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venerdì 22 Novembre 2024
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Asporto non aiuta: il bar torinese che diventa negozio d’ortofrutta per sopravvivere

Il gestore: "Questo ci sta dando una mano a sopravvivere. Le persone hanno risposto bene, sono contenti e qualcuno spera che questa cosa rimanga anche dopo. Noi con questa cosa qui ci siamo complicati la vita perché mio marito al mattino dopo che ha piazzato tutto, ci lascia e va a comprare frutta e verdura ai mercati generali. Rimaniamo qui io e mia nipote e dobbiamo trattarle come una volta perché qui c'era un ambiente familiare e questo deve rimanere anche perché dopo il lockdown i clienti devono tornare"

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TORINO – La formula dell’asporto non è sufficiente a tenere a galla un settore messo alla prova da quasi un anno a causa dell’arrivo del Covid. Questa modalità non è sicuramente una soluzione per riportare in auge tutte queste attività appese a un filo che rischiano giorno dopo giorno la chiusura totale o anche parziale. Su questo tema si è fatto avanti un proprietario che a Torino cerca di far sopravvivere il suo locale, convertendolo in un bar ortofrutta. Leggiamo la testimonianza dall’articolo di Gioele Urso su torinotoday.it.

Asporto insufficiente per restare aperti

“Solo con l’asporto non saremmo riusciti ad andare avanti”. È semplice la spiegazione che Eunice Russo, titolare della Caffetteria del Re di Corso Re Umberto, fornisce a chi le chiede per quale motivo abbia deciso di trasformare il suo dehors in un banco dell’ortofrutta. Dove un tempo sedevano i suoi clienti per bere un caffè o fare pranzo, oggi ci sono patate, mele o pomodori. Una soluzione d’emergenza, la sua, per riuscire a sopravvivere.

“Abbiamo deciso di ampliare la nostra attività. Da piccola caffetteria abbiamo dovuto mettere su frutta, verdura, pane, pizza per l’incasso. Abbiamo affitti molto alti, una bolletta della luce mensile da 500 o 700 euro, e quindi noi solo con l’asporto non ce l’avremmo potuta fare”, spiega la commerciante.

L’asporto, il divieto di consumare vicino al bar e il freddo alcune delle ragioni alla base della decisione:

“Parliamoci chiaro, la gente viene perché vuole darci una mano, ci vuole bene, può prendersi un caffè o una brioches, ma la colazione te la fai a casa. A noi mancano colazioni, pranzi, anche perché il cliente il caffè lo deve prendere e consumarlo più avanti. Il verbale lo puoi avere per qualsiasi cosa e con questo freddo la gente non può venire qua a fare colazione”.

Una riconversione parziale che ha trovato una buona risposta da parte della clientela:

“Questo ci sta dando una mano a sopravvivere. Le persone hanno risposto bene, sono contenti e qualcuno spera che questa cosa rimanga anche dopo. Noi con questa cosa qui ci siamo complicati la vita perché mio marito al mattino dopo che ha piazzato tutto, ci lascia e va a comprare frutta e verdura ai mercati generali. Rimaniamo qui io e mia nipote e dobbiamo trattarle come una volta perché qui c’era un ambiente familiare e questo deve rimanere anche perché dopo il lockdown i clienti devono tornare”.

E il futuro? “Sono un’ottimista e secondo me rinasceremo, spero non fra troppo tempo però perché il commercio era già in ginocchio prima”.

 

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