MILANO – Per dare un’idea del potenziale di crescita del mercato cinese molti citano il caso del Giappone. Una nazione, quella nipponica, diventata quasi dal niente, nel giro di poco più di una generazione, uno dei massimi mercati mondiali del caffè: attualmente, il quarto paese consumatore su scala globale, alle spalle di UE, Usa e Brasile. A fare la differenza, a partire dagli anni settanta, fu l’evolversi delle abitudini e dei costumi dei giapponesi e la loro occidentalizzazione.
Ma anche la lungimiranza di grandi imprenditori visionari: a cominciare da Tadao Ueshima, il padre del caffè giapponese. E il lancio di prodotti innovativi, consoni allo stile di vita locale.
Come il caffè in lattina, una delle grandi intuizioni di Ueshima.
Un ruolo fondamentale lo ebbe anche – come in tutti i paesi tradizionali consumatori di tè – il caffè solubile.
Contenuto riservato agli abbonati.
Gentile utente, il contenuto completo di questo articolo è riservato ai nostri abbonati.
Per le modalità di sottoscrizione e i vantaggi riservati agli abbonati consulta la pagina abbonamenti.