MILANO – Il Presidente Sca, Speciality coffee association, Ric Rhinehart (FOTO sopra) ha discusso sul possibile futuro del caffè, in particolare di quello Speciality, nel corso di un evento organizzato da Simonelli Group nella nuova sede dell’azienda a Belforte del Chienti (Macerata). Un discorso che è partito dai problemi presenti per individuare con consapevolezza le possibili soluzioni.
Presidenza Sca: un ruolo importante per comprendere il futuro
«Parlerò della mia prospettiva sul futuro del caffè – ha esordito Rhinehart -. Ma soltanto dopo aver analizzato il suo presente. Una realtà che non è la stessa che ho conosciuto trent’anni fa quando ho iniziato ad occuparmene. E neppure il presente che ho trovato quando ho iniziato a collaborare con Scaa, ora diventata Sca. Da allora ho registrato una crescita molto importante. E nulla è accaduto per caso».
L’interazione del consumatore con una buona tazzina, è il presente del caffè
Continua il presidente Sca: «Quale sarebbe il futuro? Io vedo un futuro per il caffè dal punto soprattutto per quello di tipo Specialty. Un paio di settimane fa mi sono ritrovato in Svizzera, a Ginevra. Assieme ad un gruppo di persone che non era costituito di appassionati di caffè speciali. Il loro interesse per lo Specialty era il meno romantico possibile.
Molti di noi hanno un rapporto di tipo emotivo, romantico, con lo Specialty. Lo stesso che poi trasmettiamo ai nostri consumatori. Ma io ero circondato da persone per le quali la passione per il caffè non aveva propriamente un valore».
Come discutere del futuro del chicco
Prosegue il presidente: «In quell’occasione a Ginevra eravamo quindi scollegati da qualsiasi contesto emozionale. Così sono rimasto innanzitutto colpito dai temi in discussione. Perché erano tre gli argomenti chiave e tutti avevano un impatto sul futuro del caffè. Sul futuro della nostra percezione che abbiamo del caffè stesso».
Argomento numero uno: la sostenibilità
«Abbiamo iniziato a discutere della sostenibilità. Già questo era particolare. Considerando che soltanto 50 anni fa, sostenibilità era più una parola che un vero concetto. Quando ne parliamo, la prima cosa che ci viene in mente è una bellissima piantagione con piante di caffè sanissime. E tutte sotto delle foreste d’ombra che non possono esser toccate. Insomma, un ecosistema perfetto, quello che sostiene il pianeta».
«Di certo, questa immagine è solo una parte del quadro. L’altro aspetto che era tra i pensieri di quelle persone che ho incontrato a Ginevra, era strettamente collegato al lato finanziario della faccenda. Prima di tutto, dobbiamo pensare ai coltivatori di caffè. Sono un gruppo piccolo e sono molto spesso anziani».
Sempre di più nel mondo, i coltivatori di caffè sono uomini anziani
«In Colombia oggi, l’età media di un coltivatore di caffè è di circa 60 anni. Ma questo non significa che li rimpiazzeremo con agricoltori più giovani. I contadini junior infatti, oggi utilizzano smartphone e computer. Hanno un punto di vista sul mondo che va oltre i confini delle loro piantagioni. Hanno visto i loro genitori lottare per guadagnare dalla loro attività per generazioni. Una situazione di vita che a loro non basta più. Ma questo è solo un aspetto della sostenibilità».
I costi di produzione
Il Presidente SCA aggiunge: «In generale la coltivazione di caffè per i piccoli coltivatori non è un’attività redditizia. E per quanto tempo si può chiedere a qualcuno di inseguire obiettivi che non hanno alcun senso dal punto di vista economico?».
Argomento numero due: il cambiamento climatico
«È un fenomeno che ci tocca ogni giorno. Una realtà che ci sovrasta. Prima di tutto abbiamo parlato della crescita della frequenza di eventi climatici estremi. Questi episodi sono una reale minaccia per i piccoli coltivatori. Sia per la loro vita sia per la loro attività».
Cosa dice la ricerca
«La sfida è di avere abbastanza acqua per poter gestire in modo ottimale la coltivazione del caffè. Per questa ragione, molti dei coltivatori, potrebbero esser tagliati presto fuori dal mercato del caffè. Quindi, cosa potremmo fare noi, come associazioni, come industria, come individui?»
«Questo è il vero problema. Siamo semplici persone che cercano di trovare una soluzione comune».
«Il miglior modo di combattere il riscaldamento globale e i suoi effetti, è la ricerca. Per esempio possiamo pensare ad una nuova generazione di piante e di tecniche di coltivazione. Così da trovare il modo di sopravvivere ai cambiamenti climatici e all’aumento dei costi di produzione».
