato in Italia – racconta il managing director Maurizio Fiorani –. Oggi le nostre vendite superano i 40 milioni di euro, il mercato nazionale pesa solo per il 5% e diamo lavoro a 75 persone, per metà laureati e con un’età media di 35 anni».
Ed è proprio sulle giovani risorse, sulla vicinanza ai clienti (torrefattori e baristi) e sull’innovazione (in cui investe il 5% del fatturato) che l’azienda fiorentina ha puntato per differenziarsi e mettere il turbo a un mercato che andava avanti un po’ per inerzia.
«C’era un forte potenziale da sviluppare, sia in termini di nuovi mercati che di tecnologie – prosegue Fiorani –. Noi abbiamo studiato i diversi contesti, siamo entrati in Paesi a forte potenziale (come il Nordamerica) e abbiamo lanciato dodici novità (con sei brevetti registrati), sfruttando le opportunità dell’internet of things e coinvolgendo anche i designer per esaltare lo stile italiano».
Oggi la gamma Eureka comprende oltre 50 prodotti
Da quelli iper-professionali a quelli compatti destinati al canale professionale, sino a quelli rivolti ai consumatori, che tanto piacciono ai coffe lovers di tutto il mondo.
Come il best seller Mignon, cavallo di battaglia dell’azienda e benchmark di riferimento del segmento prosumer internazionale, oggi proposto in 18 diverse versioni realizzate per rispondere alle esigenze e preferenze dei singoli mercati, da quelle iperautomatizzate e velocissime richieste dagli americani a quelle “semplificate” e che macinano il caffè in modo slow destinate agli asiatici.
Negli ultimi quattro anni Mignon ha avuto un vero e proprio boom (+100%), in particolare sulle piattaforme di e-commerce. Tanto che persino in un anno nero per il fuoricasa, qual è stato il 2020, l’azienda ha colto un risultato positivo, con un aumento del 50% dei pezzi venduti e una crescita di oltre il 15%del fatturato, confermandosi il competitor più performante.
«Con il Covid c’è stato il desiderio di rivivere in casa il piacere del caffè preparato al bar – aggiunge Fiorani –. Infatti c’è stato un generale exploit dei kit per il caffè, come quello proposto da Starbuck, che comprende la macchina, il macinino e il caffè in grani. In alcuni Paesi che hanno il culto del caffè, come l’Australia, c’è stato un vero boom. In Italia il trend degli “home barista” è ancora agli inizi, ma è significativo il fatto che un big come Lavazza abbia puntato su questo segmento, con il lancio di 1895 by Lavazza, di cui siamo partner».
L’aumento degli ordini ha già reso insufficiente l’investimento realizzato cinque anni fa sul plant di Sesto Fiorentino, da cui nel 2020 sono usciti 150mila pezzi, e così ora l’azienda sta acquistando un nuovo stabilimento, per assecondare anche le previsioni commerciali.
«Ci aspettiamo che il mercato continui a crescere per tutto il primo semestre del 2021 per poi assestarsi nel resto dell’anno, e che a correre sarà soprattutto l’Asia mentre in Europa e in Nordamerica la ripartenza di bar e ristoranti sarà più lenta e anche il mercato dell’equipment domestico tenderà a stabilizzarsi – afferma Fiorani –. Come azienda pensiamo di chiudere l’anno con un fatturato stabile o, speriamo, in lieve crescita».