NAPOLI – Abbiamo seguito anche su queste pagine il dibattito che si è aperto tra i due dossier concorrenti per il riconoscimento Unesco, da una parte quello della cultura del caffè napoletano, dall’altra quello del rito del caffè espresso italiano tradizionale: una vicenda conclusasi in pareggio, una vittoria di Pirro per entrambi, che hanno visto bloccato l’iter verso l’ambita meta. Eppure, Napoli non si arrende e ci riprova, con una formula molto simile: non più il caffè, ma l’arte e la manualità dei baristi, come patrimonio immateriale. Ce la faranno? Leggiamo i dettagli da ildenaro.it.
Napoli punta ancora all’Unesco ma da un’altra strada
“D’intesa con i torrefattori di Napoli, stiamo lavorando a un progetto che punta a trasformare l’arte e la manualità dei baristi di Napoli in bene immateriale dell’Unesco”. Lo ha affermato Antonio Ferrieri, delegato all’agroalimentare di Confapi Napoli, a margine dell’incontro tenutosi a Palazzo San Giacomo con i rappresentanti del mondo della torrefazione campana a cui hanno parte anche l’assessore comunale Giovanni Pagano e la consigliera comunale Laura Bismuto: “I nostri baristi hanno una manualità e una ritualità che è unica in Italia e forse nel mondo.
Anche il semplice bicchiere d’acqua, che viene offerto prima del caffè, ha la funzionalità di pulire la bocca prima della degustazione. I baristi di Napoli hanno una gestualità tutta particolare: controllano la macina, riscaldano il pistone della macchina e puliscono il braccetto ad ogni caffè. E questo viene fatto solo a Napoli; per questo il caffè che si beve nella nostra città ha un gusto superiore rispetto al resto d’Italia”.
Quindi ha concluso:
“L’obiettivo di coinvolgere i torrefattori nella nostra iniziativa è perché avranno il compito di creare, nelle proprie aziende, delle scuole di formazione così da aumentare la qualità del servizio per i propri clienti e da formare un personale sempre più qualificato”.