Argomento numero tre: consolidamento
«Per molti versi ci siamo trovati in un momento unico della storia secolare del caffè. Per esempio per la prima volta da sempre più della metà del caffè tostato è prodotto da cinque sole grandi aziende multinazionali. E si tratta di una quantità enorme».
«In questo modo, queste 5 industrie della torrefazione sono in grado di influenzare da sole l’andamento del mercato. Per esempio di provocare la crisi dei prezzi. E anche di forzare tutti gli altri concorrenti a investire ancora più denaro nel settore».
Un altro aspetto del consolidamento
«Passo ora ad affrontare quello che, forse, è l’aspetto più critico. Nel 1996, la topfive dei produttori nel mondo, produceva solo il 57% del caffè mondiale. Ma per meglio comprendere questo aspetto, basta pensare in prospettiva».
«Nel 1990 c’erano 10 Paesi a produrre il 50% delle scorte di caffè al mondo. Nell’ultimo anno invece, solo 5 paesi hanno prodotto il 75%».
«Questo comporta enormi rischi. Ad esempio, basterebbe un evento negativo in Brasile o in Vietnam per avere conseguenze drammatiche. Un disastro naturale qualsiasi, potrebbe influenzare drasticamente il mercato del caffè. Sia in termini di prezzo, sia per le effettive scorte disponibili. Quindi, il nostro caffè, da dove arriverebbe?».
La necessità di una strategia globale
«C’è bisogno di un piano che si rivolga alla ricerca di nuovi tipi di piante di caffè. Così come di nuovi modi di produzione e di trasporto. Dallo stoccaggio alla tostatura, sino ad arrivare al consumatore. Dobbiamo pensare a una strategia che si adatti ai cambiamenti climatici».
Mitigare il cambiamento climatico e adattarsi
“Come individui, consumatori e cittadini, abbiamo l’obbligo di mitigare, rendere meno aggressivo il cambio di clima. Ovvero, bisogna divenire più attenti al nostro comportamento nel mondo. Inoltre dovremmo anche pensare a diverse strategie di adattamento per i coltivatori. Focalizzarci sulle piante e le tecniche. Solo alla fine, potremmo occuparci del lato finanziario. Come preservare il mercato da questi drammatici cambiamenti ambientali?»
«E questo è soltanto un rapido sguardo sul futuro del caffè. Ma esiste un altro modo di guardarlo in prospettiva».
Perché c’è il calo dei prezzi
«Ci sono delle aziende che continuano a spingere per abbassare i prezzi del caffè verde. Rivalendosi sui coltivatori e sugli intermediari. Questi coltivatori possono soltanto chiedersi come sia possibile dare di più. I prezzi per loro sono già andati al di sotto dello standard minimo di produzione».
«La domanda che mi è venuta in mente l’ho proposta al gruppo di persone incontrate a Ginevra. Come si spiega il prezzo dello specialty coffee? Perché io osservo la situazione fuori dal mercato. Entro in contatto con i consumatori. Con il loro desiderio di pagare un prezzo adeguato per una migliore esperienza in tazza».
La risposta sta nell’uso del capitale
«Uno dei modi in cui usiamo il capitale è il seguente. Comprare una compagnia e spremerle risorse e denaro sino ad esaurirla e abbandonarla. Questo uso del capitale, io non lo condivido. In quanto non crea valore».
«Esiste però un altro modo di investire i propri soldi. Ovvero impiegarlo per un miglior prodotto. Così da creare un valore effettivo. Una vera addizione all’economia. Concentrarsi sulla qualità, sulla bellezza in tazza, è la soluzione. Il prezzo si abbasserà, mentre il valore aumenterà. Poi il prezzo seguirà il valore, così da garantire un guadagno per i contadini. Ma anche per gli esportatori e i piccoli torrefattori».
«In questo modo il denaro finalmente sarà una possibilità di cambiamento per le nostre aziende».
I consumatori vedono il caffè con occhi diversi
Il Presidente SCA continua dal punto di vista dei consumatori.
«Sì perché i consumatori non vedono più il prodotto come erano abituati a fare anche soltanto 30 anni fa. Il modo in cui percepiscono il caffè è profondamente cambiato. La maniera in cui interagiscono con esso, continuerà a cambiare. E questo accadrà fin tanto che noi continueremo a spingerci oltre i confini del possibile. Sia sul fronte degli uomini sia su quello delle macchine».
Conclude Rhinehart: «Ma torniamo al futuro del caffè. Per molti aspetti potrebbe essere spaventoso, considerando le sfide che dobbiamo affrontare. Ma, d’altra parte, possiamo vedere anche un futuro ottimistico. Nella speranza di creare una seconda generazione di consolidamento che superi il concetto di valore come accumulo ossessivo di capitale. E ci si concentri finalmente su un mercato che condivida equamente le risorse».