MILANO – La rete di organizzazioni mondiali Oxfam ha avviato un progetto di sviluppo sostenibile della filiera caffeicola per riattivare l’economia di un Paese che, già estremamente povero, è stato devastato dal sisma del 2010. Un chicco alla volta: si riparte dal caffè ad Haiti per riattivare l’economia. Già prima del terremoto del 2010, il Paese che affaccia sul Mar dei Caraibi viveva nell’estrema povertà: il territorio disboscato al 90% e la popolazione disoccupata per il 70%.
Oxfam a sostegno della filiera
Una situazione peggiorata dal sisma sulla quale ha deciso di intervenire Oxfam Italia, rete internazionale di organizzazioni che lottano contro la povertà e l’ingiustizia nel mondo. Un mese prima del terremoto, è partito infatti il progetto di Oxfam a sostegno dei piccoli produttori di caffè nel Dipartimento del Sud di Haiti, a Les Cayes, che punta a creare un gruppo di produttori consapevoli di essere una cooperativa, in grado quindi di coordinarsi e di coltivare e vendere caffè di qualità su mercati locali e internazionali, guadagnando dalle loro piantagioni.
Una decisione, quella di Oxfam di lavorare sulla vocazione caffeicola del Paese, che viene dalla necessità di cominciare a rendere indipendente, attraverso l’economia, un territorio che vive di agricoltura di sussistenza.
In piccoli passi, un chicco alla volta, è iniziato il processo di sviluppo sostenibile della filiera del caffè che si è rivelato più lungo del previsto
«Siamo arrivati ad Haiti – racconta Lorenzo Ridi, un responsabile di Oxfam che ha lavorato per sette anni nel Paese caraibico – un mese prima del terremoto, trovando già una situazione disastrosa, e il nostro lavoro è stato bloccato per poterci occupare dell’emergenza».
Il problema nei mercati locali è che, essendo il prezzo definito in Borsa, quando questo si abbassa sulla Borsa di New York, per i produttori non è più conveniente coltivare e così le piantagioni vengono abbandonate. «Per questo è importante – spiega Lorenzo Ridi – raggiungere i mercati internazionali e per farlo bisogna migliorare quantità e qualità del prodotto, rinnovando le pratiche agricole, molto arretrate ad Haiti». Dalla potatura alla fertilizzazione, imparando a usare solo sostanze organiche ed evitando quelle chimiche: questa la formazione che Oxfam ha fatto sui contadini haitiani, dotandoli anche di materiale e infrastrutture.
L’ultimo risultato del progetto Oxfam?
«La costruzione di un magazzino, un punto strategico della filiera produttiva perché è il luogo dove i chicchi vengono divisi e dove avviene lo stoccaggio, che garantisce la qualità del prodotto». Il più grande orgoglio dei piccoli produttori di caffè? Poter dire: «Ho una piantagione che funziona». «In tutti i produttori che ho conosciuto – continua Ridi – anche il più piccolo risultato risveglia subito in loro una grande speranza e la voglia di riscattarsi». Un riscatto che, grazie a Oxfam, ha il profumo della caffeina e che, come la lavorazione del caffè, è un «processo lungo e sofisticato».