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venerdì 22 Novembre 2024
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Dehors: il punto a Milano, tra gestori soddisfatti e residenti scontenti

Lino Stoppani, presidente di Epam-pubblici esercizi associati a Confcommercio: "I riscontri che abbiamo avuto dai commercianti vanno da risultati molto positivi alla delusione di altri, quando la proposta non ha incontrato per i più svariati motivi, le esigenze della clientela. Ma in generale è andata bene. Proseguire in inverno?"

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MILANO – I dehors sono state una delle ancore di salvezza per i pubblici esercizi, che hanno dovuto limitare i posti a sedere per garantire le distanze di sicurezza: gli spazi offerti dai Comuni sono stati provvidenziali per far ripartire il settore, e ora, dopo aver sperimentato questa soluzione per diversi mesi, è il momento di fare il punto della situazione. Valutandone i pro, i contro, per comprendere come ottimizzare questo servizio per consumatori e gestori. Leggiamo un articolo sulla città di Milano, di Fabrizio Guglielmini su milano.corriere.it.

Dehors: dopo quattro mesi e oltre 2.000 permessi concessi ai locali

Le misure agevolate per «uscire» con i tavoli di bar e ristoranti nelle strade e nelle piazze hanno cambiato identikit alle zone residenziali. Dopo un rodaggio pieno di interrogativi a maggio — quando l’emergenza sanitaria non dava tregua alla quotidianità — i milanesi hanno apprezzato i nuovi spazi spuntati un po’ dovunque: meno posti auto e i colori di fioriere, decorazioni e ombrelloni a creare ritrovi extra large all’aperto.

Il pienone di via Borsieri, all’Isola, ha accompagnato la trasformazione della strada del Blue Note sia pure fra le continue lamentele dei residenti per i posti auto ridotti; il successo di NoLo, zona già lanciatissima, è andata oltre le previsioni più ottimistiche, stesso bilancio di segno più in via Volta fra le ultime strade in sperimentazione «slow».

Numeri non da poco: 2.000 dehors significano circa 50mila metri occupati all’aperto fra marciapiedi e carreggiate in tutta la città, dove le velocità sono ridotte a 30 o 15 km/h

Adesso che le sperimentazioni nelle zone pedonali hanno richiamato i clienti e permesso a molti locali di risollevarsi, le considerazioni degli addetti ai lavori immaginano soluzioni a medio-lungo periodo, in sostanza le stesse a cui sta pensando l’amministrazione comunale. Un contesto per un futuro imminente, delineato da Lino Stoppani, presidente di Epam-pubblici esercizi associati a Confcommercio: «I riscontri che abbiamo avuto dai commercianti vanno da risultati molto positivi alla delusione di altri, quando la proposta non ha incontrato per i più svariati motivi, le esigenze della clientela. Ma in generale è andata bene. Proseguire in inverno? Le occupazioni esterne sono un bel vedere, la città si è rivitalizzata ma al tempo stesso nei mesi più rigidi crediamo che non ne valga la pena, privilegiando invece i parcheggi per i residenti e il decoro, cioè progettare per la primavera strutture definitive da utilizzare sempre».

Una posizione condivisa da Simona Pizzi, titolare del Type di via Borsieri: «Il sabato il nostro dehors è strapieno, pur mantenendo tutte le distanze di sicurezza con scrupolo. Adesso però ci serve una prospettiva per investire se queste regole saranno prorogate. Con strutture leggere, coperte soprattutto da ombrelloni, non si può certo affrontare l’inverno milanese.

Nella via non tutti sono contenti

I residenti sono arrabbiati per i parcheggi venuti meno e anche diversi negozianti non del nostro settore: la raccolta firme contro i dehors è partita da tempo. Ma, cosa più importante, questa iniziativa sta salvando letteralmente la vita a tutti noi esercenti di bar, locali e ristoranti e porta molta gente del quartiere. E poi c’è il fattore ambiente: a me sembra un giusto compromesso fra socialità e riduzione del numero delle auto in giro».

Le scadenze dei provvedimenti, pur necessarie per star dietro alle varie fasi dell’emergenza sanitaria, hanno persuaso diversi locali a rinunciare agli spazi «agevolati» sul suolo pubblico: è il caso di Lucia, proprietaria del Mint fra via Casale e via Lecco, a Porta Venezia: «Se devo ipotizzare un investiMento di 20 o 30 mila euro per un dehors che non sia un pollaio, come chiamo molti di quelli esistenti, ho bisogno di una prospettiva di due o tre anni, non certo un permesso che magari si esaurisce al 31 ottobre o alla fine dell’anno».

La linea del Comune sta già tenendo conto di queste osservazioni e intende sciogliere in tempi brevi i molti dubbi espressi dai gestori. Privilegiando una stabilizzazione di lungo periodo dei dehors nati durante il lockdown — sia dal punto strutturale che normativo — per gli esercizi che volessero aderire al progetto, eliminando così anche gli aspetti della stagionalità.

L’esperimento, positivo in moltissimi casi, ha disegnato anche mappe urbane inedite:

«Il nuovo utilizzo delle strade ha cambiato pezzi di quartieri in tutta la città e in molti casi ha favorito progetti diffusi fra commercianti, Municipi e associazioni» ha ricordato l’assessore all’urbanistica Pierfrancesco Maran. Restano altri nodi da risolvere — fra cui i parcheggi e il rispetto dei limiti di velocità nelle zone «protette» — che una volta sciolti potrebbero spingere Milano verso l’ennesima metamorfosi: una città con quartieri «slow», a misura di pedonalizzazioni estese.

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