mercoledì 18 Dicembre 2024
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Covid: Hoffer, Polojaz e Bianchin in difesa d’un settore così punito

Nonostante un ottimo aumento delle vendite online, il comparto del caffè torrefatto paga gravi conseguenze dalla fortissima diminuzione dei consumi nei bar e nei ristoranti per lo più chiusi: si tratta di 800 torrefazioni, per un totale di 7mila addetti e un giro d’affari di 3,9 miliardi di euro nel 2019.

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MILANO – Partendo dalla lettera del Gruppo torrefattori indirizzata al premier Mario Draghi, che fa sentire ancora oggi la sua eco su molte testate, La Repubblica attraverso il lavoro di Eleonora Cozzella, ha riunito una serie di interventi degli addetti ai lavori, partendo da quello di Patrick Hoffer (vice presidente del Consorzio promozione caffè) e di Fabrizio Polojaz (titolare di PrimoAroma e presidente dell’Associazione caffè Trieste).      Ve lo proponiamo.

Torrefattori: il made in Italy da salvaguardare

Voglia di tornare a godersi un espresso al bar senza pensieri. Per gli italiani il desiderio è di riavvicinarsi al bancone e concedersi una pausa caffè: se il Covid-19 ci ha allontanato da questa abitudine, non ha però alterato l’immagine positiva dei luoghi dove si consuma.
Secondo un’indagine realizzata durante il primo lockdown da YouGov per Istituto espresso italiano, infatti, questo rimane per il 25% degli intervistati l’occasione per passare tempo con gli amici e i colleghi e per un altro 25% un momento di pace e relax (stessa percentuale di prima dell’emergenza).

Pur di tornare all’amata tazzina al bar, gli italiani sono disposti a pagare un prezzo maggiore: il 72% si dichiara pronto a farlo in presenza di una maggiore sicurezza del luogo di consumo. Al primo posto tra gli accorgimenti più apprezzati l’igienizzazione continua dei tavoli e la pulizia di stoviglie con prodotti particolari. E non solo gli appassionati bevitori non vedono l’ora di poter tornare a dire con serenità “mi fa un caffè per favore”. Ancor di più è la schiera degli addetti ai lavori.

Il mondo del caffè made in Italy ha infatti sfiorato il -40% di fatturato nel 2020

“Il settore è sull’orlo del baratro” è il grido d’allarme lanciato dal Gruppo italiano torrefattori caffè, che chiede un tavolo al governo per l’immediato confronto su indennizzi, aperture dei pubblici esercizi e contributi a fondo perduto Mipaaf per l’intero settore Horeca”.

Nonostante un ottimo aumento delle vendite online, il comparto del caffè torrefatto paga gravi conseguenze dalla fortissima diminuzione dei consumi nei bar e nei ristoranti per lo più chiusi: si tratta di 800 torrefazioni, per un totale di 7mila addetti e un giro d’affari di 3,9 miliardi di euro nel 2019.

Patrick Hoffer, vice presidente del Consorzio promozione caffè

Che fa parte di Unionfood e riunisce aziende impegnate nella produzione e commercializzazione, oltre ai produttori di macchine professionali, sottolinea il danno causato da lockdown totale prima e limitazioni poi: meno colazioni in hotel e quasi nessun consumo in ristoranti (che rappresentano il 53% della quota di mercato), limitazioni dei bar (il 46%) e catering.

“La pandemia ha depresso il mercato, dai modi tradizionali di consumo, all’acquisto, passando per la distribuzione del caffè” sottolinea Fabrizio Polojaz, titolare di PrimoAroma e presidente dell’Associazione Caffè Trieste, che riunisce nel Nord Est tutti i lavoratori del settore, dai torrefattori ai “crudisti” fino agli operatori della logistica e del porto. «La crisi ha ribaltato completamente i dati positivi registrati nel 2019”.

Con una lettera indirizzata al presidente del Consiglio, Mario Draghi, e ai ministeri il Gtc, che riunisce 225 imprese del settore, denuncia “la mancanza di prospettiva e di proporzionalità delle ultime misure restrittive” e si fa portavoce di un’intera filiera, vera eccellenza del made in Italy, in gravissime difficoltà, che soffre insieme alla ristorazione delle limitazioni imposte nel corso dell’emergenza sanitaria.

“A tutela delle torrefazioni italiane e vicini ai pubblici esercizi, abbiamo interpellato il presidente del Consiglio e i ministeri di competenza affinché si impegnino ad agire ora, per arginare l’ondata di fallimenti che rischia di diventare inarrestabile”, afferma il presidente dell’associazione, Alessandro Bianchin.

“Siamo disponibili ad un serio confronto che porti alla revisione delle direttive e all’adozione di nuovi protocolli che permettano alle imprese di programmare e di lavorare”. Le disposizioni in atto rischiano di suonare oppressive e punitive per i pubblici esercizi: “Non è più sostenibile, a quasi un anno dallo scoppio dell’emergenza sanitaria, continuare ad adottare un metodo che non consente alcun margine di programmazione per gli imprenditori, dettando aperture e chiusure da un giorno all’altro” ribadisce Bianchin.

Tra le proposte avanzate dal Gitc, vi è l’ampliamento delle fasce orarie di fruizione per evitare il rischio di assembramenti, e la richiesta di inserire il caffè espresso italiano nel contributo a fondo perduto Mipaaf dedicato al canale Horeca per l’acquisto di prodotti italiani.

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