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venerdì 22 Novembre 2024
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Dal Kopi Luwak al Black Ivory: come gli animali vengono usati per produrre alcuni dei caffè più costosi nel mondo

Nella storia naturale del caffè intervengono non solo agli uomini ma anche gli animali, come ricorda la leggenda, che sembra essere raccontata per la prima volta in Europa nel 1671 dal frate maronita Antonio Fausto Naironi, che l’uso umano del caffè sarebbe partito dall’osservazione da parte di un pastore, in molte versioni di nome Kaldi, dell’agitazione delle sue capre che si erano nutrite di foglie e bacche della pianta del caffè

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MILANO – La produzione del caffè è un processo lungo che col tempo ha sperimentato diversi metodi per far maturare il chicco e ottenere un diverso risultato in tazza. Ad un certo punto non è stato neppure più lavoro esclusivo degli esseri umani, ma ha coinvolto anche determinati animali: dagli elefanti agli zibetti, ciò che viene ricavato sono alcuni dei caffè più costosi sul mercato. Leggiamo un po’ la storia dietro queste soluzioni che ad alcuni fanno storcere il naso e ad altri affascinano, al punto da metter mano al portafogli senza troppi problemi, dall’articolo di Giovanni Ballarini su georgoili.info.

Animali, caffè e produzione: come sono interconnessi

Il frutto del caffè è una drupa che contiene la polpa e due semi o chicchi avvolti da una pellicola rigida e spessa e da una pellicola sottile aderente al seme. Nella coltivazione del caffè, dopo il raccolto è necessario estrarre i chicchi dal frutto, altrimenti si deteriorano, e si usa un trattamento a secco o in umido.

Nel trattamento a secco i frutti sono essiccati al sole o in essiccatoi, con un risultato più rapido ma qualitativamente inferiore, poi si esegue la snocciolatura a cui segue una setacciatura e la selezione dei chicchi per dimensioni e il caffè così prodotto si chiama naturale o non lavato. Con il trattamento umido le macchine spolpatrici in un flusso continuo di acqua rompono buccia e polpa liberando i semi che a loro volta sono svincolati dalla mucillagine di polpa e dalle pellicole con una fermentazione in acqua alla quale segue un essiccamento, la snocciolatura e la selezione dei chicchi e il caffè così ottenuto si chiama lavato. Questo secondo metodo necessita di molta acqua, è più lungo e costoso ma il prodotto ha una qualità migliore e le partite sono più omogenee e costanti.

Nella storia naturale del caffè intervengono non solo agli uomini ma anche gli animali, come ricorda la leggenda, che sembra essere raccontata per la prima volta in Europa nel 1671 dal frate maronita Antonio Fausto Naironi, che l’uso umano del caffè sarebbe partito dall’osservazione da parte di un pastore, in molte versioni di nome Kaldi, dell’agitazione delle sue capre che si erano nutrite di foglie e bacche della pianta del caffè. Come avviene per molte piante, la drupa è un buon cibo per diversi animali attratti anche dal colore, che si nutrono della parte esterna e che con processi digestivi liberano i semi che sono eliminati con le feci e deposti in luoghi lontani favorendo la disseminazione della pianta. Da qui una simbiosi vantaggiosa tra pianta e animale.

Tra i molti animali che si nutrono delle bacche del caffè vi sono gli zibetti dell’Indonesia (Paradoxurus hermaphroditus)

Simili a un gatto o a una civetta, gli uccelli erbivori o Jacu, originari del Sud America e diffusi nello stato brasiliano di Espírito Santo, presenti nelle piantagioni di caffè all’ombra di alberi ad alto fusto e che si ciba dei frutti di caffè maturi, gli elefanti della Thailandia e è noto che questi animali con le feci eliminano i chicchi del caffè nei quali gli enzimi digestivi modificano la struttura delle proteine dei chicchi rimuovendo parte dell’acidità e rendendo l’infuso di caffè più liscio e quindi di maggior valore. Recentemente a questi animali si sono aggiunte talune specie di formiche. Dai chicchi di caffè mangiati dagli animali e poi espulsi con le loro feci si ottengono caffè di particolare pregio.

Il Kopi Luwak (Kopi caffè, Luwak, nome indonesiano della civetta delle palme) è un pregiato caffè e molto costoso (circa ottocento euro al chilogrammo, circa dodici euro a tazzina) ricavato dalle bacche di caffè parzialmente digerite e defecate dallo zibetto o civetta delle palme. Inizialmente i produttori si limitano a raccogliere le deiezioni degli zibetti nei pressi delle piantagioni di caffè, ma oggi gli zibetti sono catturati, rinchiusi in gabbie e alimentati forzatamente ed esclusivamente con le bacche di caffè.

Il Black Ivory (avorio nero) è un caffè profumato con note di cacao, spezie, sentori di tabacco e cuoio

E un retrogusto di ciliegia sciroppata e una tazzina costa ottantacinque Euro. Nel villaggio rurale di Ban Taklang, nel Surin della Thailandia le bacche di caffè Thai Arabica sono incorporate all’alimentazione degli elefanti dalle cui feci sono raccolti i chicchi di caffè che sono lavati, asciugati al sole.

Il Caffè Ant (ant termine inglese di formica) prodotto nello stato brasiliano di San Paolo è ottenuto da formiche che raccolgono le bacche di caffè e trasportano nei loro formicai la polpa scartando i chicchi che rimangono fuori dal formicaio. Diversi studi sono stati compiuti sui rapporti che vi sono tra caffè e formiche e tra questi quello di Abdul Hafiz Ab Majid e collaboratori (Abdul Hafiz Ab Majid, Hamady Dieng, Siti Salbiah Ellias, Tomomitsu Satho – Behavioral responses of household ants (Hymenoptera) to odor of different coffee species and formulations: Sustainability approach for green pest management strategies – bioRxiv, 18 – I – 2017) dimostrando che il caffè e in particolare quello di tipo Arabica attrae questi insetti, in particolare le specie di formiche Tapinoma indicum, Monomorium pharaonis e Solenopsis geminata, sfatando per esempio antiche tradizioni e consigli presenti su Internet che suggeriscono di spargere i fondi di caffè per scoraggiare le formiche. Allo stesso modo può trovare spiegazione la predilezione che le formiche hanno per le cucine, dove sono attratte anche dall’aroma del caffè.

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